Nell’ultimo decennio il dibattito sviluppatosi nella società contemporanea intorno ai fattori globali di crisi (economica, ambientale, politica) ha creato numerose spinte sull’impresa che, nella sua veste di “istituzione sociale”, è chiamata ad operare in una prospettiva più ampia in cui gli aspetti economicofinanziari si intrecciano con i riflessi ambientali e sociali. L’idea sempre più condivisa è che l’impresa adotti un “nuovo” approccio alla gestione d’impresa basato sulla “sostenibilità dello sviluppo” e quindi sulla definizione di strategie di lungo termine che garantiscano equità sociale e ambientale. La necessità di rendicontare all’esterno gli impatti complessivi dell’agire aziendale in termini di tutela ambientale, etica, sicurezza sul lavoro, governance e coesione sociale, e di conseguenza, consentire alla platea di stakeholders di comprendere la multidimensionalità delle performance dell’azienda, ha ben presto portato alla diffusione di sistemi, pratiche e modelli di corporate reporting più olistici e integrati. Infatti, l’impegno e la crescente attenzione su attività ispirate al paradigma fondante della Triple Bottom Line, elaborato da Elkington (1994), ha reso necessaria la divulgazione, tanto nel breve quanto nel lungo periodo, di informazioni relative all’ambiente esterno in cui l’organizzazione si trova a dover operare, agli strumenti messi in campo per rispondere ai cambiamenti socio-ambientali e all’effettivo raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità. In un primo momento, la pubblicazione di report più o meno specifici privi di uniformità, e spesso lasciati all’iniziativa volontaria e individuale, ha portato alla diffusione di pratiche di rendicontazione eterogenee non solo da impresa a impresa ma anche da Paese a Paese. Ben presto, però, è emersa la necessità di realizzare un coordinamento ed un sufficiente grado di armonizzazione nella varietà di leggi, regolamenti, Framework e Standards di rendicontazione. Le organizzazioni hanno iniziato a predisporre report di sostenibilità conformi ad un modello globalmente accettato e ad utilizzare un linguaggio omogeneo per comunicare i loro impatti sulle persone e sul pianeta in modo completo e coerente. Nella direzione dell’obbligatorietà della rendicontazione, particolarmente rilevante è la Direttiva 2014/95/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014 sulla comunicazione delle Non-Financial and Diversity Information, recepita in Italia con il D.Lgs. 30 dicembre 2016, n. 254. Si tratta di un intervento normativo che rafforza i comportamenti virtuosi ed aumenta la trasparenza nella comunicazione di informazioni di carattere non finanziario (Dichiarazione Non Finanziaria – DNF). Sempre nella direzione di una maggiore standardizzazione e comparabilità delle informazioni sui temi di sostenibilità, si annovera la proposta di Direttiva Europea (la c.d. Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD) della Commissione europea e supportata dal Global Reporting Initiative (GRI). A questo intervento normativo europeo si affiancano anche la Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR) e la Taxonomy Regulation (TR) i cui temi cruciali sono riconducibili alla produzione di dati e informazioni relative all’approccio adottato dalle imprese per l’integrazione dei rischi e impatti ambientali, sociali e di governance (ESG). Un ulteriore aspetto di rilievo che caratterizza la CSRD è la doppia materialità con la quale si affianca alla materialità finanziaria quella di impatto. In tal modo, le aziende sono tenute a rendicontare su come i fattori ESG influenzano le prestazioni finanziare dell’impresa e, viceversa, su come le attività aziendali impattano sulla società e sull’ambiente in modo da supportare un migliore processo decisionale da parte di investitori e di altre parti interessate. Quanto detto è di estrema importanza nel raggiungimento dell’ambizioso obiettivo europeo di transizione energetica da realizzare entro il 2050 e che impone alle imprese requisiti di trasparenza più stringenti sulla sostenibilità e standards di reporting europei uniformi che possano garantire la comparabilità delle informazioni per i consumatori, i finanziatori e gli investitori. Per raggiungere gli obiettivi fissati nel Green Deal europeo, gli atti normativi adottati dall’UE, oltre a specificare i criteri per le attività economiche e i prodotti finanziari sostenibili, richiedono che queste siano supportate da un’adeguata due diligence per l’identificazione, la prevenzione e l’attenuazione degli impatti sui diritti umani e sull’ambiente legati alle operazioni aziendale e alle catene di valore. Nel tentativo di integrare ulteriormente la sostenibilità nel quadro del governo societario dell’Unione europea, è stata introdotta la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDD) che richiede l’adozione da parte delle aziende di un comportamento sostenibile e responsabile. Per assolvere a tale obbligo, è necessario implementare un processo di Due Diligence che consenta di mostrare gli impatti avversi, potenziali e/o effettivi, delle operazioni aziendali sui diritti umani e sull’ambiente. L’appartenenza a settori di attività diversi, tuttavia, può determinare un differente contenuto informativo che potrebbe inficiarne la comparabilità, per cui, al fine di tener conto delle specificità settoriali, a complemento degli Standards e dei Framework oggigiorno utilizzati per la costruzione di un sistema di rendicontazione più evoluto, si pone il Sustainability Accounting Standards Board (SASB). Si tratta di un’organizzazione no-profit indipendente la cui missione è sviluppare e diffondere Standards contabili che contemplano la triplice dimensione ambientale, sociale e di governance (Environmental, Social, Governance – ESG) specifici del settore così da facilitare la comunicazione tra aziende e investitori su informazioni finanziariamente rilevanti e utili per le decisioni aziendali. Tali informazioni dovrebbero essere pertinenti, affidabili e comparabili tra le aziende su base globale. Quanto detto si traduce in un risparmio di tempo e di costi collegati con la rendicontazione non finanziaria e, al contempo, supporta le imprese nella comunicazione di aspetti ESG finanziariamente rilevanti nel guidare gli stakeholders verso investimenti sostenibili in grado di creare valore e di preservare l’integrità del sistema socio-ecologico, l’equità intra ed intergenerazionale nonché la gestione efficace ed efficiente delle risorse. Alla luce di quanto osservato, il presente volume si propone di analizzare la tendenza delle società ad adottare un’informativa oggettiva basata sugli indicatori settoriali nella definizione dei temi materiali da rendicontare all’interno di una vasta gamma di tematiche ESG e, quindi, di valutare il grado di compliance rispetto alla SASB Materiality Map®. L’intento è quello di valutare come, le organizzazioni aziendali, alla luce del nuovo intervento normativo che propone una revisione della direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario, rispondono all’esigenza di far fronte alla sfida dell’accountability gap, attraverso la rendicontazione di informazioni sulle questioni di sostenibilità che influiscono sul processo di creazione o erosione di valore per l’impresa, nonché di informazioni necessarie alla comprensione dell’impatto delle imprese sulle persone e sull’ambiente. In questo modo, la materialità non è più solo finanziaria (SASB) o solo di impatto (GRI), ma comprensiva di entrambi gli aspetti, in modo da meglio orientare le scelte strategiche di sostenibilità di un’azienda, creando una base solida di considerazioni su impatti, rischi e opportunità. Si vuole, pertanto, rispondere alle seguenti domande di ricerca: RQ1: Individuazione dell’estensione della comunicazione rispetto alle indicazioni contenute nella proposta di CSRD: quanto comunicano le imprese e qual è il contenuto informativo della disclosure sugli aspetti ESG? RQ2: Identificare il livello di adeguamento rispetto alla SASB Materiality Map® delle società quotate italiane: qual è l’approccio delle società italiane quotate nella gestione delle informazioni non finanziarie e la loro capacità di sviluppare un’informativa e una rendicontazione completa e oggettiva adottando un approccio specifico basato sugli indicatori settoriali? Più nel dettaglio, il presente lavoro valuta, in primo luogo, l’estensione della comunicazione non finanziaria sugli aspetti ESG che fornisce agli stakeholders informazioni utili ad orientare, tanto nel breve quanto nel lungo periodo, le azioni da intraprendere per contribuire alla transizione verso una società realmente sostenibile. In seconda istanza, al fine di cogliere i segnali di una progressiva trasformazione culturale innescata dalla rapidissima rivoluzione nello scenario del reporting internazionale e nazionale, è stata condotta un’analisi qualitativa attraverso la quale si esamina l’attitudine delle società verso una rendicontazione completa e oggettiva adottando un approccio specifico basato sugli indicatori settoriali. Più nel dettaglio, si indaga il livello di compliance sui temi materiali rendicontati rispetto alla Materiality Map® del SASB delle società le cui pratiche di reporting sono basate prevalentemente sui GRI Standards. Attraverso questi ultimi, le organizzazioni sono in grado di offrire un linguaggio comune globale per comunicare i loro impatti sulle persone e sul pianeta in modo completo e coerente con le esigenze di tutti gli stakeholders. L’impatto che un’azienda ha sui suoi stakeholders, tuttavia, può anche presentare rischi e opportunità per l’organizzazione stessa, comprese le implicazioni per la performance finanziaria di un’azienda e la creazione di valore nel lungo termine. Il SASB si concentra su questa connessione tra imprese e investitori, sugli impatti finanziari della sostenibilità e, in particolare, su come le questioni di sostenibilità specifiche del settore possano creare o erodere il valore dell’impresa. Successivamente, si indaga, anche, se le società, che si impegnano a fornire una comunicazione trasparente sul loro comportamento socialmente responsabile e sull’impegno a rispettare gli standards etici, ne traggono benefici dal punto di vista operativo, finanziario e reputazionale. Coerentemente con i citati obiettivi, il lavoro è suddiviso in tre capitoli. Più in dettaglio, nel primo capitolo sono state trattate le tematiche fondamentali in tema di sostenibilità e di Responsabilità Sociale di Impresa (RSI) o Corporate Social Responsibility (CSR) considerata la rilevanza di quest’ultima nel contribuire a conseguire l’obiettivo formulato dal Consiglio europeo di Lisbona di fare dell’Unione europea “l’economia della conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo, capace di una crescita economica sostenibile accompagnata da un miglioramento quantitativo e qualitativo dell’occupazione e di una maggiore coesione sociale” 2. Dopo aver affrontato l’evoluzione e gli aspetti fondanti, l’analisi della CSR è stata declinata anche in termini di rilevanza strategica sottolineando come l’adozione di pratiche di responsabilità sociale non rappresenta più il mero rispetto di leggi e regole di comportamento passivamente volte a non danneggiare l’immagine aziendale, ma una leva strategica in cui l’obiettivo è la creazione di valore in senso ampio e che, pertanto, coniuga la necessità di miglioramento delle performance finanziarie con la sostenibilità sociale ed ambientale. Il secondo capitolo esamina le principali teorie che supportano le motivazioni alla base del comportamento dei manager nella diffusione delle informazioni non finanziarie. Sebbene la maggior parte delle teorie convergono nel considerare l’integrazione tra rendicontazione finanziaria e rendicontazione non finanziaria come uno strumento per rafforzare la reputazione, l’identità e la legittimità dell’azienda, differiscono circa l’interpretazione del processo decisionale che spinge gli organi di vertice aziendale alla divulgazione di informazioni qualitative. Il terzo capitolo illustra i principali strumenti di rendicontazione non finanziaria e ne delinea il processo evolutivo. Se all’inizio la comunicazione non finanziaria era rimessa alla volontà di ciascuna organizzazione, di recente, essendo sempre più considerata un elemento integrativo delle informazioni strategiche e finanziarie, con la Direttiva 2014/95/UE a livello comunitario (Non-Financial Reporting Directive – NFRD), e con i successivi atti di recepimento a livello nazionale (D.Lgs. 30 dicembre 2016, n. 254), è stato disciplinato il contenuto informativo minimo obbligatorio della comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni (Dichiarazione non finanziaria – DNF). Infine, il quarto capitolo analizza l’orientamento di un campione di società italiane, quotate sul Mercato Telematico Azionario – MTA (Euronext Milan dal 25 ottobre 2021) e obbligate a redigere la DNF, a rendicontare informazioni su temi di materialità specifici per settore (sector specific) oltre che generali (sector agnostic) così da associare una materialità di impatto a quella finanziaria valutando, altresì, il grado di allineamento delle società analizzate rispetto alla trasformazione culturale in atto con la predisposizione degli European Sustainability Reporting Standards (ESRS) da parte dell’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG). Lo strumento metodologico utilizzato è quello della content analysis. Quest’ultima ha portato, anche, alla costruzione di uno score qualitativo cumulativo (ESGD) su 37 items di sostenibilità raggruppati in tre categorie informative e relative all’area ambientale, sociale e di governance. Lo score cumulativo (ESGD), e la sua scomposizione nei relativi tre sotto punteggi relativi all’area ambientale (EDS), sociale (SDS) e di governance (GDS), sono stati successivamente utilizzati come variabile esplicativa dell’analisi econometrica, finalizzata a testare la relazione pratiche ESG e performance aziendale. La relazione è stata indagata utilizzando un approccio econometrico su dati panel nel periodo 2019-2021 e diretta a testare le seguenti ipotesi di ricerca: H1: Il livello di informativa ESG influenza positivamente la redditività dell’impresa H2: Il livello di informativa ESG influenza positivamente il valore di mercato dell’impresa
La rendicontazione non finanziaria e la misura dei fattori di sostenibilità. Profili teorici e prospettive future
Graziana Galeone
2023-01-01
Abstract
Nell’ultimo decennio il dibattito sviluppatosi nella società contemporanea intorno ai fattori globali di crisi (economica, ambientale, politica) ha creato numerose spinte sull’impresa che, nella sua veste di “istituzione sociale”, è chiamata ad operare in una prospettiva più ampia in cui gli aspetti economicofinanziari si intrecciano con i riflessi ambientali e sociali. L’idea sempre più condivisa è che l’impresa adotti un “nuovo” approccio alla gestione d’impresa basato sulla “sostenibilità dello sviluppo” e quindi sulla definizione di strategie di lungo termine che garantiscano equità sociale e ambientale. La necessità di rendicontare all’esterno gli impatti complessivi dell’agire aziendale in termini di tutela ambientale, etica, sicurezza sul lavoro, governance e coesione sociale, e di conseguenza, consentire alla platea di stakeholders di comprendere la multidimensionalità delle performance dell’azienda, ha ben presto portato alla diffusione di sistemi, pratiche e modelli di corporate reporting più olistici e integrati. Infatti, l’impegno e la crescente attenzione su attività ispirate al paradigma fondante della Triple Bottom Line, elaborato da Elkington (1994), ha reso necessaria la divulgazione, tanto nel breve quanto nel lungo periodo, di informazioni relative all’ambiente esterno in cui l’organizzazione si trova a dover operare, agli strumenti messi in campo per rispondere ai cambiamenti socio-ambientali e all’effettivo raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità. In un primo momento, la pubblicazione di report più o meno specifici privi di uniformità, e spesso lasciati all’iniziativa volontaria e individuale, ha portato alla diffusione di pratiche di rendicontazione eterogenee non solo da impresa a impresa ma anche da Paese a Paese. Ben presto, però, è emersa la necessità di realizzare un coordinamento ed un sufficiente grado di armonizzazione nella varietà di leggi, regolamenti, Framework e Standards di rendicontazione. Le organizzazioni hanno iniziato a predisporre report di sostenibilità conformi ad un modello globalmente accettato e ad utilizzare un linguaggio omogeneo per comunicare i loro impatti sulle persone e sul pianeta in modo completo e coerente. Nella direzione dell’obbligatorietà della rendicontazione, particolarmente rilevante è la Direttiva 2014/95/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014 sulla comunicazione delle Non-Financial and Diversity Information, recepita in Italia con il D.Lgs. 30 dicembre 2016, n. 254. Si tratta di un intervento normativo che rafforza i comportamenti virtuosi ed aumenta la trasparenza nella comunicazione di informazioni di carattere non finanziario (Dichiarazione Non Finanziaria – DNF). Sempre nella direzione di una maggiore standardizzazione e comparabilità delle informazioni sui temi di sostenibilità, si annovera la proposta di Direttiva Europea (la c.d. Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD) della Commissione europea e supportata dal Global Reporting Initiative (GRI). A questo intervento normativo europeo si affiancano anche la Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR) e la Taxonomy Regulation (TR) i cui temi cruciali sono riconducibili alla produzione di dati e informazioni relative all’approccio adottato dalle imprese per l’integrazione dei rischi e impatti ambientali, sociali e di governance (ESG). Un ulteriore aspetto di rilievo che caratterizza la CSRD è la doppia materialità con la quale si affianca alla materialità finanziaria quella di impatto. In tal modo, le aziende sono tenute a rendicontare su come i fattori ESG influenzano le prestazioni finanziare dell’impresa e, viceversa, su come le attività aziendali impattano sulla società e sull’ambiente in modo da supportare un migliore processo decisionale da parte di investitori e di altre parti interessate. Quanto detto è di estrema importanza nel raggiungimento dell’ambizioso obiettivo europeo di transizione energetica da realizzare entro il 2050 e che impone alle imprese requisiti di trasparenza più stringenti sulla sostenibilità e standards di reporting europei uniformi che possano garantire la comparabilità delle informazioni per i consumatori, i finanziatori e gli investitori. Per raggiungere gli obiettivi fissati nel Green Deal europeo, gli atti normativi adottati dall’UE, oltre a specificare i criteri per le attività economiche e i prodotti finanziari sostenibili, richiedono che queste siano supportate da un’adeguata due diligence per l’identificazione, la prevenzione e l’attenuazione degli impatti sui diritti umani e sull’ambiente legati alle operazioni aziendale e alle catene di valore. Nel tentativo di integrare ulteriormente la sostenibilità nel quadro del governo societario dell’Unione europea, è stata introdotta la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDD) che richiede l’adozione da parte delle aziende di un comportamento sostenibile e responsabile. Per assolvere a tale obbligo, è necessario implementare un processo di Due Diligence che consenta di mostrare gli impatti avversi, potenziali e/o effettivi, delle operazioni aziendali sui diritti umani e sull’ambiente. L’appartenenza a settori di attività diversi, tuttavia, può determinare un differente contenuto informativo che potrebbe inficiarne la comparabilità, per cui, al fine di tener conto delle specificità settoriali, a complemento degli Standards e dei Framework oggigiorno utilizzati per la costruzione di un sistema di rendicontazione più evoluto, si pone il Sustainability Accounting Standards Board (SASB). Si tratta di un’organizzazione no-profit indipendente la cui missione è sviluppare e diffondere Standards contabili che contemplano la triplice dimensione ambientale, sociale e di governance (Environmental, Social, Governance – ESG) specifici del settore così da facilitare la comunicazione tra aziende e investitori su informazioni finanziariamente rilevanti e utili per le decisioni aziendali. Tali informazioni dovrebbero essere pertinenti, affidabili e comparabili tra le aziende su base globale. Quanto detto si traduce in un risparmio di tempo e di costi collegati con la rendicontazione non finanziaria e, al contempo, supporta le imprese nella comunicazione di aspetti ESG finanziariamente rilevanti nel guidare gli stakeholders verso investimenti sostenibili in grado di creare valore e di preservare l’integrità del sistema socio-ecologico, l’equità intra ed intergenerazionale nonché la gestione efficace ed efficiente delle risorse. Alla luce di quanto osservato, il presente volume si propone di analizzare la tendenza delle società ad adottare un’informativa oggettiva basata sugli indicatori settoriali nella definizione dei temi materiali da rendicontare all’interno di una vasta gamma di tematiche ESG e, quindi, di valutare il grado di compliance rispetto alla SASB Materiality Map®. L’intento è quello di valutare come, le organizzazioni aziendali, alla luce del nuovo intervento normativo che propone una revisione della direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario, rispondono all’esigenza di far fronte alla sfida dell’accountability gap, attraverso la rendicontazione di informazioni sulle questioni di sostenibilità che influiscono sul processo di creazione o erosione di valore per l’impresa, nonché di informazioni necessarie alla comprensione dell’impatto delle imprese sulle persone e sull’ambiente. In questo modo, la materialità non è più solo finanziaria (SASB) o solo di impatto (GRI), ma comprensiva di entrambi gli aspetti, in modo da meglio orientare le scelte strategiche di sostenibilità di un’azienda, creando una base solida di considerazioni su impatti, rischi e opportunità. Si vuole, pertanto, rispondere alle seguenti domande di ricerca: RQ1: Individuazione dell’estensione della comunicazione rispetto alle indicazioni contenute nella proposta di CSRD: quanto comunicano le imprese e qual è il contenuto informativo della disclosure sugli aspetti ESG? RQ2: Identificare il livello di adeguamento rispetto alla SASB Materiality Map® delle società quotate italiane: qual è l’approccio delle società italiane quotate nella gestione delle informazioni non finanziarie e la loro capacità di sviluppare un’informativa e una rendicontazione completa e oggettiva adottando un approccio specifico basato sugli indicatori settoriali? Più nel dettaglio, il presente lavoro valuta, in primo luogo, l’estensione della comunicazione non finanziaria sugli aspetti ESG che fornisce agli stakeholders informazioni utili ad orientare, tanto nel breve quanto nel lungo periodo, le azioni da intraprendere per contribuire alla transizione verso una società realmente sostenibile. In seconda istanza, al fine di cogliere i segnali di una progressiva trasformazione culturale innescata dalla rapidissima rivoluzione nello scenario del reporting internazionale e nazionale, è stata condotta un’analisi qualitativa attraverso la quale si esamina l’attitudine delle società verso una rendicontazione completa e oggettiva adottando un approccio specifico basato sugli indicatori settoriali. Più nel dettaglio, si indaga il livello di compliance sui temi materiali rendicontati rispetto alla Materiality Map® del SASB delle società le cui pratiche di reporting sono basate prevalentemente sui GRI Standards. Attraverso questi ultimi, le organizzazioni sono in grado di offrire un linguaggio comune globale per comunicare i loro impatti sulle persone e sul pianeta in modo completo e coerente con le esigenze di tutti gli stakeholders. L’impatto che un’azienda ha sui suoi stakeholders, tuttavia, può anche presentare rischi e opportunità per l’organizzazione stessa, comprese le implicazioni per la performance finanziaria di un’azienda e la creazione di valore nel lungo termine. Il SASB si concentra su questa connessione tra imprese e investitori, sugli impatti finanziari della sostenibilità e, in particolare, su come le questioni di sostenibilità specifiche del settore possano creare o erodere il valore dell’impresa. Successivamente, si indaga, anche, se le società, che si impegnano a fornire una comunicazione trasparente sul loro comportamento socialmente responsabile e sull’impegno a rispettare gli standards etici, ne traggono benefici dal punto di vista operativo, finanziario e reputazionale. Coerentemente con i citati obiettivi, il lavoro è suddiviso in tre capitoli. Più in dettaglio, nel primo capitolo sono state trattate le tematiche fondamentali in tema di sostenibilità e di Responsabilità Sociale di Impresa (RSI) o Corporate Social Responsibility (CSR) considerata la rilevanza di quest’ultima nel contribuire a conseguire l’obiettivo formulato dal Consiglio europeo di Lisbona di fare dell’Unione europea “l’economia della conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo, capace di una crescita economica sostenibile accompagnata da un miglioramento quantitativo e qualitativo dell’occupazione e di una maggiore coesione sociale” 2. Dopo aver affrontato l’evoluzione e gli aspetti fondanti, l’analisi della CSR è stata declinata anche in termini di rilevanza strategica sottolineando come l’adozione di pratiche di responsabilità sociale non rappresenta più il mero rispetto di leggi e regole di comportamento passivamente volte a non danneggiare l’immagine aziendale, ma una leva strategica in cui l’obiettivo è la creazione di valore in senso ampio e che, pertanto, coniuga la necessità di miglioramento delle performance finanziarie con la sostenibilità sociale ed ambientale. Il secondo capitolo esamina le principali teorie che supportano le motivazioni alla base del comportamento dei manager nella diffusione delle informazioni non finanziarie. Sebbene la maggior parte delle teorie convergono nel considerare l’integrazione tra rendicontazione finanziaria e rendicontazione non finanziaria come uno strumento per rafforzare la reputazione, l’identità e la legittimità dell’azienda, differiscono circa l’interpretazione del processo decisionale che spinge gli organi di vertice aziendale alla divulgazione di informazioni qualitative. Il terzo capitolo illustra i principali strumenti di rendicontazione non finanziaria e ne delinea il processo evolutivo. Se all’inizio la comunicazione non finanziaria era rimessa alla volontà di ciascuna organizzazione, di recente, essendo sempre più considerata un elemento integrativo delle informazioni strategiche e finanziarie, con la Direttiva 2014/95/UE a livello comunitario (Non-Financial Reporting Directive – NFRD), e con i successivi atti di recepimento a livello nazionale (D.Lgs. 30 dicembre 2016, n. 254), è stato disciplinato il contenuto informativo minimo obbligatorio della comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni (Dichiarazione non finanziaria – DNF). Infine, il quarto capitolo analizza l’orientamento di un campione di società italiane, quotate sul Mercato Telematico Azionario – MTA (Euronext Milan dal 25 ottobre 2021) e obbligate a redigere la DNF, a rendicontare informazioni su temi di materialità specifici per settore (sector specific) oltre che generali (sector agnostic) così da associare una materialità di impatto a quella finanziaria valutando, altresì, il grado di allineamento delle società analizzate rispetto alla trasformazione culturale in atto con la predisposizione degli European Sustainability Reporting Standards (ESRS) da parte dell’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG). Lo strumento metodologico utilizzato è quello della content analysis. Quest’ultima ha portato, anche, alla costruzione di uno score qualitativo cumulativo (ESGD) su 37 items di sostenibilità raggruppati in tre categorie informative e relative all’area ambientale, sociale e di governance. Lo score cumulativo (ESGD), e la sua scomposizione nei relativi tre sotto punteggi relativi all’area ambientale (EDS), sociale (SDS) e di governance (GDS), sono stati successivamente utilizzati come variabile esplicativa dell’analisi econometrica, finalizzata a testare la relazione pratiche ESG e performance aziendale. La relazione è stata indagata utilizzando un approccio econometrico su dati panel nel periodo 2019-2021 e diretta a testare le seguenti ipotesi di ricerca: H1: Il livello di informativa ESG influenza positivamente la redditività dell’impresa H2: Il livello di informativa ESG influenza positivamente il valore di mercato dell’impresaFile | Dimensione | Formato | |
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