Digitalizzazione e semplificazione costituiscono i concetti chiave della riforma e della modernizzazione della pubblica amministrazione, per sburocratizzare i processi, ridurre tempi e costi per cittadini e imprese e rendere l’intero apparato amministrativo più efficiente. In questa prospettiva si colloca l’introduzione delle intelligenze artificiali nell’azione pubblica che, però, sconta l’assenza di una adeguata disciplina normativa a presidio della garanzia dei diritti dei singoli. La caratteristica propria degli algoritmi, infatti, è la loro intrinseca opacità, che rende non immediatamente intellegibile il processo di acquisizione ed elaborazione dei dati necessari. Sempre più di frequente si assiste all’utilizzo nelle p.a. di software per la creazione di algoritmi informatici, sequenze ordinate di operazioni di calcolo, che supportano la p.a. nella definizione delle decisioni; questo meccanismo sostituisce il tradizionale metodo della decisione umana; esso, tuttavia, non presenta una specifica disciplina che ne delimiti i margini di azione, rimettendo di fatto tale onere in capo all’interprete. Il primo problema da affrontare è, pertanto, se possa dirsi compatibile l’utilizzo di algoritmi con l’esercizio dell’attività amministrativa. A tale quesito la giurisprudenza tende a rispondere positivamente: l’utilizzo dell’algoritmo può rappresentare, previa predeterminazione dei criteri di scelta, uno strumento di semplificazione e velocizzazione dell’attività amministrativa, astrattamente imparziale nonché sottratto all’errore umano. In questa prospettiva, anche la decisione politica può essere presidiata dall’algoritmo, dando vita ad una nuova declinazione del principio di sussidiarietà. Si tratta, allora, di ricercare il giusto equilibrio tra innovazione e tradizione, tra progresso e diritto che, nel solco delle garanzie costituzionali e procedimentali tipiche della p.a., consenta di mantenere una connotazione antropocentrica dell’attività amministrativa anche in presenza di automazioni nei processi decisionali. Qui si apre un secondo quesito che si propone di indagare il rapporto che sussiste tra segretezza e trasparenza nelle decisioni pubbliche, ponendo al riparo il cittadino da una pericolosa opacità che renda non comprensibili le motivazioni giuridiche e i presupposti di fatto sottesi al meccanismo algoritmico utilizzato nelle decisioni. Si tratta di ricercare l’equilibrio tra innovazione e tradizione, nel solco delle garanzie costituzionali e procedimentali tipiche della p.a. anche quando si avvalga di automazioni nei processi decisionali.

L'intelligenza artificiale come strumento innovativo di massimizzazione della partecipazione nella decisione politica: verso una nuova declinazione del principio di sussidiarietà orizzontale

Maria Teresa Paola Caputi Jambrenghi
2021-01-01

Abstract

Digitalizzazione e semplificazione costituiscono i concetti chiave della riforma e della modernizzazione della pubblica amministrazione, per sburocratizzare i processi, ridurre tempi e costi per cittadini e imprese e rendere l’intero apparato amministrativo più efficiente. In questa prospettiva si colloca l’introduzione delle intelligenze artificiali nell’azione pubblica che, però, sconta l’assenza di una adeguata disciplina normativa a presidio della garanzia dei diritti dei singoli. La caratteristica propria degli algoritmi, infatti, è la loro intrinseca opacità, che rende non immediatamente intellegibile il processo di acquisizione ed elaborazione dei dati necessari. Sempre più di frequente si assiste all’utilizzo nelle p.a. di software per la creazione di algoritmi informatici, sequenze ordinate di operazioni di calcolo, che supportano la p.a. nella definizione delle decisioni; questo meccanismo sostituisce il tradizionale metodo della decisione umana; esso, tuttavia, non presenta una specifica disciplina che ne delimiti i margini di azione, rimettendo di fatto tale onere in capo all’interprete. Il primo problema da affrontare è, pertanto, se possa dirsi compatibile l’utilizzo di algoritmi con l’esercizio dell’attività amministrativa. A tale quesito la giurisprudenza tende a rispondere positivamente: l’utilizzo dell’algoritmo può rappresentare, previa predeterminazione dei criteri di scelta, uno strumento di semplificazione e velocizzazione dell’attività amministrativa, astrattamente imparziale nonché sottratto all’errore umano. In questa prospettiva, anche la decisione politica può essere presidiata dall’algoritmo, dando vita ad una nuova declinazione del principio di sussidiarietà. Si tratta, allora, di ricercare il giusto equilibrio tra innovazione e tradizione, tra progresso e diritto che, nel solco delle garanzie costituzionali e procedimentali tipiche della p.a., consenta di mantenere una connotazione antropocentrica dell’attività amministrativa anche in presenza di automazioni nei processi decisionali. Qui si apre un secondo quesito che si propone di indagare il rapporto che sussiste tra segretezza e trasparenza nelle decisioni pubbliche, ponendo al riparo il cittadino da una pericolosa opacità che renda non comprensibili le motivazioni giuridiche e i presupposti di fatto sottesi al meccanismo algoritmico utilizzato nelle decisioni. Si tratta di ricercare l’equilibrio tra innovazione e tradizione, nel solco delle garanzie costituzionali e procedimentali tipiche della p.a. anche quando si avvalga di automazioni nei processi decisionali.
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