Chissà se Claude Hagège oggi sentirebbe il bisogno di aggiungere un’appendice al suo fortunatissimo libro, Le français, histoire d’un combat , in cui racconta per tappe, dai Serments de Strasbourg del 842 fino alla legge Toubon del 1994, la storia epica e tumultuosa della lingua francese. Perché il dibattito tuttora in corso in Francia sul femminile di professioni e cariche – cui non è estranea la controversa questione della “scrittura inclusiva” – ha assunto spesso nel recente passato i toni veementi di una vera e propria battaglia ideologica, soprattutto nelle dichiarazioni pubbliche rilasciate dai membri dell’istituzione deputata a monitorare gli usi linguistici della nazione, l’Académie française. Il presente articolo intende ripercorrere i punti salienti di questo conflitto intestino esploso Oltralpe quasi cinquant’anni fa, allo scopo non solo di denunciare la violenza e il sessismo con cui l’Académie ha risposto a una istanza più che legittima proveniente da vari segmenti della società, ma anche di segnalare la palese incompetenza di cui hanno dato prova in quel frangente coloro che amano proclamarsi – un po’ troppo incautamente –, «custodi» della lingua francese . Inoltre, non è superfluo ricordare che quei Paesi francofoni all’epoca in prima linea nella lotta per la «femminilizzazione linguistica» – che, come vedremo, sarebbe più corretto definire «demascolinizzazione linguistica» –, oggi sembrano aver digerito da tempo questa piccola rivoluzione, tanto da essere impegnati in riflessioni più complesse, destinate a sbarazzare la lingua francese da altre eredità sessiste e permetterle di procedere più agevolmente verso l’uguaglianza sociale. La Francia, invece, appare tuttora al traino di questo movimento globale. Certo, qualche progresso viene registrato regolarmente negli usi linguistici della popolazione e dei mezzi di comunicazione, così come continuano ad essere emanate direttive ufficiali per incoraggiare tale cambiamento di mentalità. Ciononostante, il Paese resta apparentemente soggetto a tradizioni conservatrici di stampo patriarcale e maschilista, che l’Académie française si ostina ad avallare con i suoi dotti pareri. Tanto per fare un esempio, soltanto nel 2019 ha dato il proprio assenso alle versioni femminili dei nomi di professione, non senza averle osteggiate come contrarie alle regole di derivazione, e sintomo di «vera barbarie», soltanto fino a cinque anni prima.

L'Académie française contro la "femminilizzazione" della lingua

Ida Porfido
2023-01-01

Abstract

Chissà se Claude Hagège oggi sentirebbe il bisogno di aggiungere un’appendice al suo fortunatissimo libro, Le français, histoire d’un combat , in cui racconta per tappe, dai Serments de Strasbourg del 842 fino alla legge Toubon del 1994, la storia epica e tumultuosa della lingua francese. Perché il dibattito tuttora in corso in Francia sul femminile di professioni e cariche – cui non è estranea la controversa questione della “scrittura inclusiva” – ha assunto spesso nel recente passato i toni veementi di una vera e propria battaglia ideologica, soprattutto nelle dichiarazioni pubbliche rilasciate dai membri dell’istituzione deputata a monitorare gli usi linguistici della nazione, l’Académie française. Il presente articolo intende ripercorrere i punti salienti di questo conflitto intestino esploso Oltralpe quasi cinquant’anni fa, allo scopo non solo di denunciare la violenza e il sessismo con cui l’Académie ha risposto a una istanza più che legittima proveniente da vari segmenti della società, ma anche di segnalare la palese incompetenza di cui hanno dato prova in quel frangente coloro che amano proclamarsi – un po’ troppo incautamente –, «custodi» della lingua francese . Inoltre, non è superfluo ricordare che quei Paesi francofoni all’epoca in prima linea nella lotta per la «femminilizzazione linguistica» – che, come vedremo, sarebbe più corretto definire «demascolinizzazione linguistica» –, oggi sembrano aver digerito da tempo questa piccola rivoluzione, tanto da essere impegnati in riflessioni più complesse, destinate a sbarazzare la lingua francese da altre eredità sessiste e permetterle di procedere più agevolmente verso l’uguaglianza sociale. La Francia, invece, appare tuttora al traino di questo movimento globale. Certo, qualche progresso viene registrato regolarmente negli usi linguistici della popolazione e dei mezzi di comunicazione, così come continuano ad essere emanate direttive ufficiali per incoraggiare tale cambiamento di mentalità. Ciononostante, il Paese resta apparentemente soggetto a tradizioni conservatrici di stampo patriarcale e maschilista, che l’Académie française si ostina ad avallare con i suoi dotti pareri. Tanto per fare un esempio, soltanto nel 2019 ha dato il proprio assenso alle versioni femminili dei nomi di professione, non senza averle osteggiate come contrarie alle regole di derivazione, e sintomo di «vera barbarie», soltanto fino a cinque anni prima.
2023
978-88-7470-985-4
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