Se è vero che sussiste una relazione profonda tra dimensione artistica e dimensione politico-sociale, la libertà, nella struttura di questa relazione, gioca un ruolo fondamentale. Spesso, la libertà dell’arte e nell’arte è lo strumento per realizzare una globale libertà sociale, per affermare diritti negati, per raggiungere un più alto grado di “umanità”. Si tratta però di individuare un modello rappresentativo di quanto appena detto, una figura capace di restituire quest’idea di libertà dell’arte che supera i confini di se stessa e interagisce con il mondo circostante, cercando di influenzarne gli sviluppi. Questo modello l’ho voluto individuare non nella musica colta “pura”, quanto invece nel mondo variopinto del jazz. L’idea, allora, diventa quella di verificare la tesi per cui la libertà dell’arte ha molto a che fare con la libertà dell’uomo, attraverso un genere musicale non propriamente colto (il jazz, genere musicale liminare per eccellenza, punto di convergenza di colto ed extracolto, di professionismo e di dilettantismo, di “accademicità” e di “autodidattica”) e una figura “mista” che possiamo considerare sia un pianista sia un compositore: Thelonious Monk. Libertà della musica, libertà nella musica, libertà al di là della musica. Ecco di cosa parlerà questo contributo, scritto anch’esso con una particolare… libertà.

Rivoluzioni civili, rivoluzioni musicali: il caso Monk

fronzi
2018-01-01

Abstract

Se è vero che sussiste una relazione profonda tra dimensione artistica e dimensione politico-sociale, la libertà, nella struttura di questa relazione, gioca un ruolo fondamentale. Spesso, la libertà dell’arte e nell’arte è lo strumento per realizzare una globale libertà sociale, per affermare diritti negati, per raggiungere un più alto grado di “umanità”. Si tratta però di individuare un modello rappresentativo di quanto appena detto, una figura capace di restituire quest’idea di libertà dell’arte che supera i confini di se stessa e interagisce con il mondo circostante, cercando di influenzarne gli sviluppi. Questo modello l’ho voluto individuare non nella musica colta “pura”, quanto invece nel mondo variopinto del jazz. L’idea, allora, diventa quella di verificare la tesi per cui la libertà dell’arte ha molto a che fare con la libertà dell’uomo, attraverso un genere musicale non propriamente colto (il jazz, genere musicale liminare per eccellenza, punto di convergenza di colto ed extracolto, di professionismo e di dilettantismo, di “accademicità” e di “autodidattica”) e una figura “mista” che possiamo considerare sia un pianista sia un compositore: Thelonious Monk. Libertà della musica, libertà nella musica, libertà al di là della musica. Ecco di cosa parlerà questo contributo, scritto anch’esso con una particolare… libertà.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/415641
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