Uscito incompiuto a quasi diciassette anni dalla morte di Pasolini, Petrolio è un libro bulimico e iperletterario, che fagocita assieme i classici della letteratura di ogni tempo e le ricostruzioni giornalistiche più borderline allo scopo di allestire un moderno “poema sul potere”, un’allegoria delle intricate trame tra politica, finanza e criminalità comune ed eccellente nel Belpaese. Ne viene fuori un “qualcosa di scritto” che, atteggiandosi al modello medievale del palinsesto, ha come unico punto di riferimento l’inconfondibile voce del “corsaro”. Forte del suo proverbiale genio polemico e “decostruente”, questi promuove una frenetica opera di riscrittura che innerva il libro su più livelli, da quello metanarrativo a quello intertestuale, instaurando un canone parodico e a-convenzionale che mette in crisi la logica “neoedonistica” della pièce bien faite mediante la “rivoluzione permanente” della forma. Petrolio è una scrittura inquieta e sognante, animata da una intelligenza luciferina che trascende tutti i modelli che sceglie di imitare e deroga sistematicamente da quelle stesse norme che seguita con ostinazione a istituire, quasi cercasse scientemente di disinnescare tutti i “possibili” letterari. Questo inaudito sacrificio di segni, tuttavia, non è affatto una ostentazione di pur ragguardevoli abilità critiche o manieristiche: piuttosto è un tentativo estremo e quasi “luddistico” di sabotare la macchinale autonomia estetico-formale che l’opera letteraria rischia di acquisire nell’età delle merci, estendendo così la pasoliniana lotta contro l’omologazione culturale a un dominio squisitamente artistico e informale.
L’opera che brucia. La riscrittura permanente di “Petrolio"
Altamura G
2014-01-01
Abstract
Uscito incompiuto a quasi diciassette anni dalla morte di Pasolini, Petrolio è un libro bulimico e iperletterario, che fagocita assieme i classici della letteratura di ogni tempo e le ricostruzioni giornalistiche più borderline allo scopo di allestire un moderno “poema sul potere”, un’allegoria delle intricate trame tra politica, finanza e criminalità comune ed eccellente nel Belpaese. Ne viene fuori un “qualcosa di scritto” che, atteggiandosi al modello medievale del palinsesto, ha come unico punto di riferimento l’inconfondibile voce del “corsaro”. Forte del suo proverbiale genio polemico e “decostruente”, questi promuove una frenetica opera di riscrittura che innerva il libro su più livelli, da quello metanarrativo a quello intertestuale, instaurando un canone parodico e a-convenzionale che mette in crisi la logica “neoedonistica” della pièce bien faite mediante la “rivoluzione permanente” della forma. Petrolio è una scrittura inquieta e sognante, animata da una intelligenza luciferina che trascende tutti i modelli che sceglie di imitare e deroga sistematicamente da quelle stesse norme che seguita con ostinazione a istituire, quasi cercasse scientemente di disinnescare tutti i “possibili” letterari. Questo inaudito sacrificio di segni, tuttavia, non è affatto una ostentazione di pur ragguardevoli abilità critiche o manieristiche: piuttosto è un tentativo estremo e quasi “luddistico” di sabotare la macchinale autonomia estetico-formale che l’opera letteraria rischia di acquisire nell’età delle merci, estendendo così la pasoliniana lotta contro l’omologazione culturale a un dominio squisitamente artistico e informale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.