Questo libro riprende il filo di una precedente pubblicazione dell’autore su "L’Italia e la questione mediorientale 1947-1953" (2019) e lo conduce sino alla “guerra dei sei giorni”, nel 1967. Gli anni del secondo dopoguerra videro un progressivo definirsi della contesa fra le culture liberaldemocratica e comunista, che portò alla formazione dei Blocchi contrapposti e all’avvio della Guerra fredda. In questo scenario di tensioni internazionali – il cui primo esito fu la guerra in Corea – gli Stati del Medio Oriente videro una prima affermazione di posizioni di neutralità, di “equidistanza”, che ben presto furono abbandonate, in ragione degli equilibri interni assunti nel tempo dalle vecchie e nuove realtà statuali di quell’area. Dalla nascita dello Stato di Israele nel 1948, e per il trentennio successivo, il Medio Oriente entrò nel sistema di contrapposizioni politiche, ideologiche ed economiche delle grandi potenze. A quelle devono aggiungersi – assumendo un carattere prevalente – i contrasti interni all’area afro-asiatica, con la sopravvivenza di Stati monarchici di antica tradizione semi-feudale e la nascita di nuovi Stati, a seguito di sollevazioni militari e del consolidarsi di nuove borghesie del commercio internazionale. Si affermano forti personalità politiche come Burghiba, Chamoun, Nasser, Hussein, Boumédiènne, Gemayel, Reza Pahlevi, ai quali, per altri versi, si aggiungono Golda Meir, Arafat, Habbash. Si intrecciano, quindi, diverse ragioni che resero il Medio Oriente un’area di forte instabilità politica e campo d’azione degli Stati appartenenti ai Blocchi contrapposti, impegnati in un “concorrenziale” sostegno sul piano economico e della fornitura di armamenti. E tuttavia, la Guerra fredda, che si dispiegò anche nel Vicino e Medio Oriente, fu soprattutto conflittualità fra gli Stati di quell’area e all’interno degli stessi, con gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica cauti partecipi, timorosi per il possibile avvio di una terza guerra mondiale. In questo scenario di continue fibrillazioni nei rapporti fra gli Stati arabi – per i quali il richiamo all’“Unità araba” contro l’“imperialismo” occidentale finì per essere soltanto un tema di contingente mobilitazione politico-propagandistica –, la questione di Israele, i contrasti con le Società petrolifere internazionali – aggravati dalle successive e drastiche azioni di nazionalizzazione – e la nascita di numerose e spesso contrapposte formazioni della guerriglia palestinese, reclamanti la cancellazione dello Stato di Israele, determinarono il passaggio da una guerra “fredda” ad una logorante guerra “strisciante”, destinata a divenire guerra “guerreggiata” nel 1967.
Guerra fredda in Medio Oriente (1953-1967). La stampa italiana e internazionale
Michele Donno
2023-01-01
Abstract
Questo libro riprende il filo di una precedente pubblicazione dell’autore su "L’Italia e la questione mediorientale 1947-1953" (2019) e lo conduce sino alla “guerra dei sei giorni”, nel 1967. Gli anni del secondo dopoguerra videro un progressivo definirsi della contesa fra le culture liberaldemocratica e comunista, che portò alla formazione dei Blocchi contrapposti e all’avvio della Guerra fredda. In questo scenario di tensioni internazionali – il cui primo esito fu la guerra in Corea – gli Stati del Medio Oriente videro una prima affermazione di posizioni di neutralità, di “equidistanza”, che ben presto furono abbandonate, in ragione degli equilibri interni assunti nel tempo dalle vecchie e nuove realtà statuali di quell’area. Dalla nascita dello Stato di Israele nel 1948, e per il trentennio successivo, il Medio Oriente entrò nel sistema di contrapposizioni politiche, ideologiche ed economiche delle grandi potenze. A quelle devono aggiungersi – assumendo un carattere prevalente – i contrasti interni all’area afro-asiatica, con la sopravvivenza di Stati monarchici di antica tradizione semi-feudale e la nascita di nuovi Stati, a seguito di sollevazioni militari e del consolidarsi di nuove borghesie del commercio internazionale. Si affermano forti personalità politiche come Burghiba, Chamoun, Nasser, Hussein, Boumédiènne, Gemayel, Reza Pahlevi, ai quali, per altri versi, si aggiungono Golda Meir, Arafat, Habbash. Si intrecciano, quindi, diverse ragioni che resero il Medio Oriente un’area di forte instabilità politica e campo d’azione degli Stati appartenenti ai Blocchi contrapposti, impegnati in un “concorrenziale” sostegno sul piano economico e della fornitura di armamenti. E tuttavia, la Guerra fredda, che si dispiegò anche nel Vicino e Medio Oriente, fu soprattutto conflittualità fra gli Stati di quell’area e all’interno degli stessi, con gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica cauti partecipi, timorosi per il possibile avvio di una terza guerra mondiale. In questo scenario di continue fibrillazioni nei rapporti fra gli Stati arabi – per i quali il richiamo all’“Unità araba” contro l’“imperialismo” occidentale finì per essere soltanto un tema di contingente mobilitazione politico-propagandistica –, la questione di Israele, i contrasti con le Società petrolifere internazionali – aggravati dalle successive e drastiche azioni di nazionalizzazione – e la nascita di numerose e spesso contrapposte formazioni della guerriglia palestinese, reclamanti la cancellazione dello Stato di Israele, determinarono il passaggio da una guerra “fredda” ad una logorante guerra “strisciante”, destinata a divenire guerra “guerreggiata” nel 1967.File | Dimensione | Formato | |
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