La trasformazione digitale ha ormai invaso il nostro quotidiano, convertendo ogni esperienza in un esercizio di mediazione tra concretezza analogica e realtà virtuale. In questo particolare momento post pandemico torna al centro di discorso educativo la ricerca di forme di contrasto a fenomeni quali interaction overload e digital addiction non solo tra i più giovani, a conferma della difficoltà da parte di tutti di resistere al vorticoso turbinio legato ai contesti digitali e alle implicazioni delle piattaforme social nella vita reale. Siamo chiamati ad essere costantemente connessi, continuamente invitati a tenere vivo un canale di comunicazione e di relazione con gli altri attraverso la Rete, capace di coprire tempi e distanze prima impensabili. La moderna Network Society induce quasi naturalmente i singoli a perdersi nel caos della Rete e la confusione delle relazioni online spinge quasi naturalmente i singoli a prendere parte alla folla digitale. I gruppi e le società, quindi, corrono il rischio di trasformarsi in una moltitudine di avatar, convinti di essere tra loro in relazione e interconnessi, ma ignari del rischio di trasformarsi in schiere di individui isolati, inconsapevoli e disinteressati delle vicende e delle esperienze altrui. Non si tratta di fomentare avversione nei confronti della tecnologia o di intralciare i suoi sviluppi, ma di considerare i possibili effetti collaterali indesiderati che rischiano di sfuggire ad uno sguardo disincantato e superficiale, che enfatizza le potenzialità del digitale senza considerarne i rischi. Di fronte a questo scenario, è indispensabile rintracciare un nuovo senso delle cose del quotidiano attraverso uno sguardo pedagogico che sappia riportare al centro il valore dell’umano. Il contributo intende porre l’attenzione sull’esperienza inattuale della solitudine come spazio-tempo di riflessione personale, ormai quasi completamente abbandonato a seguito della richiesta ossessiva proveniente dalla Rete di costruire e vivere il maggior numero di relazioni all’interno dei contesti virtuali. Partendo dalla distinzione tra i concetti di solitudine, intesa quale inclinazione umana alla ricerca e allo sguardo interiore, e di isolamento, interpretato quale fenomeno di esclusione del singolo dai rapporti sociali con l'ambiente circostante, il contributo si propone di avviare una riflessione pedagogica capace di cogliere il potenziale trasformativo delle esperienze di solitudine e silenzio digitale senza temere il contatto necessario con la propria intimità e con la vera essenza umana. Solitudine e silenzio, di fatto, possono stabilirsi quali elementi fondativi atti a riscoprirsi spiriti solitari e anime salve, persone in grado di riflettere su se stesse e, grazie a questo esercizio, soggetti capaci di relazionarsi con gli altri secondo un contatto profondo e agenti in grado di rintracciare soluzioni che guardino al bene comune. L’invito ad abbandonare la folla per dedicarsi a sé stessi sposta il focus dalla solitudine come egoismo alla solitudine come reale apertura all’alterità, necessaria al fine di recuperare il valore della bellezza nell’incontro tra persone e la riscoperta della meraviglia insita nell’umano, elementi percepibili solo guardando oltre lo schermo.

Elogio della solitudine: educare all’interiorità per un digitale umano

Francesco Pizzolorusso
2023-01-01

Abstract

La trasformazione digitale ha ormai invaso il nostro quotidiano, convertendo ogni esperienza in un esercizio di mediazione tra concretezza analogica e realtà virtuale. In questo particolare momento post pandemico torna al centro di discorso educativo la ricerca di forme di contrasto a fenomeni quali interaction overload e digital addiction non solo tra i più giovani, a conferma della difficoltà da parte di tutti di resistere al vorticoso turbinio legato ai contesti digitali e alle implicazioni delle piattaforme social nella vita reale. Siamo chiamati ad essere costantemente connessi, continuamente invitati a tenere vivo un canale di comunicazione e di relazione con gli altri attraverso la Rete, capace di coprire tempi e distanze prima impensabili. La moderna Network Society induce quasi naturalmente i singoli a perdersi nel caos della Rete e la confusione delle relazioni online spinge quasi naturalmente i singoli a prendere parte alla folla digitale. I gruppi e le società, quindi, corrono il rischio di trasformarsi in una moltitudine di avatar, convinti di essere tra loro in relazione e interconnessi, ma ignari del rischio di trasformarsi in schiere di individui isolati, inconsapevoli e disinteressati delle vicende e delle esperienze altrui. Non si tratta di fomentare avversione nei confronti della tecnologia o di intralciare i suoi sviluppi, ma di considerare i possibili effetti collaterali indesiderati che rischiano di sfuggire ad uno sguardo disincantato e superficiale, che enfatizza le potenzialità del digitale senza considerarne i rischi. Di fronte a questo scenario, è indispensabile rintracciare un nuovo senso delle cose del quotidiano attraverso uno sguardo pedagogico che sappia riportare al centro il valore dell’umano. Il contributo intende porre l’attenzione sull’esperienza inattuale della solitudine come spazio-tempo di riflessione personale, ormai quasi completamente abbandonato a seguito della richiesta ossessiva proveniente dalla Rete di costruire e vivere il maggior numero di relazioni all’interno dei contesti virtuali. Partendo dalla distinzione tra i concetti di solitudine, intesa quale inclinazione umana alla ricerca e allo sguardo interiore, e di isolamento, interpretato quale fenomeno di esclusione del singolo dai rapporti sociali con l'ambiente circostante, il contributo si propone di avviare una riflessione pedagogica capace di cogliere il potenziale trasformativo delle esperienze di solitudine e silenzio digitale senza temere il contatto necessario con la propria intimità e con la vera essenza umana. Solitudine e silenzio, di fatto, possono stabilirsi quali elementi fondativi atti a riscoprirsi spiriti solitari e anime salve, persone in grado di riflettere su se stesse e, grazie a questo esercizio, soggetti capaci di relazionarsi con gli altri secondo un contatto profondo e agenti in grado di rintracciare soluzioni che guardino al bene comune. L’invito ad abbandonare la folla per dedicarsi a sé stessi sposta il focus dalla solitudine come egoismo alla solitudine come reale apertura all’alterità, necessaria al fine di recuperare il valore della bellezza nell’incontro tra persone e la riscoperta della meraviglia insita nell’umano, elementi percepibili solo guardando oltre lo schermo.
2023
9788867096893
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/453520
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