Il discorso cinematografico ha spesso valicato i confini dell’editoria di settore, invadendo le pagine dei quotidiani o dei periodici generalisti. Se numerose riflessioni sono già state compiute in relazione al rapporto tra settima arte e riviste femminili, più recenti e meno prolifici sono invece gli studi dedicati ai rotocalchi a target maschile, i quali non escludono ugualmente rubriche di critica o di approfondimento di carattere cinematografico. Fin dagli anni Sessanta, anche in Italia testate come Cinesex e Cinestop hanno infatti dedicato spazi – seppur limitati – ai film in uscita, recensendoli o promuovendoli. Partendo da questi presupposti, il saggio mira ad analizzare la rubrica di critica presente su uno dei primi periodici pensati esclusivamente per il genere maschile: BigFilm. La testata, nata in Italia nel 1970, ha dal suo esordio accordato una particolare attenzione al mondo del cinema, sfruttando quel modello di critica quotidianista la cui funzione divulgativa ambisce, secondo Claudio Bisoni, ad un consumo vasto e popolare. Esaminando i fascicoli distribuiti fino al 1975 (anno dell’ultima pubblicazione), si identificheranno quindi le linee guida che hanno caratterizzato i vari articoli di interesse cinematografico. Indagando dettagliatamente BigFilm ma non rinunciando a confronti con rotocalchi coevi quali i già citati Cinesex e Cinestop, lo studio rifletterà pertanto sulla tipologia di lungometraggi recensiti o pubblicizzati, tentando di capire le logiche che ne hanno motivato la selezione e le modalità attraverso le quali sono stati discussi. Confrontandosi inoltre con una serie di studi riconducibili all’ambito dei men’s studies anglofoni (Robert W. Connell, David D. Gilmore) e italiani (Sandro Bellassai, Federico Boni), verrà avanzata l’ipotesi di una connessione tra questa particolare declinazione del discorso cinematografico ed il concetto di mascolinità tradizionale tacitamente intrinseco alla politica editoriale della rivista stessa.
La critica cinematografica nelle riviste maschili. Il caso di Big Film
Landrini, Gabriele
2019-01-01
Abstract
Il discorso cinematografico ha spesso valicato i confini dell’editoria di settore, invadendo le pagine dei quotidiani o dei periodici generalisti. Se numerose riflessioni sono già state compiute in relazione al rapporto tra settima arte e riviste femminili, più recenti e meno prolifici sono invece gli studi dedicati ai rotocalchi a target maschile, i quali non escludono ugualmente rubriche di critica o di approfondimento di carattere cinematografico. Fin dagli anni Sessanta, anche in Italia testate come Cinesex e Cinestop hanno infatti dedicato spazi – seppur limitati – ai film in uscita, recensendoli o promuovendoli. Partendo da questi presupposti, il saggio mira ad analizzare la rubrica di critica presente su uno dei primi periodici pensati esclusivamente per il genere maschile: BigFilm. La testata, nata in Italia nel 1970, ha dal suo esordio accordato una particolare attenzione al mondo del cinema, sfruttando quel modello di critica quotidianista la cui funzione divulgativa ambisce, secondo Claudio Bisoni, ad un consumo vasto e popolare. Esaminando i fascicoli distribuiti fino al 1975 (anno dell’ultima pubblicazione), si identificheranno quindi le linee guida che hanno caratterizzato i vari articoli di interesse cinematografico. Indagando dettagliatamente BigFilm ma non rinunciando a confronti con rotocalchi coevi quali i già citati Cinesex e Cinestop, lo studio rifletterà pertanto sulla tipologia di lungometraggi recensiti o pubblicizzati, tentando di capire le logiche che ne hanno motivato la selezione e le modalità attraverso le quali sono stati discussi. Confrontandosi inoltre con una serie di studi riconducibili all’ambito dei men’s studies anglofoni (Robert W. Connell, David D. Gilmore) e italiani (Sandro Bellassai, Federico Boni), verrà avanzata l’ipotesi di una connessione tra questa particolare declinazione del discorso cinematografico ed il concetto di mascolinità tradizionale tacitamente intrinseco alla politica editoriale della rivista stessa.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.