A partire dalla seconda metà del Novecento, la coesistenza del processo di integrazione europea e della regionalizzazione degli ordinamenti statali ha stimolato la riflessione sulle trasformazioni della sovranità e sulla ricomposizione degli Stati-nazione. Negli ultimi decenni del secolo scorso si è assistito a un maggiore protagonismo delle autonomie locali in Europa. Fenomeni come il ruolo crescente delle regioni nell’ambito dei fondi strutturali, la creazione di reti europee per la rappresentanza degli interessi locali a Bruxelles e l’avvio di forme di cooperazione trans-frontaliera sembrano aver rimescolato i tradizionali rapporti di scala nelle relazioni continentali. Il contributo intende indagare l’esperienza di mobilitazione della Regione Puglia nel contesto comunitario, concentrando l’attenzione sulle prime quattro legislature regionali (1970-1990). Se si assumono come osservatorio le politiche di sviluppo per il Mezzogiorno, questo ventennio rappresenta infatti un periodo di transizione che assiste al progressivo passaggio dall’intervento straordinario a quello ordinario. In questo processo, il decollo del sistema regionale, creato nel 1970, e la dinamica dell’integrazione europea, non sono affatto attori neutrali e finiscono anzi per giocare un ruolo di prim’ordine dinanzi a un potere statale costretto a rivedere le modalità di fondo della sua presenza in economia a causa di fenomeni come un’altissima inflazione e debito pubblico crescente. Il risultato è una sorta di movimento pendolare tra “panstatalismo” e “panregionalismo”, che si palesa nella contesa tra Stato e Regioni e tra Regione e Comunità europea. Il tutto accade mentre la Regione Puglia, così come il Mezzogiorno, sono dentro un doppio transito dalla società rurale a quella industriale – una trasformazione avviata sul finire degli anni Cinquanta ma ancora in atto negli anni Settanta – e da questa a una post-industriale, cercando nella dimensione comunitaria un fattore di mediazione e protezione dalle turbolenze che derivavano da fenomeni come la fine del sistema di cambi fissi di Bretton Woods nel 1971, la crisi energetica del 1973 e la drastica revisione della politica statunitense dei tassi di interesse varata con il “Volcker shock” del 19791. Lungi dal disegnare una traiettoria lineare, di cui il termine politologico “europeizzazione” è intrinsecamente carico, l’obiettivo di queste pagine è di tracciare un primo, parziale bilancio della politica comunitaria della Regione Puglia, intendendo con questa definizione, il duplice processo di attivazione nello spazio europeo, finalizzato all’esercizio di lobbying sulle istituzioni nazionali e comunitarie, e di programmazione e spesa dei fondi strutturali. In particolare, l’analisi è stata circoscritta ai prerequisiti di carattere politico e istituzionale alla base del modello pugliese di attivazione in Europa, rinvenibili nelle specifiche forme assunte dal rapporto tra Consiglio e Giunta regionale, tra momento rappresentativo e momento esecutivo.

Le relazioni comunitarie della Regione Puglia, tra efficienza e rappresentanza (1970-1990)

Antonio Bonatesta
2023-01-01

Abstract

A partire dalla seconda metà del Novecento, la coesistenza del processo di integrazione europea e della regionalizzazione degli ordinamenti statali ha stimolato la riflessione sulle trasformazioni della sovranità e sulla ricomposizione degli Stati-nazione. Negli ultimi decenni del secolo scorso si è assistito a un maggiore protagonismo delle autonomie locali in Europa. Fenomeni come il ruolo crescente delle regioni nell’ambito dei fondi strutturali, la creazione di reti europee per la rappresentanza degli interessi locali a Bruxelles e l’avvio di forme di cooperazione trans-frontaliera sembrano aver rimescolato i tradizionali rapporti di scala nelle relazioni continentali. Il contributo intende indagare l’esperienza di mobilitazione della Regione Puglia nel contesto comunitario, concentrando l’attenzione sulle prime quattro legislature regionali (1970-1990). Se si assumono come osservatorio le politiche di sviluppo per il Mezzogiorno, questo ventennio rappresenta infatti un periodo di transizione che assiste al progressivo passaggio dall’intervento straordinario a quello ordinario. In questo processo, il decollo del sistema regionale, creato nel 1970, e la dinamica dell’integrazione europea, non sono affatto attori neutrali e finiscono anzi per giocare un ruolo di prim’ordine dinanzi a un potere statale costretto a rivedere le modalità di fondo della sua presenza in economia a causa di fenomeni come un’altissima inflazione e debito pubblico crescente. Il risultato è una sorta di movimento pendolare tra “panstatalismo” e “panregionalismo”, che si palesa nella contesa tra Stato e Regioni e tra Regione e Comunità europea. Il tutto accade mentre la Regione Puglia, così come il Mezzogiorno, sono dentro un doppio transito dalla società rurale a quella industriale – una trasformazione avviata sul finire degli anni Cinquanta ma ancora in atto negli anni Settanta – e da questa a una post-industriale, cercando nella dimensione comunitaria un fattore di mediazione e protezione dalle turbolenze che derivavano da fenomeni come la fine del sistema di cambi fissi di Bretton Woods nel 1971, la crisi energetica del 1973 e la drastica revisione della politica statunitense dei tassi di interesse varata con il “Volcker shock” del 19791. Lungi dal disegnare una traiettoria lineare, di cui il termine politologico “europeizzazione” è intrinsecamente carico, l’obiettivo di queste pagine è di tracciare un primo, parziale bilancio della politica comunitaria della Regione Puglia, intendendo con questa definizione, il duplice processo di attivazione nello spazio europeo, finalizzato all’esercizio di lobbying sulle istituzioni nazionali e comunitarie, e di programmazione e spesa dei fondi strutturali. In particolare, l’analisi è stata circoscritta ai prerequisiti di carattere politico e istituzionale alla base del modello pugliese di attivazione in Europa, rinvenibili nelle specifiche forme assunte dal rapporto tra Consiglio e Giunta regionale, tra momento rappresentativo e momento esecutivo.
2023
9788849866049
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/455220
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