L’a. registra le opinioni dottrinali sul tema abbastanza arduo della difesa e della rappresentanza del minore nel processo civile e penale, all’indomani della ratifica della Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei fanciulli del 25 gennaio 1996, avvenuta con l. 20 marzo 2003, n. 77, nell’ultimo convegno organizzato dall’Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia. Le difficoltà relative alla difesa dei diritti del minore originano dalla confusione normativa sull’identificazione del soggetto destinato dall’ordinamento ad attuare una tutela non meramente virtuale, ma effettiva. La tutela del superiore interesse del minore viene realizzata nell’àmbito civilistico non dal soggetto titolare di tale interesse, ossia il minore, ma in alcuni casi dal suo rappresentante legale, il genitore, i cui interessi spesso sono in conflitto con il fanciullo, in altri dal curatore speciale nominato ad hoc, in altri dal p.m. e dal potere del giudice di decidere anche ultra petita in ordine ai provvedimenti relativi alla prole e in ogni caso dal Tribunale per i minorenni. Peraltro, alla figura tradizionale del curatore speciale, non sempre prevista nei procedimenti civili in cui il minore è presente, si è andata affiancando la figura dell’avvocato del minore, introdotta dalla riforma sulla disciplina dell’adozione (l. n. 149/2001), e quella del rappresentante speciale di origine convenzionale. Tuttavia, l’a. segnala che la prassi giurisprudenziale minorile, in particolare riguardo ai procedimenti di separazione e di divorzio, fa emergere un atteggiamento degli studiosi e degli operatori del diritto minorile ancóra restio e legato ad una visione storico-sociale, più che giuridica del fanciullo, considerato come soggetto di diritto e parte nei procedimenti che lo riguardano, solo dalle convenzioni internazionali; nel nostro ordinamento resta ancóra un minore, nel senso che l’opzione semantica del legislatore italiano è indicativa di una concezione più retrograda, che non riconosce pienamente ai fanciulli capaci di discernimento quei diritti, che a livello internazionale, vengono decantati dalle convenzioni.

L’avvocato del minore: le norme, le prassi e i problemi. Note a margine dell’ultimo convegno dell’Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia

CORRIERO, VALERIA
2003-01-01

Abstract

L’a. registra le opinioni dottrinali sul tema abbastanza arduo della difesa e della rappresentanza del minore nel processo civile e penale, all’indomani della ratifica della Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei fanciulli del 25 gennaio 1996, avvenuta con l. 20 marzo 2003, n. 77, nell’ultimo convegno organizzato dall’Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia. Le difficoltà relative alla difesa dei diritti del minore originano dalla confusione normativa sull’identificazione del soggetto destinato dall’ordinamento ad attuare una tutela non meramente virtuale, ma effettiva. La tutela del superiore interesse del minore viene realizzata nell’àmbito civilistico non dal soggetto titolare di tale interesse, ossia il minore, ma in alcuni casi dal suo rappresentante legale, il genitore, i cui interessi spesso sono in conflitto con il fanciullo, in altri dal curatore speciale nominato ad hoc, in altri dal p.m. e dal potere del giudice di decidere anche ultra petita in ordine ai provvedimenti relativi alla prole e in ogni caso dal Tribunale per i minorenni. Peraltro, alla figura tradizionale del curatore speciale, non sempre prevista nei procedimenti civili in cui il minore è presente, si è andata affiancando la figura dell’avvocato del minore, introdotta dalla riforma sulla disciplina dell’adozione (l. n. 149/2001), e quella del rappresentante speciale di origine convenzionale. Tuttavia, l’a. segnala che la prassi giurisprudenziale minorile, in particolare riguardo ai procedimenti di separazione e di divorzio, fa emergere un atteggiamento degli studiosi e degli operatori del diritto minorile ancóra restio e legato ad una visione storico-sociale, più che giuridica del fanciullo, considerato come soggetto di diritto e parte nei procedimenti che lo riguardano, solo dalle convenzioni internazionali; nel nostro ordinamento resta ancóra un minore, nel senso che l’opzione semantica del legislatore italiano è indicativa di una concezione più retrograda, che non riconosce pienamente ai fanciulli capaci di discernimento quei diritti, che a livello internazionale, vengono decantati dalle convenzioni.
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