Una delle norme dello Statuto dei Lavoratori che ha avuto il pregio di consacrare nel nostro ordinamento un modello di politica legislativa, di attuale rilevanza e strategicità per la tutela del lavoro e per il contrasto dei fenomeni di dumping sociale, è l’art. 36, disposizione che ha avviato la stagione delle clausole sociali di equo trattamento (c.d. di prima generazione). La norma impone alla Pubblica Amministrazione l’obbligo di inserire nei provvedimenti di concessione dei benefici ivi indicati e nei capitolati di appalto per l’esecuzione di opere pubbliche la “clausola esplicita determinante l’obbligo per il beneficiario o appaltatore di applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona”. Tale meccanismo consente, in via mediata e indiretta, di estendere l’efficacia soggettiva dei contratti collettivi ed è rimasto indenne, nel tempo, da censure di illegittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 39, co. 2-4 e 41, co.1, Cost. dal momento che non impone alle imprese di osservare le clausole del contratto collettivo, bensì richiede, una volta manifestata la volontà di accedere a risorse e/o benefici provenienti dallo Stato, di adottare la fonte collettiva come schema di riferimento per le condizioni da assicurare ai prestatori di lavoro e inoltre si rivolge all’amministrazione e all’ente pubblico e non al datore di lavoro, il quale è sottoposto all’obbligo di applicare le clausole del contratto collettivo solo in virtù del provvedimento o del contratto stipulato con la pubblica amministrazione. I problemi circa l’effettività dell’art. 36 St. Lav. hanno perso centralità con la sopravvenienza delle più articolate clausole sociali recate nei due codici degli appalti pubblici (dd.lgss. nn. 163/2006 e 50/2016) anche sotto la spinta della normativa eurounionale e della giurisprudenza della CGUE, e che hanno recuperato la tecnica normativa statutaria, potenziandone gli effetti e la portata. La salvezza dell’art. 36 St. Lav. ad opera della normativa successiva consente di elevare tale disposizione al rango di principio fondamentale del nostro ordinamento. L’ipotesi di ricerca è quella di mettere a confronto le discipline di cui sopra, enucleandone gli elementi di continuità o di discontinuità, attraverso le seguenti direttrici di indagine: a) ambito soggettivo (a chi si rivolge); b) ambito oggettivo (a quali contratti collettivi si riferisce); c) profili di (in)costituzionalità anche alla luce dei recenti arresti giurisprudenziali (in particolare del Consiglio di Stato); d) efficacia della previsione nei confronti dei lavoratori e degli operatori economici coinvolti. L’analisi tende a verificare l’influenza che l’art. 36 St. Lav., e la produzione dottrinale e giurisprudenziale che ne è conseguita, ha avuto sull’attuale modello di clausola sociale di equo trattamento nell’ambito degli appalti pubblici.

I cinquant’anni della clausola sociale

Carmela Garofalo
2022-01-01

Abstract

Una delle norme dello Statuto dei Lavoratori che ha avuto il pregio di consacrare nel nostro ordinamento un modello di politica legislativa, di attuale rilevanza e strategicità per la tutela del lavoro e per il contrasto dei fenomeni di dumping sociale, è l’art. 36, disposizione che ha avviato la stagione delle clausole sociali di equo trattamento (c.d. di prima generazione). La norma impone alla Pubblica Amministrazione l’obbligo di inserire nei provvedimenti di concessione dei benefici ivi indicati e nei capitolati di appalto per l’esecuzione di opere pubbliche la “clausola esplicita determinante l’obbligo per il beneficiario o appaltatore di applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona”. Tale meccanismo consente, in via mediata e indiretta, di estendere l’efficacia soggettiva dei contratti collettivi ed è rimasto indenne, nel tempo, da censure di illegittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 39, co. 2-4 e 41, co.1, Cost. dal momento che non impone alle imprese di osservare le clausole del contratto collettivo, bensì richiede, una volta manifestata la volontà di accedere a risorse e/o benefici provenienti dallo Stato, di adottare la fonte collettiva come schema di riferimento per le condizioni da assicurare ai prestatori di lavoro e inoltre si rivolge all’amministrazione e all’ente pubblico e non al datore di lavoro, il quale è sottoposto all’obbligo di applicare le clausole del contratto collettivo solo in virtù del provvedimento o del contratto stipulato con la pubblica amministrazione. I problemi circa l’effettività dell’art. 36 St. Lav. hanno perso centralità con la sopravvenienza delle più articolate clausole sociali recate nei due codici degli appalti pubblici (dd.lgss. nn. 163/2006 e 50/2016) anche sotto la spinta della normativa eurounionale e della giurisprudenza della CGUE, e che hanno recuperato la tecnica normativa statutaria, potenziandone gli effetti e la portata. La salvezza dell’art. 36 St. Lav. ad opera della normativa successiva consente di elevare tale disposizione al rango di principio fondamentale del nostro ordinamento. L’ipotesi di ricerca è quella di mettere a confronto le discipline di cui sopra, enucleandone gli elementi di continuità o di discontinuità, attraverso le seguenti direttrici di indagine: a) ambito soggettivo (a chi si rivolge); b) ambito oggettivo (a quali contratti collettivi si riferisce); c) profili di (in)costituzionalità anche alla luce dei recenti arresti giurisprudenziali (in particolare del Consiglio di Stato); d) efficacia della previsione nei confronti dei lavoratori e degli operatori economici coinvolti. L’analisi tende a verificare l’influenza che l’art. 36 St. Lav., e la produzione dottrinale e giurisprudenziale che ne è conseguita, ha avuto sull’attuale modello di clausola sociale di equo trattamento nell’ambito degli appalti pubblici.
2022
978-88-6835-477-0
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/454922
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