Nella poliedrica costellazione degli studi hegeliani e soprattutto fra quelli che - come nel caso particolare di questo libro - pongono a proprio oggetto d'indagine la Filosofia del diritto, il lavoro di Carla Maria Fabiani possiede l'indubbio e meritato pregio di occuparsi di due figure filosofiche che assai di rado vengono considerate interconnesse da un punto di vista concettuale. Per la prima di esse, la «plebe» (Pöbel), si tratta di una vera e propria formazione socio-antropologica che ha ricadute direttamente politiche e isti-tuzionali; mentre per la seconda, ci troviamo più che altro di fronte a una linea di pensiero, quella stessa che forse tra tutte maggiormente caratterizza nel profondo la dialettica hegeliana (dalla giovinezza alla maturità) quale movimento capace insieme di fissarsi e sfuggire: parliamo ovviamente del «riconoscimento» (Anerkennung). Pur rimanendo ferma l'immediatezza di novità rappresentata dalla scelta tematica, il tentativo dell'autrice non risulta affatto un azzardo. Al, contrario, l'argomentazione puntuale e mirata è volta a mostrare al lettore l'efficacia della propria tesi aiutandosi con una giusta dose di ricostruzione filologica e propria proposta interpretativa. A testimoniare questo sforzo, vorrei qui menzionare le due sezioni che aprono e chiudono il libro: la Nota Filologica (pagg. 15-17) e l'appendice Il tema della plebe nella più recente letteratura critica. Una rassegna ragionata (161-192). Nella prima viene ricomposto il quadro dei termini che formano il lessico della «plebe» presente sia nella Grundlinien der Philosophie des Rechts che nelle diverse Vorlesungen di filosofia del diritto. Emerge così che Hegel distinguerebbe per consapevole presa di posizione filosofica tra Armut (povertà) - con la quale intende la miseria materiale presente nelle società premoderne e precapitalistiche che non hanno ancora conosciuto l'istituzione del mercato e della divisione capitalistica del lavoro - e Pöbel che sarebbe il segno inconfondibile e tutto moderno dell'emergere di uno scarto irrecuperabile di umanità generato dal processo economico-sociale del capitalismo. Nell'appendice l'autrice, invece, ripercorre per grandi tappe gli studi di letteratura critica che a ragione possono essere considerati componenti di un'esegesi moderna del concetto hegeliano di «plebe», a cominciare a E. Weil e continuando con M. Rossi, K.H. Ilting, J. Ritter, F. Valentini, P. Salvucci, D. Losurdo, R. Finelli. Ma se queste sono le sezioni che si trovano agli estremi opposti del libro, nel mezzo trovano spazio i due corposi capitoli che ne costituiscono l'ossatura e la sostanza. In quanto segue, proverò in un primo e più lungo passaggio a illustrare quali sono, a mio parere, i tratti concettuali più stimolanti e filosoficamente pregnanti che emergono nei due capitoli. Successivamente, con un passaggio assai più breve, cercherò di tracciare alcuni motivi di perplessità riguardanti la proposta dell'autrice. Si tratta, comunque, di perplessità dettate non certo da una qualche distanza assiologica, quanto piuttosto da un'esigenza di riflessione critico-sociale che si situa in medias res rispetto all'approccio proprio di questo libro, convinto come sono, al pari dell'autrice, della significativa modernità del «tratto caratteristico della specifica attitudine hegeliana, la capacità cioè di individuare nella ragione ineliminabili persistenze di irrazionalità».

Povertà, lotta, diritti: agli estremi del riconoscimento?

Antonio Carnevale
Conceptualization
2012-01-01

Abstract

Nella poliedrica costellazione degli studi hegeliani e soprattutto fra quelli che - come nel caso particolare di questo libro - pongono a proprio oggetto d'indagine la Filosofia del diritto, il lavoro di Carla Maria Fabiani possiede l'indubbio e meritato pregio di occuparsi di due figure filosofiche che assai di rado vengono considerate interconnesse da un punto di vista concettuale. Per la prima di esse, la «plebe» (Pöbel), si tratta di una vera e propria formazione socio-antropologica che ha ricadute direttamente politiche e isti-tuzionali; mentre per la seconda, ci troviamo più che altro di fronte a una linea di pensiero, quella stessa che forse tra tutte maggiormente caratterizza nel profondo la dialettica hegeliana (dalla giovinezza alla maturità) quale movimento capace insieme di fissarsi e sfuggire: parliamo ovviamente del «riconoscimento» (Anerkennung). Pur rimanendo ferma l'immediatezza di novità rappresentata dalla scelta tematica, il tentativo dell'autrice non risulta affatto un azzardo. Al, contrario, l'argomentazione puntuale e mirata è volta a mostrare al lettore l'efficacia della propria tesi aiutandosi con una giusta dose di ricostruzione filologica e propria proposta interpretativa. A testimoniare questo sforzo, vorrei qui menzionare le due sezioni che aprono e chiudono il libro: la Nota Filologica (pagg. 15-17) e l'appendice Il tema della plebe nella più recente letteratura critica. Una rassegna ragionata (161-192). Nella prima viene ricomposto il quadro dei termini che formano il lessico della «plebe» presente sia nella Grundlinien der Philosophie des Rechts che nelle diverse Vorlesungen di filosofia del diritto. Emerge così che Hegel distinguerebbe per consapevole presa di posizione filosofica tra Armut (povertà) - con la quale intende la miseria materiale presente nelle società premoderne e precapitalistiche che non hanno ancora conosciuto l'istituzione del mercato e della divisione capitalistica del lavoro - e Pöbel che sarebbe il segno inconfondibile e tutto moderno dell'emergere di uno scarto irrecuperabile di umanità generato dal processo economico-sociale del capitalismo. Nell'appendice l'autrice, invece, ripercorre per grandi tappe gli studi di letteratura critica che a ragione possono essere considerati componenti di un'esegesi moderna del concetto hegeliano di «plebe», a cominciare a E. Weil e continuando con M. Rossi, K.H. Ilting, J. Ritter, F. Valentini, P. Salvucci, D. Losurdo, R. Finelli. Ma se queste sono le sezioni che si trovano agli estremi opposti del libro, nel mezzo trovano spazio i due corposi capitoli che ne costituiscono l'ossatura e la sostanza. In quanto segue, proverò in un primo e più lungo passaggio a illustrare quali sono, a mio parere, i tratti concettuali più stimolanti e filosoficamente pregnanti che emergono nei due capitoli. Successivamente, con un passaggio assai più breve, cercherò di tracciare alcuni motivi di perplessità riguardanti la proposta dell'autrice. Si tratta, comunque, di perplessità dettate non certo da una qualche distanza assiologica, quanto piuttosto da un'esigenza di riflessione critico-sociale che si situa in medias res rispetto all'approccio proprio di questo libro, convinto come sono, al pari dell'autrice, della significativa modernità del «tratto caratteristico della specifica attitudine hegeliana, la capacità cioè di individuare nella ragione ineliminabili persistenze di irrazionalità».
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/487940
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