Nell’autunno 1923, si tennero due convegni dei socialisti riformisti, che approvarono la linea di dura opposizione al governo promossa da Matteotti: il fascismo – dichiarò il Segretario del PSU – è «l’acquisizione più viva del senso di classe della borghesia […] Abbiamo due compiti dinanzi a noi. Combattere la borghesia; e tentare di staccare dalle classi capitalistiche quegli elementi che si son dati al fascismo soltanto per paura dei nostri veri o immaginari eccessi, ma i cui interessi sono in antitesi con quelli del fascismo». In altre parole, Matteotti, Treves, Turati e i socialisti riformisti erano fermamente convinti che per arrestare l’ascesa del fascismo bisognasse allontanare dal sistema politico ed economico italiano lo “spettro del comunismo”, che durante il biennio rosso e dopo la nascita del Partito comunista d’Italia, aveva fatalmente spinto le classi borghesi – timorose delle conseguenze di una rivoluzione bolscevica anche in Italia – tra le braccia di Mussolini e contro il movimento socialista in cui sembravano ancora prevalere le componenti massimaliste, anche dopo la scissione dei comunisti.

L'anticomunismo di Matteotti e le elezioni del 1924: per l'unità dei socialisti, contro la violenza fascista

Michele Donno
2024-01-01

Abstract

Nell’autunno 1923, si tennero due convegni dei socialisti riformisti, che approvarono la linea di dura opposizione al governo promossa da Matteotti: il fascismo – dichiarò il Segretario del PSU – è «l’acquisizione più viva del senso di classe della borghesia […] Abbiamo due compiti dinanzi a noi. Combattere la borghesia; e tentare di staccare dalle classi capitalistiche quegli elementi che si son dati al fascismo soltanto per paura dei nostri veri o immaginari eccessi, ma i cui interessi sono in antitesi con quelli del fascismo». In altre parole, Matteotti, Treves, Turati e i socialisti riformisti erano fermamente convinti che per arrestare l’ascesa del fascismo bisognasse allontanare dal sistema politico ed economico italiano lo “spettro del comunismo”, che durante il biennio rosso e dopo la nascita del Partito comunista d’Italia, aveva fatalmente spinto le classi borghesi – timorose delle conseguenze di una rivoluzione bolscevica anche in Italia – tra le braccia di Mussolini e contro il movimento socialista in cui sembravano ancora prevalere le componenti massimaliste, anche dopo la scissione dei comunisti.
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