Questo saggio costituisce lo sviluppo successivo e ulteriore della relazione tenuta a Roma nel settembre del 2018 al 63° Convegno di Ricerca Filosofica del Centro Studi Filosofici di Gallarate. In quella feconda occasione – per la cui proficuità di spunti, ancora mi sento di ringraziare i partecipanti alla discussione – avevo tentato di sostenere la tesi di una progressiva incorporazione delle basi valoriali dell’etica umana nel processo di innovazione tecnologica. Le tecnologie emergenti, pur nella loro condizione spuria di soluzioni approssimative, ancorché velleitarie o visionarie, a loro modo permeano di peso etico una domanda di assoluta dirompenza per la filosofia morale e politica, ossia quale significato e rappresentazione dare alla vita in un tempo storico in cui, potremmo dire con Andy Clark, siamo già naturalmente cyborg , creature tecno-vulnerabili , non più semplici prodotti della tecnologia ma intelligenze emotive complesse inserite in sistemi di vita ibridi e iper-connessi. A dimostrazione di tale tesi avevo scelto la biorobotica e la cultura maker quali casi di studio per la mia relazione. Scopo principale del presente contributo è mettere alla prova l’evidenza empirico-costruttiva di quella tesi. Nella prima parte cercherò di decifrare gli aspetti filosofici di ciò che chiamo l’«esperienza immersiva» nelle tecnologie emergenti (1-5). Ciò fatto, cercherò di capire quali implicazioni ci siano sul piano generale della società, in particolare sulla «fiducia» che ho scelto proprio perché è un’attribuzione trasversale di aspettative che abbraccia sentimenti e valori (6). Alcune considerazioni interlocutorie chiuderanno lo scritto (7).

L’«esperienza immersiva» nelle tecnologie emergenti e sue evidenze sulle forme di «fiducia»

Antonio Carnevale
Conceptualization
2019-01-01

Abstract

Questo saggio costituisce lo sviluppo successivo e ulteriore della relazione tenuta a Roma nel settembre del 2018 al 63° Convegno di Ricerca Filosofica del Centro Studi Filosofici di Gallarate. In quella feconda occasione – per la cui proficuità di spunti, ancora mi sento di ringraziare i partecipanti alla discussione – avevo tentato di sostenere la tesi di una progressiva incorporazione delle basi valoriali dell’etica umana nel processo di innovazione tecnologica. Le tecnologie emergenti, pur nella loro condizione spuria di soluzioni approssimative, ancorché velleitarie o visionarie, a loro modo permeano di peso etico una domanda di assoluta dirompenza per la filosofia morale e politica, ossia quale significato e rappresentazione dare alla vita in un tempo storico in cui, potremmo dire con Andy Clark, siamo già naturalmente cyborg , creature tecno-vulnerabili , non più semplici prodotti della tecnologia ma intelligenze emotive complesse inserite in sistemi di vita ibridi e iper-connessi. A dimostrazione di tale tesi avevo scelto la biorobotica e la cultura maker quali casi di studio per la mia relazione. Scopo principale del presente contributo è mettere alla prova l’evidenza empirico-costruttiva di quella tesi. Nella prima parte cercherò di decifrare gli aspetti filosofici di ciò che chiamo l’«esperienza immersiva» nelle tecnologie emergenti (1-5). Ciò fatto, cercherò di capire quali implicazioni ci siano sul piano generale della società, in particolare sulla «fiducia» che ho scelto proprio perché è un’attribuzione trasversale di aspettative che abbraccia sentimenti e valori (6). Alcune considerazioni interlocutorie chiuderanno lo scritto (7).
2019
9788837233457
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