Obiettivo di questa pubblicazione è l’approfondimento dell’esame della politica estera italiana negli anni del centro-sinistra organico, dal 1963 al 1968, secondo la prospettiva di Aldo Moro, presidente del Consiglio in quel periodo. Gli anni della legislatura di centro-sinistra videro una ricchezza ed una eterogeneità inedita di protagonisti della politica estera italiana. Oltre a Moro, è doveroso ricordare la forte personalità del suo collega di partito Amintore Fanfani, ministro degli Esteri quasi ininterrottamente dal marzo 1965 al giugno 1968, il vice presidente del Consiglio Pietro Nenni (PSI) e il socialdemocratico Giuseppe Saragat, anch’egli alla guida della diplomazia italiana dal dicembre 1963 al dicembre 1964 e, poi, presidente della Repubblica. Ciò impresse alla politica estera italiana un carattere dialettico, che sfiorò, in alcuni casi, l’aspra conflittualità, un rischio evitato grazie alla infaticabile opera di mediazione di Aldo Moro. Semplificando di molto, si può dire che la politica estera italiana negli anni del centro-sinistra organico può essere sintetizzata nello slogan, coniato dallo stesso Moro, di «pace nella sicurezza». Da una parte, infatti, il governo di Roma cercò di dare il proprio contributo alla «distensione» internazionale, come è dimostrato dai tentativi di mediazione esperiti dalla diplomazia italiana nel conflitto nel Sud-Est asiatico, in Medio Oriente, dilaniato in quel periodo dalla Guerra dei Sei Giorni, ma anche dall’opera di riavvicinamento al blocco comunista e dai tentativi di porre a conclusione le controversie che ancora dividevano l’Italia da due suoi vicini, l’Austria, con cui rimaneva aperto il contenzioso in merito all’Alto Adige, e la Jugoslavia, per quel che riguardava il cosiddetto Territorio Libero di Trieste. La persistenza di un sistema internazionale imperniato su due grandi blocchi rendeva inscindibile il concetto di pace o di «distensione» da quello di sicurezza. Moro intuì bene questo legame ed operò in modo consapevole a favore del mantenimento dello statu quo per ciò che riguardava le alleanze e le organizzazioni internazionali e sovranazionali alle quali l’Italia partecipava con convinzione. Il governo di Roma si impegnò per impedire la disgregazione della Comunità Economica Europea e della NATO, minacciate dalle crisi provocate dalla Francia di De Gaulle nel biennio 1965-66 e per dare nuovo slancio all’opera dell’ONU, cercando di favorire anche l’ammissione della Cina popolare, esaltando così il carattere di universalità dell’organizzazione.
Aldo Moro e la pace nella sicurezza. La politica estera del centro-sinistra 1963-1968
IMPERATO F
2011-01-01
Abstract
Obiettivo di questa pubblicazione è l’approfondimento dell’esame della politica estera italiana negli anni del centro-sinistra organico, dal 1963 al 1968, secondo la prospettiva di Aldo Moro, presidente del Consiglio in quel periodo. Gli anni della legislatura di centro-sinistra videro una ricchezza ed una eterogeneità inedita di protagonisti della politica estera italiana. Oltre a Moro, è doveroso ricordare la forte personalità del suo collega di partito Amintore Fanfani, ministro degli Esteri quasi ininterrottamente dal marzo 1965 al giugno 1968, il vice presidente del Consiglio Pietro Nenni (PSI) e il socialdemocratico Giuseppe Saragat, anch’egli alla guida della diplomazia italiana dal dicembre 1963 al dicembre 1964 e, poi, presidente della Repubblica. Ciò impresse alla politica estera italiana un carattere dialettico, che sfiorò, in alcuni casi, l’aspra conflittualità, un rischio evitato grazie alla infaticabile opera di mediazione di Aldo Moro. Semplificando di molto, si può dire che la politica estera italiana negli anni del centro-sinistra organico può essere sintetizzata nello slogan, coniato dallo stesso Moro, di «pace nella sicurezza». Da una parte, infatti, il governo di Roma cercò di dare il proprio contributo alla «distensione» internazionale, come è dimostrato dai tentativi di mediazione esperiti dalla diplomazia italiana nel conflitto nel Sud-Est asiatico, in Medio Oriente, dilaniato in quel periodo dalla Guerra dei Sei Giorni, ma anche dall’opera di riavvicinamento al blocco comunista e dai tentativi di porre a conclusione le controversie che ancora dividevano l’Italia da due suoi vicini, l’Austria, con cui rimaneva aperto il contenzioso in merito all’Alto Adige, e la Jugoslavia, per quel che riguardava il cosiddetto Territorio Libero di Trieste. La persistenza di un sistema internazionale imperniato su due grandi blocchi rendeva inscindibile il concetto di pace o di «distensione» da quello di sicurezza. Moro intuì bene questo legame ed operò in modo consapevole a favore del mantenimento dello statu quo per ciò che riguardava le alleanze e le organizzazioni internazionali e sovranazionali alle quali l’Italia partecipava con convinzione. Il governo di Roma si impegnò per impedire la disgregazione della Comunità Economica Europea e della NATO, minacciate dalle crisi provocate dalla Francia di De Gaulle nel biennio 1965-66 e per dare nuovo slancio all’opera dell’ONU, cercando di favorire anche l’ammissione della Cina popolare, esaltando così il carattere di universalità dell’organizzazione.File | Dimensione | Formato | |
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