Il fenomeno religioso all’interno della società civile e nel rapporto tra lo Stato costituisce uno degli elementi che caratterizza la continua evoluzione di un sistema in perenne transizione. Dopo la caduta del sistema bipolare, che ha messo in evidenza, tra l’altro, la crisi e i limiti delle ideologie considerate come una sorta di scudo protettivo di società chiuse, sembra che sia difficile trovare un assetto di stabilità globalmente valido. Inoltre, alcuni fenomeni (come ad esempio l’esasperazione della globalizzazione, l’uso della religione, l’incremento dei flussi migratori, impoverimento di persone e stati a fronte di arricchimento di pochi, i cambiamenti climatici, i fenomeni pandemici, eccetera) non sembra possano favorire il convinto concorso delle istituzioni nella ricerca di soluzioni efficaci e, se da un lato si creano rilevanti divisioni dall’altro si avverte la necessità di recuperare i valori morali, etici e religiosi nell’agire personale e sociale. In questo quadro molto fluido, le religioni riscoprono l’importanza per le persone della loro missione spirituale. Si può affermare che proprio i nuovi scenari e i fattori di crisi hanno fortemente inciso sul ruolo e sull’autocoscienza delle confessioni religiose, che stanno riscoprendo un rinnovato protagonismo. In questo panorama, il fenomeno migratorio, con tutti i problemi che vi sono connessi, gioca un ruolo di centrale importanza. La particolare intensità e le modalità con cui il fenomeno migratorio si manifesta, lo rendono sempre più complesso, oltre che drammatico, mettendo soprattutto gli Stati e le istituzioni di fronte alla necessità di trovare risposte non solo a livello di aree geografiche, ma anche a livello mondiale. Il fenomeno, osservato dal punto di vista numerico rispetto alla popolazione mondiale può sembrare contenuto, ma considerando i problemi connessi (cioè la violazione della dignità personale, le guerre che generano il bisogno di fuga, la povertà, i disagi economici, i drammi climatici, la mancanza o lo sfruttamento lavorativo, le repressioni politiche, eccetera) svela tutto il dramma di popoli e persone e evidenzia la complessità dei bisogni che spinge a cercare nuove strade per la propria sopravvivenza (infatti, non a caso secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite, più della metà di tutti i migranti internazionali (141 milioni circa di persone) risiede ora in Europa e Nord America, cioè nei Paesi “ricchi”). La storia dell’umanità è una storia di spostamenti delle persone sul pianeta, è una storia di continue migrazioni, di scambi e contaminazioni culturali, di incontri, incroci attraverso cui le varie identità si incontrano e costruiscono nuove relazioni, modificando gli assetti sociali, giuridici ed economici. L’emigrazione nel corso della storia ha presentato caratteristiche e spinte motivazionali diverse che partono da una base comune relativa all’aspirazione a raggiungere un luogo fisico ed ideale che realizzi il sogno di un’esistenza dignitosa, non fattibile nel luogo d’origine. Ma l’attuale scenario mondiale geopolitico accentua ed esaspera le ragioni dei migranti, enfatizzando ciò che potrebbero trovare nei Paesi di arrivo. Tutto ciò ha portato i Paesi europei a cercare di ridefinire con difficoltà le politiche migratorie e a produrre una normativa, a volte confusa a volte di difficile attuazione, per regolare i flussi ed evitare fenomeni di “clandestinità” degli ingressi. Sotto il profilo religioso una delle religioni più praticate dai migranti verso l’Europa è l’Islam, cosa che dal punto di vista numerico preoccupa la popolazione europea residente, anche perché l’insieme dei mussulmani immigrati supera la popolazione degli Stati più piccoli dell’Unione (come ad esempio Cipro, Danimarca, Belgio, Malta) e, comunque, le comunità islamiche costituiscono all’interno di contesti sociali più ampi una minoranza che porta proprie identità, rivendica diritti, manifesta bisogni ai quali occorre dare risposte. Il fenomeno migratorio ha portato con sé nuove religioni, che costituiscono un problema, ma al tempo stesso una risorsa. La geografia religiosa non è solo un dato descrittivo, ma è anche un dato geopolitico, che richiede nuove letture giuridiche. Un aspetto peculiare di questo pluralismo consiste anche nel fatto che il suo contenuto riflette l’esperienza e le limitazioni sofferte nei Paesi di provenienza, in cui la religione è stata anche “usata” per giustificare i conflitti, e l’enfasi debordante che la religione assume nelle vicende personali e sociali, specie quando si tratta di religione islamica. Tuttavia, la religione con riguardo al fenomeno migratorio non sempre si mostra come ostacolo all’integrazione, anzi può costituire per la società e per gli stessi migranti una risorsa, un valore aggiunto che offre senso alla dimensione identitaria. In questa prospettiva, la religione può diventare veicolo di integrazione e coesione sociale, specialmente per il fatto che essa non costituisce solo un dato formale ed “estetico”, ma il luogo di esistenza nella famiglia, nelle organizzazioni di ispirazione religiosa, nelle scuole di tendenza, nei luoghi di culto. L’identità religiosa, il senso di appartenenza, i valori professati devono trovare un luogo di costruzione della convivenza attraverso il dialogo sociale. La religione, anche attraverso l’azione delle confessioni e delle organizzazioni religiose deve essere considerata per la sua funzione di costruzione di forme di inserimento basate non su processi di assimilazione, ma di collaborazione nella condivisione di valori comuni e condivisi.

Diritto ecclesiastico e libertà religiosa

Gaetano, Dammacco;Roberta, Santoro
2021-01-01

Abstract

Il fenomeno religioso all’interno della società civile e nel rapporto tra lo Stato costituisce uno degli elementi che caratterizza la continua evoluzione di un sistema in perenne transizione. Dopo la caduta del sistema bipolare, che ha messo in evidenza, tra l’altro, la crisi e i limiti delle ideologie considerate come una sorta di scudo protettivo di società chiuse, sembra che sia difficile trovare un assetto di stabilità globalmente valido. Inoltre, alcuni fenomeni (come ad esempio l’esasperazione della globalizzazione, l’uso della religione, l’incremento dei flussi migratori, impoverimento di persone e stati a fronte di arricchimento di pochi, i cambiamenti climatici, i fenomeni pandemici, eccetera) non sembra possano favorire il convinto concorso delle istituzioni nella ricerca di soluzioni efficaci e, se da un lato si creano rilevanti divisioni dall’altro si avverte la necessità di recuperare i valori morali, etici e religiosi nell’agire personale e sociale. In questo quadro molto fluido, le religioni riscoprono l’importanza per le persone della loro missione spirituale. Si può affermare che proprio i nuovi scenari e i fattori di crisi hanno fortemente inciso sul ruolo e sull’autocoscienza delle confessioni religiose, che stanno riscoprendo un rinnovato protagonismo. In questo panorama, il fenomeno migratorio, con tutti i problemi che vi sono connessi, gioca un ruolo di centrale importanza. La particolare intensità e le modalità con cui il fenomeno migratorio si manifesta, lo rendono sempre più complesso, oltre che drammatico, mettendo soprattutto gli Stati e le istituzioni di fronte alla necessità di trovare risposte non solo a livello di aree geografiche, ma anche a livello mondiale. Il fenomeno, osservato dal punto di vista numerico rispetto alla popolazione mondiale può sembrare contenuto, ma considerando i problemi connessi (cioè la violazione della dignità personale, le guerre che generano il bisogno di fuga, la povertà, i disagi economici, i drammi climatici, la mancanza o lo sfruttamento lavorativo, le repressioni politiche, eccetera) svela tutto il dramma di popoli e persone e evidenzia la complessità dei bisogni che spinge a cercare nuove strade per la propria sopravvivenza (infatti, non a caso secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite, più della metà di tutti i migranti internazionali (141 milioni circa di persone) risiede ora in Europa e Nord America, cioè nei Paesi “ricchi”). La storia dell’umanità è una storia di spostamenti delle persone sul pianeta, è una storia di continue migrazioni, di scambi e contaminazioni culturali, di incontri, incroci attraverso cui le varie identità si incontrano e costruiscono nuove relazioni, modificando gli assetti sociali, giuridici ed economici. L’emigrazione nel corso della storia ha presentato caratteristiche e spinte motivazionali diverse che partono da una base comune relativa all’aspirazione a raggiungere un luogo fisico ed ideale che realizzi il sogno di un’esistenza dignitosa, non fattibile nel luogo d’origine. Ma l’attuale scenario mondiale geopolitico accentua ed esaspera le ragioni dei migranti, enfatizzando ciò che potrebbero trovare nei Paesi di arrivo. Tutto ciò ha portato i Paesi europei a cercare di ridefinire con difficoltà le politiche migratorie e a produrre una normativa, a volte confusa a volte di difficile attuazione, per regolare i flussi ed evitare fenomeni di “clandestinità” degli ingressi. Sotto il profilo religioso una delle religioni più praticate dai migranti verso l’Europa è l’Islam, cosa che dal punto di vista numerico preoccupa la popolazione europea residente, anche perché l’insieme dei mussulmani immigrati supera la popolazione degli Stati più piccoli dell’Unione (come ad esempio Cipro, Danimarca, Belgio, Malta) e, comunque, le comunità islamiche costituiscono all’interno di contesti sociali più ampi una minoranza che porta proprie identità, rivendica diritti, manifesta bisogni ai quali occorre dare risposte. Il fenomeno migratorio ha portato con sé nuove religioni, che costituiscono un problema, ma al tempo stesso una risorsa. La geografia religiosa non è solo un dato descrittivo, ma è anche un dato geopolitico, che richiede nuove letture giuridiche. Un aspetto peculiare di questo pluralismo consiste anche nel fatto che il suo contenuto riflette l’esperienza e le limitazioni sofferte nei Paesi di provenienza, in cui la religione è stata anche “usata” per giustificare i conflitti, e l’enfasi debordante che la religione assume nelle vicende personali e sociali, specie quando si tratta di religione islamica. Tuttavia, la religione con riguardo al fenomeno migratorio non sempre si mostra come ostacolo all’integrazione, anzi può costituire per la società e per gli stessi migranti una risorsa, un valore aggiunto che offre senso alla dimensione identitaria. In questa prospettiva, la religione può diventare veicolo di integrazione e coesione sociale, specialmente per il fatto che essa non costituisce solo un dato formale ed “estetico”, ma il luogo di esistenza nella famiglia, nelle organizzazioni di ispirazione religiosa, nelle scuole di tendenza, nei luoghi di culto. L’identità religiosa, il senso di appartenenza, i valori professati devono trovare un luogo di costruzione della convivenza attraverso il dialogo sociale. La religione, anche attraverso l’azione delle confessioni e delle organizzazioni religiose deve essere considerata per la sua funzione di costruzione di forme di inserimento basate non su processi di assimilazione, ma di collaborazione nella condivisione di valori comuni e condivisi.
2021
9788833594187
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/456289
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