La Puglia è la principale regione olivicola italiana, una filiera olivicoloolearia del valore di oltre 1,2 miliardi di euro nella fase agricola e 3 miliardi di euro in quella industriale. È noto che la produzione dell’olio extra vergine di oliva è associata alla produzione di reflui (solidi e liquidi), in grado di causare un non trascurabile inquinamento se rilasciate nell’ambiente senza adeguati trattamenti. Per tali scarti di produzione, inizialmente identificati come ‘rifiuti’, si è assistito ad un’evoluzione anche normativa, sollecitata dall’affermazione del principio della sostenibilità ambientale, in esito alla quale, da “sostanza od oggetto di cui il produttore o detentore si disfa, abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsene” (art. 183, D. Lgs. n. 152/2006), sono divenuti ‘sottoprodotto’, ossia “sostanza od oggetto originato da un processo produttivo, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto” (art. 184-bis, D. lgs. n. 152/2006), suscettibile di ulteriori utilizzi (cfr. d.m. n. 264 del 13 ottobre 2016 “Regolamento recante criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti”). Per la valorizzazione dei reflui oleari si tende oggi, sempre più, al loro utilizzo per la produzione di bioenergia, che rappresenta non solo una possibilità di abbattimento dei costi di produzione dell’olio di oliva, ma anche una possibile fonte di reddito. Peraltro, l’individuazione di utilizzi alternativi ed economicamente vantaggiosi degli scarti oleari appare idonea alla configurazione di misure di prevenzione dello smaltimento illecito degli stessi, fenomeno dalle significative dimensioni in Puglia e nel Sud Italia in generale, con impatti negativi sulla salute e sull’ecosistema. Si tratta di ripensare il sistema 142 produttivo e di consumo, incentrandolo sulla c.d. ‘bioeconomia’, un’economia basata sull’utilizzo sostenibile di risorse naturali rinnovabili e sulla loro trasformazione secondo criteri di ‘circolarità’. In questa direzione, la costruzione di soluzioni concrete e rapidamente implementabili, volte ad attuare una reale economia circolare in ambito oleario e modificare in senso sostenibile i paradigmi produttivi e commerciali della filiera, postula adeguate azioni sinergiche tra pubblica amministrazione, enti di ricerca ed imprese. Proprio in tale ottica muove il Progetto ECOSNODO, “ECOnomia circolare, Sostenibilità e profili di evoluzione Normativa nella produzione dell’Olio extravergine Di Oliva” (Horizon Seeds, Università di Bari, 2022). In particolare, sul piano dell’uso efficiente dei sottoprodotti del frantoio, il progetto - in linea con il focus dell’Agenda ONU 2030, con il Green Deal EU, con il Piano per la transizione ecologica (PTE, 8.3.2022-14.6.2022) e ovviamente con il PNRR (M2C1-Inv.2.3) - mira a: 1. Identificare le possibili forme di innovazione in senso sostenibile dell’intera filiera dell’olio d’oliva, come motore chiave di produttività, competitività e resilienza del settore oleario europeo; 2. Trasformare gli scarti/rifiuti dell’industria olearia in una risorsa preziosa e contribuire a un migliore utilizzo delle fonti di energia rinnovabile, nell’ottica della transizione ecologica; 3. Puntare all'efficienza delle risorse in un’ottica di economia circolare. Nella prospettiva costituzionale, infine, interventi come quello in oggetto consentono un ragionevole bilanciamento tra l’implementazione di strategie tese a rafforzare l’iniziativa economica privata (art. 41 Cost.) e a tutelare la proprietà privata (art. 42 Cost.) con la loro necessaria preordinazione alla garanzia della utilità e della funzione sociale cui queste ultime devono essere improntate in modo da non recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e (dopo la recentissima revisione costituzionale dell’art.41 Cost.) anche alla salute e all’ambiente
Innovare la filiera olivicolo-olearia in senso sostenibile e circolare nella prospettiva costituzionale
M. G. NACCI
;C. PANNACCIULLI
2022-01-01
Abstract
La Puglia è la principale regione olivicola italiana, una filiera olivicoloolearia del valore di oltre 1,2 miliardi di euro nella fase agricola e 3 miliardi di euro in quella industriale. È noto che la produzione dell’olio extra vergine di oliva è associata alla produzione di reflui (solidi e liquidi), in grado di causare un non trascurabile inquinamento se rilasciate nell’ambiente senza adeguati trattamenti. Per tali scarti di produzione, inizialmente identificati come ‘rifiuti’, si è assistito ad un’evoluzione anche normativa, sollecitata dall’affermazione del principio della sostenibilità ambientale, in esito alla quale, da “sostanza od oggetto di cui il produttore o detentore si disfa, abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsene” (art. 183, D. Lgs. n. 152/2006), sono divenuti ‘sottoprodotto’, ossia “sostanza od oggetto originato da un processo produttivo, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto” (art. 184-bis, D. lgs. n. 152/2006), suscettibile di ulteriori utilizzi (cfr. d.m. n. 264 del 13 ottobre 2016 “Regolamento recante criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti”). Per la valorizzazione dei reflui oleari si tende oggi, sempre più, al loro utilizzo per la produzione di bioenergia, che rappresenta non solo una possibilità di abbattimento dei costi di produzione dell’olio di oliva, ma anche una possibile fonte di reddito. Peraltro, l’individuazione di utilizzi alternativi ed economicamente vantaggiosi degli scarti oleari appare idonea alla configurazione di misure di prevenzione dello smaltimento illecito degli stessi, fenomeno dalle significative dimensioni in Puglia e nel Sud Italia in generale, con impatti negativi sulla salute e sull’ecosistema. Si tratta di ripensare il sistema 142 produttivo e di consumo, incentrandolo sulla c.d. ‘bioeconomia’, un’economia basata sull’utilizzo sostenibile di risorse naturali rinnovabili e sulla loro trasformazione secondo criteri di ‘circolarità’. In questa direzione, la costruzione di soluzioni concrete e rapidamente implementabili, volte ad attuare una reale economia circolare in ambito oleario e modificare in senso sostenibile i paradigmi produttivi e commerciali della filiera, postula adeguate azioni sinergiche tra pubblica amministrazione, enti di ricerca ed imprese. Proprio in tale ottica muove il Progetto ECOSNODO, “ECOnomia circolare, Sostenibilità e profili di evoluzione Normativa nella produzione dell’Olio extravergine Di Oliva” (Horizon Seeds, Università di Bari, 2022). In particolare, sul piano dell’uso efficiente dei sottoprodotti del frantoio, il progetto - in linea con il focus dell’Agenda ONU 2030, con il Green Deal EU, con il Piano per la transizione ecologica (PTE, 8.3.2022-14.6.2022) e ovviamente con il PNRR (M2C1-Inv.2.3) - mira a: 1. Identificare le possibili forme di innovazione in senso sostenibile dell’intera filiera dell’olio d’oliva, come motore chiave di produttività, competitività e resilienza del settore oleario europeo; 2. Trasformare gli scarti/rifiuti dell’industria olearia in una risorsa preziosa e contribuire a un migliore utilizzo delle fonti di energia rinnovabile, nell’ottica della transizione ecologica; 3. Puntare all'efficienza delle risorse in un’ottica di economia circolare. Nella prospettiva costituzionale, infine, interventi come quello in oggetto consentono un ragionevole bilanciamento tra l’implementazione di strategie tese a rafforzare l’iniziativa economica privata (art. 41 Cost.) e a tutelare la proprietà privata (art. 42 Cost.) con la loro necessaria preordinazione alla garanzia della utilità e della funzione sociale cui queste ultime devono essere improntate in modo da non recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e (dopo la recentissima revisione costituzionale dell’art.41 Cost.) anche alla salute e all’ambienteFile | Dimensione | Formato | |
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