In un articolo del 1899 pubblicato sulla «Nuova Antologia», Il delinquente ed il pazzo nel dramma e nel romanzo moderno, Cesare Lombroso riconosceva alla letteratura del proprio tempo la capacità di veicolare con maggiore efficacia e incisività, rispetto alla trattatistica scientifica, le nuove teorie di marca tipicamente positivistica. Il saggio intende dunque mettere in luce i debiti di filiazione, ma anche le distanze critiche, che l’intera intellettualità pugliese di fine Ottocento istituì nei confronti di Lombroso e delle risultanze scientifiche da lui conseguite in merito al brigantaggio. In un saggio dal titolo I masnadieri di Schiller, così come in una sua novella, L’amante del bandito, Francesco Bernardini, ad esempio, prendeva le distanze dal tradizionale immaginario letterario del brigante, apportando, non a caso, come anti-modello il fuorilegge schilleriano Karl Moor e proponendo nella contemporaneità il «brigante volgare», perfettamente aderente alla realtà e alla sua inesorabile logica della lotta per la sopravvivenza. All’interno inoltre della rivista «Rassegna Pugliese» occorrerebbe ricordare due articoli: il primo, La evoluzione nel diritto penale, di Vincenzo Capruzzi, il quale, rifacendosi direttamente alle pagine lombrosiane circa l’atavismo e il principio di ereditarietà dei motivi criminaloidi, ascriveva la «mostruosità» delle azioni umane a fattori di tipo naturalistico-deterministico; il secondo, Quadri della criminalità pugliese, di Nicola Bavaro, che dava vita a un ‘bozzetto’ di evidente marca verista, volto a ricostruire il fait divers. Una deterministica corrispondenza fra stato fisiologico e stato patologico è rinvenibile in una novella di Francesco Curci, Al lazzaretto, o anche nel romanzo Solite lotte di Giuseppe Protomastro, in cui i riferimenti alle contingenze politiche ed economiche del Mezzogiorno risentono certamente del sistema filosofico – correttivo di certi estremismi della scuola lombrosiana – formulato dal filosofo Giovanni Bovio.

«I contorni del vero». Cesare Lombroso e la letteratura di brigantaggio in Puglia

Lavopa, Rosanna
2023-01-01

Abstract

In un articolo del 1899 pubblicato sulla «Nuova Antologia», Il delinquente ed il pazzo nel dramma e nel romanzo moderno, Cesare Lombroso riconosceva alla letteratura del proprio tempo la capacità di veicolare con maggiore efficacia e incisività, rispetto alla trattatistica scientifica, le nuove teorie di marca tipicamente positivistica. Il saggio intende dunque mettere in luce i debiti di filiazione, ma anche le distanze critiche, che l’intera intellettualità pugliese di fine Ottocento istituì nei confronti di Lombroso e delle risultanze scientifiche da lui conseguite in merito al brigantaggio. In un saggio dal titolo I masnadieri di Schiller, così come in una sua novella, L’amante del bandito, Francesco Bernardini, ad esempio, prendeva le distanze dal tradizionale immaginario letterario del brigante, apportando, non a caso, come anti-modello il fuorilegge schilleriano Karl Moor e proponendo nella contemporaneità il «brigante volgare», perfettamente aderente alla realtà e alla sua inesorabile logica della lotta per la sopravvivenza. All’interno inoltre della rivista «Rassegna Pugliese» occorrerebbe ricordare due articoli: il primo, La evoluzione nel diritto penale, di Vincenzo Capruzzi, il quale, rifacendosi direttamente alle pagine lombrosiane circa l’atavismo e il principio di ereditarietà dei motivi criminaloidi, ascriveva la «mostruosità» delle azioni umane a fattori di tipo naturalistico-deterministico; il secondo, Quadri della criminalità pugliese, di Nicola Bavaro, che dava vita a un ‘bozzetto’ di evidente marca verista, volto a ricostruire il fait divers. Una deterministica corrispondenza fra stato fisiologico e stato patologico è rinvenibile in una novella di Francesco Curci, Al lazzaretto, o anche nel romanzo Solite lotte di Giuseppe Protomastro, in cui i riferimenti alle contingenze politiche ed economiche del Mezzogiorno risentono certamente del sistema filosofico – correttivo di certi estremismi della scuola lombrosiana – formulato dal filosofo Giovanni Bovio.
2023
978-88-5522-448-2
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