La memoria è la facoltà epica per eccellenza, scriveva Benjamin nel saggio sul narratore. Elemento musale dell’epica, il ricordo fonda la tradizione che tramanda l’accaduto di generazione in generazione. Il tempo si presenta non solo come linea di scorrimento della tradizione, ma anche come indice storico nelle opere letterarie. Il racconto biblico di Giobbe è un esempio interessante con la sua presenza continua nella riflessione e nell’elaborazione letteraria. Dalla Sacra scrittura, che si pone con valore assoluto come eternità della verità, procede l’interpretazione che è ingresso nel tempo; ai commentatori antichi (tra gli altri Giovanni Crisostomo, Gregorio Magno, Tommaso d’Aquino), si affiancano interpreti moderni (L. Sestov, Sulla bilancia di Giobbe. Peregrinazioni attraverso le anime; S. Kierkegaard, La ripetizione, C.G. Jung, Risposta a Giobbe; R. Girard, L’antica via degli empi, M. Susman, Il Libro di Giobbe e il destino del popolo ebraico; S. Natoli, Edipo e Giobbe. Contraddizione e paradosso, M. Cacciari, Il dolore dell’altro. Una lettura dell’Ecuba di Euripide e del libro di Giobbe), che declinano il testo biblico interrogandolo dalla prospettiva del pensiero otto-novecentesco. La letteratura ha variamente attinto al potenziale metaforico del testo biblico, dal prologo del Faust di Goethe, ricalcato sull’incipit del Libro di Giobbe, al Moby Dick, memore del Leviatano, dell’omonimo romanzo di Melville, dall’atmosfera della Peste di Camus all’impianto del Processo di Kafka, fino alle riprese di Joseph Roth con Giobbe. Romanzo di un uomo semplice e di G. B. Angioletti, Giobbe uomo solo. L’intenzione è quella di considerare la ricezione moderna del racconto biblico (di cui non sono mancate riprese nell’ambito delle arti dinamiche e figurative), seguendo il criterio delle costanti e delle varianti anche riguardo alle forme dell’appartenenza ebraica e della sua secolarizzazione.

Giobbe dalla Bibbia al romanzo

Stefania Rutigliano
2021-01-01

Abstract

La memoria è la facoltà epica per eccellenza, scriveva Benjamin nel saggio sul narratore. Elemento musale dell’epica, il ricordo fonda la tradizione che tramanda l’accaduto di generazione in generazione. Il tempo si presenta non solo come linea di scorrimento della tradizione, ma anche come indice storico nelle opere letterarie. Il racconto biblico di Giobbe è un esempio interessante con la sua presenza continua nella riflessione e nell’elaborazione letteraria. Dalla Sacra scrittura, che si pone con valore assoluto come eternità della verità, procede l’interpretazione che è ingresso nel tempo; ai commentatori antichi (tra gli altri Giovanni Crisostomo, Gregorio Magno, Tommaso d’Aquino), si affiancano interpreti moderni (L. Sestov, Sulla bilancia di Giobbe. Peregrinazioni attraverso le anime; S. Kierkegaard, La ripetizione, C.G. Jung, Risposta a Giobbe; R. Girard, L’antica via degli empi, M. Susman, Il Libro di Giobbe e il destino del popolo ebraico; S. Natoli, Edipo e Giobbe. Contraddizione e paradosso, M. Cacciari, Il dolore dell’altro. Una lettura dell’Ecuba di Euripide e del libro di Giobbe), che declinano il testo biblico interrogandolo dalla prospettiva del pensiero otto-novecentesco. La letteratura ha variamente attinto al potenziale metaforico del testo biblico, dal prologo del Faust di Goethe, ricalcato sull’incipit del Libro di Giobbe, al Moby Dick, memore del Leviatano, dell’omonimo romanzo di Melville, dall’atmosfera della Peste di Camus all’impianto del Processo di Kafka, fino alle riprese di Joseph Roth con Giobbe. Romanzo di un uomo semplice e di G. B. Angioletti, Giobbe uomo solo. L’intenzione è quella di considerare la ricezione moderna del racconto biblico (di cui non sono mancate riprese nell’ambito delle arti dinamiche e figurative), seguendo il criterio delle costanti e delle varianti anche riguardo alle forme dell’appartenenza ebraica e della sua secolarizzazione.
2021
9788861102224
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