La vita del migrante, nemico pericoloso di una società (in)sicura, è al centro di forti contrasti tra tutela dei diritti individuali e prerogative statali di protezione dei confini dalla minaccia dell’immigrazione irregolare. Di fronte alla formless fear della immigrazione vista come dato emergenziale anziché strutturale, la dimensione della cd. crimmigration, in cui il diritto penale talora sacrifica le tradizionali garanzie liberali, investe la materia dei soccorsi in mare. Nella gestione dei flussi migratori le pretese di criminalizzazione della politica e le ragioni di giustificazione del diritto non trovano facile conciliazione; il nuovo diritto penale della sicurezza, così, nella materia dei soccorsi, “divora tutti i principi dello Stato di diritto” (Naucke). Dalla analisi del diritto di emigrare e del dovere di soccorrere – seguendo la tripartizio- ne tra obblighi del comandante e obblighi dello Stato di bandiera e costiero – si passa a quella dei noti casi giudiziari, quali “Iuventa” e “Sea Watch 3”, visti come i più recenti tentativi della giurisprudenza di estendere la fattispecie di favoreggiamento dell’immi- grazione illegale agli ingressi delle navi trasportanti i migranti. L’ossimoro «délit de solidarité», oltre che nel dibattito pubblico, trova riscontro in alcuni provvedimenti dell’Autorità giudiziaria, con cui si dispone il sequestro delle imbarcazioni impegnate nel prestare soccorso ai migranti e la condanna dei comandanti delle ONG, che scelgono di offrire prontamente un place of safety ai naufraghi in stato di pericolo in mare. Il paradigma umanitario dell’ultima giurisprudenza, invece, è in grado di superare i più recenti tentativi dell’azione governativa di contrasto all’operato delle ONG per il tra- mite di provvedimenti ministeriali in palese contrasto con gli obblighi convenzionali ed europei, proponendo un modello di tutela giuridica più avanzato dei diritti del migrante.

Profili penalistici del soccorso in mare dei migranti

Filomena Pisconti
2022-01-01

Abstract

La vita del migrante, nemico pericoloso di una società (in)sicura, è al centro di forti contrasti tra tutela dei diritti individuali e prerogative statali di protezione dei confini dalla minaccia dell’immigrazione irregolare. Di fronte alla formless fear della immigrazione vista come dato emergenziale anziché strutturale, la dimensione della cd. crimmigration, in cui il diritto penale talora sacrifica le tradizionali garanzie liberali, investe la materia dei soccorsi in mare. Nella gestione dei flussi migratori le pretese di criminalizzazione della politica e le ragioni di giustificazione del diritto non trovano facile conciliazione; il nuovo diritto penale della sicurezza, così, nella materia dei soccorsi, “divora tutti i principi dello Stato di diritto” (Naucke). Dalla analisi del diritto di emigrare e del dovere di soccorrere – seguendo la tripartizio- ne tra obblighi del comandante e obblighi dello Stato di bandiera e costiero – si passa a quella dei noti casi giudiziari, quali “Iuventa” e “Sea Watch 3”, visti come i più recenti tentativi della giurisprudenza di estendere la fattispecie di favoreggiamento dell’immi- grazione illegale agli ingressi delle navi trasportanti i migranti. L’ossimoro «délit de solidarité», oltre che nel dibattito pubblico, trova riscontro in alcuni provvedimenti dell’Autorità giudiziaria, con cui si dispone il sequestro delle imbarcazioni impegnate nel prestare soccorso ai migranti e la condanna dei comandanti delle ONG, che scelgono di offrire prontamente un place of safety ai naufraghi in stato di pericolo in mare. Il paradigma umanitario dell’ultima giurisprudenza, invece, è in grado di superare i più recenti tentativi dell’azione governativa di contrasto all’operato delle ONG per il tra- mite di provvedimenti ministeriali in palese contrasto con gli obblighi convenzionali ed europei, proponendo un modello di tutela giuridica più avanzato dei diritti del migrante.
2022
979-12-5965-201-0
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