Con questo scritto intendo porre in questione la nozione di riconoscimento sociale come viene oggi usata in alcuni ambiti di filosofia po-litica, soprattutto ove ci si propone di discutere di teoria della giustizia!. Non è mia intenzione criticare tout court il paradigma riconoscitivo, misconoscendo i contributi che questo ha apportato nella discussione teorica sulle questioni di giustizia. A mio parere è fuor, di dubbio che le teorie del riconoscimento hanno avuto il merito di riportare al centro del dibattito filosofico politico il bisogno di ripensare la teoria sociale in termini di teoria critica. A partire dagli anni 80, a causa di cambiamenti importanti nella struttura della società, uniti alle difficoltà dei modelli normativi che hanno tentato di dare risposta a tali cambiamenti, si è resa necessaria tutta una nuova mappatura dell'azione sociale, a partire da presupposti non previsti e prevedibili dagli standard dell'analisi sociologica e filosofico sociale precedenti. Le teorie del riconoscimento hanno perciò arricchito il quadro rappresentativo delle pretese dei soggetti e questo ha significato - per rimanere nell'ambito della teoria della giustizia che qui mi interessa - una revisione dell'idea classica di diritto individualistico. Il criterio di giustizia nuovo che si è venuto ad affermare con il riconoscimento ha fatto degli individui dei soggetti che devono essere riconosciuti quali portatori di istanze normative non solo in base alla propria funzione sociale di attore principale, ma soprattutto in base alla capacità di ognuno di collocarsi in una rete di relazioni sociali significative senza perdersi in essa. Ciononostante però rimane, quando ci si riferisce al riconoscimento, un suo uso concettuale pregno di entusiasmo, entusiasmo che viene motivato dalla presupposizione che ad ogni atto riconoscitivo riuscito possa essere ascritta automaticamente la qualità di un atto di giustizia altrettanto riuscito. In altre parole ogni volta che si presta riconoscimento a chi lo chiede o lo attende viene posta in essere, in quanto tale, anche la realizzazione di una forma di giustizia.

Il riconoscimento come principio normativo di giustizia sociale. Eccedenza o emergenza?

Antonio Carnevale
Conceptualization
2007-01-01

Abstract

Con questo scritto intendo porre in questione la nozione di riconoscimento sociale come viene oggi usata in alcuni ambiti di filosofia po-litica, soprattutto ove ci si propone di discutere di teoria della giustizia!. Non è mia intenzione criticare tout court il paradigma riconoscitivo, misconoscendo i contributi che questo ha apportato nella discussione teorica sulle questioni di giustizia. A mio parere è fuor, di dubbio che le teorie del riconoscimento hanno avuto il merito di riportare al centro del dibattito filosofico politico il bisogno di ripensare la teoria sociale in termini di teoria critica. A partire dagli anni 80, a causa di cambiamenti importanti nella struttura della società, uniti alle difficoltà dei modelli normativi che hanno tentato di dare risposta a tali cambiamenti, si è resa necessaria tutta una nuova mappatura dell'azione sociale, a partire da presupposti non previsti e prevedibili dagli standard dell'analisi sociologica e filosofico sociale precedenti. Le teorie del riconoscimento hanno perciò arricchito il quadro rappresentativo delle pretese dei soggetti e questo ha significato - per rimanere nell'ambito della teoria della giustizia che qui mi interessa - una revisione dell'idea classica di diritto individualistico. Il criterio di giustizia nuovo che si è venuto ad affermare con il riconoscimento ha fatto degli individui dei soggetti che devono essere riconosciuti quali portatori di istanze normative non solo in base alla propria funzione sociale di attore principale, ma soprattutto in base alla capacità di ognuno di collocarsi in una rete di relazioni sociali significative senza perdersi in essa. Ciononostante però rimane, quando ci si riferisce al riconoscimento, un suo uso concettuale pregno di entusiasmo, entusiasmo che viene motivato dalla presupposizione che ad ogni atto riconoscitivo riuscito possa essere ascritta automaticamente la qualità di un atto di giustizia altrettanto riuscito. In altre parole ogni volta che si presta riconoscimento a chi lo chiede o lo attende viene posta in essere, in quanto tale, anche la realizzazione di una forma di giustizia.
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