La Corte di Cassazione penale, con la pronuncia n. 24084 del 15 maggio 2017, ha respinto l’istanza di un indiano Sikh, condannato in primo grado al pagamento di un’ammenda di euro 2000 per il reato di cui all’art. 4, secondo comma, della legge n. 110/1975, il quale stabilisce che non possono portarsi, senza giustificato motivo, fuori dalla propria abitazione o dalle appartenenze di essa, (…) qualsiasi altro strumento non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l'offesa alla persona. L’imputato era in possesso di un coltello di 18,5 cm, che portava alla cintura e si rifiutava di consegnarlo alla polizia locale sostenendo che il pugnale rappresentasse un simbolo distintivo della propria identità religiosa, essendo egli un indiano Sikh; ma la Corte “non ritiene che il simbolismo legato al porto del coltello possa comunque costituire la discriminante posta dalla legge”, nel senso che l’esercizio della libertà religiosa non costituisce un giustificato motivo al porto in pubblico di armi improprie A queste lecite considerazioni si aggiungono altre piuttosto illogiche, prima tra tutte quella secondo la quale l’immigrato avrebbe l’obbligo di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale, in cui ha liberamente scelto di inserirsi, che ha scatenato pesanti critiche da parte della dottrina, perché ritenuta ultronea, imprecisa e di scarsa rilevanza giuridica. Non è corretto, in un Paese in cui si parla di tutela del pluralismo, prescrivere agli immigrati di “conformarsi” alla cultura e ai valori del Paese che li ospita.
L'uso del kirpan: problematiche ad esso connesse ed eventuali soluzioni.
Raffaella Losurdo
2018-01-01
Abstract
La Corte di Cassazione penale, con la pronuncia n. 24084 del 15 maggio 2017, ha respinto l’istanza di un indiano Sikh, condannato in primo grado al pagamento di un’ammenda di euro 2000 per il reato di cui all’art. 4, secondo comma, della legge n. 110/1975, il quale stabilisce che non possono portarsi, senza giustificato motivo, fuori dalla propria abitazione o dalle appartenenze di essa, (…) qualsiasi altro strumento non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l'offesa alla persona. L’imputato era in possesso di un coltello di 18,5 cm, che portava alla cintura e si rifiutava di consegnarlo alla polizia locale sostenendo che il pugnale rappresentasse un simbolo distintivo della propria identità religiosa, essendo egli un indiano Sikh; ma la Corte “non ritiene che il simbolismo legato al porto del coltello possa comunque costituire la discriminante posta dalla legge”, nel senso che l’esercizio della libertà religiosa non costituisce un giustificato motivo al porto in pubblico di armi improprie A queste lecite considerazioni si aggiungono altre piuttosto illogiche, prima tra tutte quella secondo la quale l’immigrato avrebbe l’obbligo di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale, in cui ha liberamente scelto di inserirsi, che ha scatenato pesanti critiche da parte della dottrina, perché ritenuta ultronea, imprecisa e di scarsa rilevanza giuridica. Non è corretto, in un Paese in cui si parla di tutela del pluralismo, prescrivere agli immigrati di “conformarsi” alla cultura e ai valori del Paese che li ospita.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


