La centralità del ruolo di Erasmo da Rotterdam nella letteratura politica rinascimentale italiana – oltre che europea – è dato ormai da tempo acquisito. L’Institutio principis christiani, il trattato che l’umanista olandese dedicò, nel 1516, al futuro Carlo V, in particolare, rivela numerosi punti di contatto con le matrici culturali, platoniche e aristoteliche, del pensiero politico dell’Umanesimo italiano. Nel 1538 venne pubblicata a Venezia, per i tipi di Francesco Marcolini, la prima traduzione italiana dell’Institutio erasmiana, curata da Francesco Angelo Coccio, umanista e traduttore originario di Arezzo, e dedicata a Ferrante Francesco d’Avalos, marchese di Pescara. Il presente contributo si propone due obiettivi: anzitutto, contestualizzare l’operazione messa in atto da Coccio – non ‘neutra’, ovviamente, come tutte le traduzioni – e comprendere in qual modo e entro quali limiti essa rappresenti un capitolo della fortuna italiana di Erasmo; in secondo luogo, indagare le caratteristiche della concreta prassi versoria di Coccio al fine di lumeggiare le modalità del riuso di nozioni politiche della tradizione.
Erasmo in Italia: la traduzione dell’Institutio principis christiani curata da Francesco Angelo Coccio (1539).
Elisa Tinelli
2020-01-01
Abstract
La centralità del ruolo di Erasmo da Rotterdam nella letteratura politica rinascimentale italiana – oltre che europea – è dato ormai da tempo acquisito. L’Institutio principis christiani, il trattato che l’umanista olandese dedicò, nel 1516, al futuro Carlo V, in particolare, rivela numerosi punti di contatto con le matrici culturali, platoniche e aristoteliche, del pensiero politico dell’Umanesimo italiano. Nel 1538 venne pubblicata a Venezia, per i tipi di Francesco Marcolini, la prima traduzione italiana dell’Institutio erasmiana, curata da Francesco Angelo Coccio, umanista e traduttore originario di Arezzo, e dedicata a Ferrante Francesco d’Avalos, marchese di Pescara. Il presente contributo si propone due obiettivi: anzitutto, contestualizzare l’operazione messa in atto da Coccio – non ‘neutra’, ovviamente, come tutte le traduzioni – e comprendere in qual modo e entro quali limiti essa rappresenti un capitolo della fortuna italiana di Erasmo; in secondo luogo, indagare le caratteristiche della concreta prassi versoria di Coccio al fine di lumeggiare le modalità del riuso di nozioni politiche della tradizione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.