La ricerca antropologico-filosofica di Günther Anders rileva la “discrepanza” tra l’umano e i suoi prodotti, che siano tecno-oggetti oppure accadimenti, a confronto dei quali esperiamo il sovraliminale della dismisura e della “vergogna prometeica”. Da ciò consegue l'inadeguatezza a comprenderli, che spinge verso l’imprescindibilità dello “sviluppo della fantasia morale” tramite una grammatica sentimentale ed emotiva che tenti di colmare il desolante divario che rende obsoleta l’umanità. Tale percezione di non disporre di facoltà all’altezza del compito ermeneutico cui sono chiamati gli esseri umani dinanzi alle manifestazioni dell’“estremo” che essi stessi producono, accomuna il punto di vista andersiano a quello di Hannah Arendt: per entrambi soltanto l’innesto tra un uso metodologicamente accorto del “paradigma esemplarista” (che si concretizza per il primo in Eatherly, per la seconda in Eichmann) e una spiccata plasticità percettiva, immaginativa e affettiva, può generare, nelle aride stagioni dell’anestetizzazione morale globale, quell’indispensabile esercizio interpretativo che ci rende capaci di immedesimarci nell’esperienza altrui per immaginarla e comprenderla.
Alfabetizzazione sentimentale e immaginazione empatica: Günther Anders e Hannah Arendt
Francesca R. Recchia Luciani
2023-01-01
Abstract
La ricerca antropologico-filosofica di Günther Anders rileva la “discrepanza” tra l’umano e i suoi prodotti, che siano tecno-oggetti oppure accadimenti, a confronto dei quali esperiamo il sovraliminale della dismisura e della “vergogna prometeica”. Da ciò consegue l'inadeguatezza a comprenderli, che spinge verso l’imprescindibilità dello “sviluppo della fantasia morale” tramite una grammatica sentimentale ed emotiva che tenti di colmare il desolante divario che rende obsoleta l’umanità. Tale percezione di non disporre di facoltà all’altezza del compito ermeneutico cui sono chiamati gli esseri umani dinanzi alle manifestazioni dell’“estremo” che essi stessi producono, accomuna il punto di vista andersiano a quello di Hannah Arendt: per entrambi soltanto l’innesto tra un uso metodologicamente accorto del “paradigma esemplarista” (che si concretizza per il primo in Eatherly, per la seconda in Eichmann) e una spiccata plasticità percettiva, immaginativa e affettiva, può generare, nelle aride stagioni dell’anestetizzazione morale globale, quell’indispensabile esercizio interpretativo che ci rende capaci di immedesimarci nell’esperienza altrui per immaginarla e comprenderla.File | Dimensione | Formato | |
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