More than forty years after the prison reform, the underlying constitutional humanism thereof seems to be overcome by a prison-centric involution, where legal punitive-symbolic measures aims to ‘entrench’ the prison system. Through art. 4-bis of the Prison Law, several automatic effects based on presumptions almost absolute provide for a default harsh imprisonment. The Constitutional Court case law, in turn, tried to make the prison system consistent with the Constitution, starting to overcome the judicial approach grounded on imperative rules, where only the lawmaker is entitled to struck a deal among the interests at stake, limiting the judicial review. In the said pattern, the recent Prison Reform had the aim to overcome the strict system of foreclosure to rehabilitation, avoiding absolute presumptions and giving back to the Judge overseeing sentences the power to taylor the treatment on each prisoner. The valuable preparatory and drafting work started by the States general and later included in the so-called Giostra project, however, was eventually overturned by the umpteenth populist drifting, that stopped the reduction of the cases limiting re-education.

Ad oltre quarant’anni dalla riforma penitenziaria, l’umanesimo di matrice costituzionale che ne aveva ispirato la trama sembra aver lasciato il passo ad una involuzione carcerocentrica veicolata da molteplici interventi punitivo-simbolici con cui il legislatore dell’emergenza ha inteso “trincerare” il sistema penitenziario. Utilizzando il grimaldello rappresentato dall’art. 4-bis ord. penit., sono stati progressivamente inseriti numerosi automatismi carcerari, basati su presunzioni pressoché assolute di persistente pericolosità sociale, che impongono di default un trattamento carcerario di rigore. In direzione opposta si è mossa la giurisprudenza costituzionale, impegnata in un’opera di reductio ad constitutionem del sistema penitenziario che sembra celare l’inizio di un progressivo superamento del modello di decisione giudiziale basato su regole generali indefettibili, che affidano al solo legislatore il bilanciamento degli interessi in gioco, amputando di netto la discrezionalità del giudice. Lungo questa traiettoria si è inserita la recente riforma penitenziaria, nata con il dichiarato intento di superare il rigido sistema delle preclusioni alla riabilitazione, relativizzando le presunzioni assolute di pericolosità e restituendo al giudice di sorveglianza la facoltà di individualizzare il trattamento carcerario. Il pregevole lavoro istruttorio e redazionale iniziato con gli Stati generali e poi confluito nel progetto Giostra, però, ad un metro dal traguardo è stato travolto dall’ennesima deriva populista, che ha stroncato l’opera di sfoltimento delle ipotesi ostative alla rieducazione.

Il superamento delle preclusioni alla risocializzazione: un’occasione mancata della riforma penitenziaria

Delvecchio F
2019-01-01

Abstract

More than forty years after the prison reform, the underlying constitutional humanism thereof seems to be overcome by a prison-centric involution, where legal punitive-symbolic measures aims to ‘entrench’ the prison system. Through art. 4-bis of the Prison Law, several automatic effects based on presumptions almost absolute provide for a default harsh imprisonment. The Constitutional Court case law, in turn, tried to make the prison system consistent with the Constitution, starting to overcome the judicial approach grounded on imperative rules, where only the lawmaker is entitled to struck a deal among the interests at stake, limiting the judicial review. In the said pattern, the recent Prison Reform had the aim to overcome the strict system of foreclosure to rehabilitation, avoiding absolute presumptions and giving back to the Judge overseeing sentences the power to taylor the treatment on each prisoner. The valuable preparatory and drafting work started by the States general and later included in the so-called Giostra project, however, was eventually overturned by the umpteenth populist drifting, that stopped the reduction of the cases limiting re-education.
2019
Ad oltre quarant’anni dalla riforma penitenziaria, l’umanesimo di matrice costituzionale che ne aveva ispirato la trama sembra aver lasciato il passo ad una involuzione carcerocentrica veicolata da molteplici interventi punitivo-simbolici con cui il legislatore dell’emergenza ha inteso “trincerare” il sistema penitenziario. Utilizzando il grimaldello rappresentato dall’art. 4-bis ord. penit., sono stati progressivamente inseriti numerosi automatismi carcerari, basati su presunzioni pressoché assolute di persistente pericolosità sociale, che impongono di default un trattamento carcerario di rigore. In direzione opposta si è mossa la giurisprudenza costituzionale, impegnata in un’opera di reductio ad constitutionem del sistema penitenziario che sembra celare l’inizio di un progressivo superamento del modello di decisione giudiziale basato su regole generali indefettibili, che affidano al solo legislatore il bilanciamento degli interessi in gioco, amputando di netto la discrezionalità del giudice. Lungo questa traiettoria si è inserita la recente riforma penitenziaria, nata con il dichiarato intento di superare il rigido sistema delle preclusioni alla riabilitazione, relativizzando le presunzioni assolute di pericolosità e restituendo al giudice di sorveglianza la facoltà di individualizzare il trattamento carcerario. Il pregevole lavoro istruttorio e redazionale iniziato con gli Stati generali e poi confluito nel progetto Giostra, però, ad un metro dal traguardo è stato travolto dall’ennesima deriva populista, che ha stroncato l’opera di sfoltimento delle ipotesi ostative alla rieducazione.
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