Il volume Il De virtute morali di Plutarco nella versione latina di Andrea Matteo Acquaviva d’Aragona, a cura di Caterina Lavarra e Claudia Corfiati, si apre con il contributo introduttivo di Caterina Lavarra che delinea preliminarmente alcuni aspetti della vita, dell’attività politica e militare di Andrea Matteo III Acquaviva d’Aragona, duca d’Atri, principe di Teramo, conte di Conversano, esponente di un antichissimo lignaggio appartenente al nucleo storico della nobiltà del Mezzogiorno italiano. Principe illuminato a capo di un grande e composito ‘stato’ feudale, che si estendeva dalla Terra di Bari a quella di Teramo, con un’importante propaggine in Campania, lo ‘stato’ di Caserta, l’Acquaviva, pur essendo stato alquanto ribelle verso il potere regio, cadendo nell’insubordinazione e nella congiura, riuscì ad evitare la prigionia molto probabilmente per i legami parentali con la casa reale aragonese. Nel 1503, invece, dopo essersi schierato con la parte filofrancese a sostegno di Luigi XII, sconfitto e catturato dagli spagnoli, conobbe la dura esperienza della reclusione per circa quattro anni a Napoli, in Castel Nuovo, con i segni di diciassette ferite sul corpo e i ceppi ai piedi (come egli stesso scrisse più tardi in una lettera al Lautrec) e la perdita dei possessi feudali, ottenendo solo in seguito da Ferdinando il Cattolico la reintegrazione nei feudi d’Abruzzo e di Puglia. L’attenzione della Lavarra si focalizza poi sulla sua personalità intellettuale di Andrea Matteo nella situazione meridionale e sui vari aspetti della sua attività culturale quali, ad esempio: la creazione, da raffinato bibliofilo e collezionista qual era, di un’importante e preziosa biblioteca greca e latina, per la quale si preoccupava di individuare personalmente copisti e miniatori, orientando molto probabilmente anche la scelta dell’ornamentazione; la sua attività di mecenate con la commissione di maestosi palazzi e castelli, chiese e monasteri, monumenti funebri, importanti dipinti, oggetti suntuari, ecc., tutti ‘segni’ materiali che potevano testimoniare nel tempo la lunga durata del potere, della gloria, della memoria familiare nei suoi compositi e vasti domini; l’essersi fatto promotore della diffusione dei testi più significativi dell’umanesimo napoletano, dati alle stampe con il suo contributo finanziario. Profondo conoscitore della letteratura e della filosofia latina e greca, Andrea Matteo Acquaviva si fece promotore e divulgatore nell’entourage aristocratico del recupero di testi in lingua greca, allo scopo di promuoverne la conoscenza attraverso la pubblicazione di testi filologicamente corretti. L’Acquaviva è anche autore di una traduzione dal greco di una operetta rara nelle raccolte librarie umanistiche e reperita direttamente in Grecia, il De virtute morali di Plutarco, che egli corredò successivamente di un dotto commento filosofico, in cui inserì una trattazione di arte musicale (De musica) e un’altra di scienza astronomica (De astrologia); interessi, accanto a quelli filosofici, a lui entrambi molto cari. Pur concepita come una meditazione privata nell’esercizio dell’otium letterario (inteso come completamento dell’uomo d’armi e del signore) e destinata ad una fruizione ristretta alla cerchia nobiliare di alcuni dotti amici, la sua opera fu data alle stampe nel 1526. Claudia Corfiati, in questo volume, mette a disposizione degli studiosi l’edizione critica della traduzione acquaviviana del De Virtute Morali di Plutarco, corredata di una traduzione italiana, per renderla accessibile a un pubblico più largo di lettori. La tradizione su cui si fonda la constitutio textus, allo stato attuale della recensio, risulta costituita da ben sette testimoni: cinque manoscritti e due a stampa. La Corfiati nella Nota al testo ricostruisce la storia molto complessa del processo di revisione del testo della traduzione, nonché della prefazione, dallo stato redazionale che emerge essere il più antico fino alla fase finale presente nell’editio princeps, individuando nel testo del manoscritto Reginense, che viene individuato per la pubblicazione, il punto più avanzato della revisione del testo della traduzione. All’editio critica del testo latino, accompagnato da un apparato dei luoghi emendati, con la traduzione italiana a fronte, segue l’Appendice in cui viene fornita la trascrizione, con traduzione a fronte, dell’epistola che Pietro Summonte premise all’edizione del 1526. Caterina Lavarra, nella chiusura della sua Prefazione, si augura che il volume possa contribuire ad una più ampia conoscenza di un momento importante della cultura umanistica del Mezzogiorno e della figura intellettuale di Andrea Matteo III Acquaviva d’Aragona e possa rappresentare una piattaforma di partenza generale per ulteriori sviluppi ed approfondimenti e incentivo per la realizzazione dell’edizione critica del testo del Commentarium acquaviviano, di cui da tempo si avverte il bisogno.

Il De virtute morali di Plutarco nella versione latina di Andrea Matteo Acquaviva d’Aragona

Caterina Lavarra
;
2022-01-01

Abstract

Il volume Il De virtute morali di Plutarco nella versione latina di Andrea Matteo Acquaviva d’Aragona, a cura di Caterina Lavarra e Claudia Corfiati, si apre con il contributo introduttivo di Caterina Lavarra che delinea preliminarmente alcuni aspetti della vita, dell’attività politica e militare di Andrea Matteo III Acquaviva d’Aragona, duca d’Atri, principe di Teramo, conte di Conversano, esponente di un antichissimo lignaggio appartenente al nucleo storico della nobiltà del Mezzogiorno italiano. Principe illuminato a capo di un grande e composito ‘stato’ feudale, che si estendeva dalla Terra di Bari a quella di Teramo, con un’importante propaggine in Campania, lo ‘stato’ di Caserta, l’Acquaviva, pur essendo stato alquanto ribelle verso il potere regio, cadendo nell’insubordinazione e nella congiura, riuscì ad evitare la prigionia molto probabilmente per i legami parentali con la casa reale aragonese. Nel 1503, invece, dopo essersi schierato con la parte filofrancese a sostegno di Luigi XII, sconfitto e catturato dagli spagnoli, conobbe la dura esperienza della reclusione per circa quattro anni a Napoli, in Castel Nuovo, con i segni di diciassette ferite sul corpo e i ceppi ai piedi (come egli stesso scrisse più tardi in una lettera al Lautrec) e la perdita dei possessi feudali, ottenendo solo in seguito da Ferdinando il Cattolico la reintegrazione nei feudi d’Abruzzo e di Puglia. L’attenzione della Lavarra si focalizza poi sulla sua personalità intellettuale di Andrea Matteo nella situazione meridionale e sui vari aspetti della sua attività culturale quali, ad esempio: la creazione, da raffinato bibliofilo e collezionista qual era, di un’importante e preziosa biblioteca greca e latina, per la quale si preoccupava di individuare personalmente copisti e miniatori, orientando molto probabilmente anche la scelta dell’ornamentazione; la sua attività di mecenate con la commissione di maestosi palazzi e castelli, chiese e monasteri, monumenti funebri, importanti dipinti, oggetti suntuari, ecc., tutti ‘segni’ materiali che potevano testimoniare nel tempo la lunga durata del potere, della gloria, della memoria familiare nei suoi compositi e vasti domini; l’essersi fatto promotore della diffusione dei testi più significativi dell’umanesimo napoletano, dati alle stampe con il suo contributo finanziario. Profondo conoscitore della letteratura e della filosofia latina e greca, Andrea Matteo Acquaviva si fece promotore e divulgatore nell’entourage aristocratico del recupero di testi in lingua greca, allo scopo di promuoverne la conoscenza attraverso la pubblicazione di testi filologicamente corretti. L’Acquaviva è anche autore di una traduzione dal greco di una operetta rara nelle raccolte librarie umanistiche e reperita direttamente in Grecia, il De virtute morali di Plutarco, che egli corredò successivamente di un dotto commento filosofico, in cui inserì una trattazione di arte musicale (De musica) e un’altra di scienza astronomica (De astrologia); interessi, accanto a quelli filosofici, a lui entrambi molto cari. Pur concepita come una meditazione privata nell’esercizio dell’otium letterario (inteso come completamento dell’uomo d’armi e del signore) e destinata ad una fruizione ristretta alla cerchia nobiliare di alcuni dotti amici, la sua opera fu data alle stampe nel 1526. Claudia Corfiati, in questo volume, mette a disposizione degli studiosi l’edizione critica della traduzione acquaviviana del De Virtute Morali di Plutarco, corredata di una traduzione italiana, per renderla accessibile a un pubblico più largo di lettori. La tradizione su cui si fonda la constitutio textus, allo stato attuale della recensio, risulta costituita da ben sette testimoni: cinque manoscritti e due a stampa. La Corfiati nella Nota al testo ricostruisce la storia molto complessa del processo di revisione del testo della traduzione, nonché della prefazione, dallo stato redazionale che emerge essere il più antico fino alla fase finale presente nell’editio princeps, individuando nel testo del manoscritto Reginense, che viene individuato per la pubblicazione, il punto più avanzato della revisione del testo della traduzione. All’editio critica del testo latino, accompagnato da un apparato dei luoghi emendati, con la traduzione italiana a fronte, segue l’Appendice in cui viene fornita la trascrizione, con traduzione a fronte, dell’epistola che Pietro Summonte premise all’edizione del 1526. Caterina Lavarra, nella chiusura della sua Prefazione, si augura che il volume possa contribuire ad una più ampia conoscenza di un momento importante della cultura umanistica del Mezzogiorno e della figura intellettuale di Andrea Matteo III Acquaviva d’Aragona e possa rappresentare una piattaforma di partenza generale per ulteriori sviluppi ed approfondimenti e incentivo per la realizzazione dell’edizione critica del testo del Commentarium acquaviviano, di cui da tempo si avverte il bisogno.
2022
9788867662807
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