Lo scritto, delineato il ruolo non neutrale del DIP nella strategia di esternalizzazione dei rischi e di affrancamento dalla responsabilità civile posta in essere dalle imprese transnazionali, evidenzia inizialmente l’utilità complessiva dell’art. 19 che si inserisce in un processo volto ad invertire tale tendenza. Nel seguito dello scritto si cerca di interpretare il contenuto molto generale dell’art. 19 alla luce del dibattito dottrinale e della evoluzione normativa e giurisprudenziale. Si perviene ad individuare il diritto della responsabilità transnazionale da illecito civile come strumento potenzialmente utile ad indirizzare i soggetti privati delle relazioni economiche internazionali verso comportamenti rispettosi dei diritti umani. Sono le azioni di corporate foreign direct liability che, valorizzando sul piano giuridico la funzione unificante dell’intero gruppo o rete realizzata dal potere di coordinamento e gestione manageriale della società leader, consentono di superare l’impunità di quest’ultima per le violazioni dei diritti umani. Si perviene da ultimo ad auspicare un ulteriore approfondimento del problema evidenziando che attualmente il diritto della responsabilità transnazionale non è adeguato alle caratteristiche della produzione transnazionale incentrata sulle global value chains. A tal proposito, si sostiene l’opportunità della introduzione di criteri di collegamento e giurisdizione che valorizzino il luogo di adozione della policy societaria come centro di gravità delle fattispecie di responsabilità sociale di impresa; si caldeggia, inoltre, l’adozione di norme di conflitto che riequilibrino la posizione delle vittime attribuendo ad esse quella facoltà di scelta tra leggi applicabili che spesso l’impresa ha esercitato ex ante, grazie alla delocalizzazione delle attività produttive fondata sul forum shopping.

Art. 19 della risoluzione dell’Institut de Droit International su Human Rights and Private International Law: attuazione della responsabilità sociale d’impresa e diritto internazionale privato, Diritti umani e diritto internazionale

Gabriella Carella
2023-01-01

Abstract

Lo scritto, delineato il ruolo non neutrale del DIP nella strategia di esternalizzazione dei rischi e di affrancamento dalla responsabilità civile posta in essere dalle imprese transnazionali, evidenzia inizialmente l’utilità complessiva dell’art. 19 che si inserisce in un processo volto ad invertire tale tendenza. Nel seguito dello scritto si cerca di interpretare il contenuto molto generale dell’art. 19 alla luce del dibattito dottrinale e della evoluzione normativa e giurisprudenziale. Si perviene ad individuare il diritto della responsabilità transnazionale da illecito civile come strumento potenzialmente utile ad indirizzare i soggetti privati delle relazioni economiche internazionali verso comportamenti rispettosi dei diritti umani. Sono le azioni di corporate foreign direct liability che, valorizzando sul piano giuridico la funzione unificante dell’intero gruppo o rete realizzata dal potere di coordinamento e gestione manageriale della società leader, consentono di superare l’impunità di quest’ultima per le violazioni dei diritti umani. Si perviene da ultimo ad auspicare un ulteriore approfondimento del problema evidenziando che attualmente il diritto della responsabilità transnazionale non è adeguato alle caratteristiche della produzione transnazionale incentrata sulle global value chains. A tal proposito, si sostiene l’opportunità della introduzione di criteri di collegamento e giurisdizione che valorizzino il luogo di adozione della policy societaria come centro di gravità delle fattispecie di responsabilità sociale di impresa; si caldeggia, inoltre, l’adozione di norme di conflitto che riequilibrino la posizione delle vittime attribuendo ad esse quella facoltà di scelta tra leggi applicabili che spesso l’impresa ha esercitato ex ante, grazie alla delocalizzazione delle attività produttive fondata sul forum shopping.
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