Dalla fine degli anni Cinquanta e per tutto il decennio successivo, l’influenza della Cee in materia di squilibri regionali interni ai paesi membri si determinò lungo due binari paralleli. Da una parte, Bruxelles tentò di formulare una specifica competenza comunitaria nel settore, obiettivo reso difficoltoso dalla cautela con cui il problema regionale era stato definito nella costruzione comunitaria. Dall’altra, vi erano appunto il tenore sostanzialmente liberista del Trattato e le disposizioni sull’unione doganale e la libera concorrenza. Non si trattava, naturalmente, di due direttrici convergenti. Esse anzi entrarono spesso in conflitto, determinando frizioni all’interno della Commissione e con le autorità nazionali. Uno dei terreni maggiormente accidentati su cui le agende comunitarie della politica regionale e del completamento del Mec si confrontarono maggiormente fu quello dei provvedimenti assunti dalle autorità italiane nell’ambito dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno. L’Italia, che nel corso dei negoziati in seno al Comitato Spaak aveva avuto un ruolo fondamentale nel mettere in evidenza i rischi di un grande mercato sull’accentuazione degli squilibri regionali, all’indomani del 1957 aveva ottenuto poco più che i finanziamenti della Banca europea per gli investimenti (Bei). È stato tuttavia messo in evidenza come l’intervento straordinario nel Mezzogiorno abbia potuto contare fin dai primi anni su alcune posizioni di favore, come la presenza degli italiani nei ruoli apicali della stessa Bei e di una “sponda franco-italiana” all’interno della Commissione, cui si contrappose il progetto ordoliberista di costruzione di un ruolo attivo della Comunità nella rimozione di ostacoli e distorsioni alla piena realizzazione della libera concorrenza. Il contributo intende pertanto soffermarsi sui conflitti e le interferenze reciproche tra settori della Commissione e Stato nazionale che caratterizzarono gli esecutivi guidati da Walter Hallstein (1958-1967), Jean Rey (1967-1970) e Franco Maria Malfatti (1970-72), guardando a come questo influenzò sia la condotta reale della Comunità negli squilibri regionali sia gli orientamenti assunti dalle autorità nazionali nell’ambito dell’intervento straordinario.
L’Italia e gli squilibri regionali nella Comunità a Sei
Antonio Bonatesta
2017-01-01
Abstract
Dalla fine degli anni Cinquanta e per tutto il decennio successivo, l’influenza della Cee in materia di squilibri regionali interni ai paesi membri si determinò lungo due binari paralleli. Da una parte, Bruxelles tentò di formulare una specifica competenza comunitaria nel settore, obiettivo reso difficoltoso dalla cautela con cui il problema regionale era stato definito nella costruzione comunitaria. Dall’altra, vi erano appunto il tenore sostanzialmente liberista del Trattato e le disposizioni sull’unione doganale e la libera concorrenza. Non si trattava, naturalmente, di due direttrici convergenti. Esse anzi entrarono spesso in conflitto, determinando frizioni all’interno della Commissione e con le autorità nazionali. Uno dei terreni maggiormente accidentati su cui le agende comunitarie della politica regionale e del completamento del Mec si confrontarono maggiormente fu quello dei provvedimenti assunti dalle autorità italiane nell’ambito dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno. L’Italia, che nel corso dei negoziati in seno al Comitato Spaak aveva avuto un ruolo fondamentale nel mettere in evidenza i rischi di un grande mercato sull’accentuazione degli squilibri regionali, all’indomani del 1957 aveva ottenuto poco più che i finanziamenti della Banca europea per gli investimenti (Bei). È stato tuttavia messo in evidenza come l’intervento straordinario nel Mezzogiorno abbia potuto contare fin dai primi anni su alcune posizioni di favore, come la presenza degli italiani nei ruoli apicali della stessa Bei e di una “sponda franco-italiana” all’interno della Commissione, cui si contrappose il progetto ordoliberista di costruzione di un ruolo attivo della Comunità nella rimozione di ostacoli e distorsioni alla piena realizzazione della libera concorrenza. Il contributo intende pertanto soffermarsi sui conflitti e le interferenze reciproche tra settori della Commissione e Stato nazionale che caratterizzarono gli esecutivi guidati da Walter Hallstein (1958-1967), Jean Rey (1967-1970) e Franco Maria Malfatti (1970-72), guardando a come questo influenzò sia la condotta reale della Comunità negli squilibri regionali sia gli orientamenti assunti dalle autorità nazionali nell’ambito dell’intervento straordinario.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.