A livello internazionale l'ultima tappa di un lento processo di liberalizzazione del settore degli appalti pubblici è rappresentata dal Government Procurement Agreement (GPA) del 1994, uno dei quattro Accordi plurilaterali (e quindi vincolanti per le sole Parti firmatarie e non per tutti i membri dell'Organizzazione Mondiale del Commercio) ricompresi nel quarto allegato dell'Accordo istitutivo dell'OMC. Di particolare rilevanza - sia per il decisivo contributo all'apertura del mercato mondiale degli appalti pubblici, sia per le delicate problematiche emerse nei rapporti fra i due ordinamenti, comunitario ed internazionale - risulta la partecipazione della Comunità europea al GPA. Immediata conseguenza della conclusione dell'Accordo da parte della Comunità è stata, dunque, la necessità di adattare la disciplina comunitaria sugli appalti pubblici, antecedente al GPA, ai nuovi obblighi discendenti dall'Accordo stesso. La realizzazione di tale coordinamento risultava ancor più urgente a causa della presenza, nel GPA, di disposizioni che, anche se in maniera lieve, tuttavia risultavano complessivamente più vantaggiose rispetto alle analoghe regole previste dalla disciplina comunitaria. Allo scopo di eliminare l'evidente pericolo di discriminazione a discapito delle imprese comunitarie, sono state, quindi, adottate due direttive specifiche (la 97/52 e la 98/4) che, ricorrendo al procedimento “ordinario” di adattamento agli accordi internazionali, hanno introdotto, tramite la riformulazione di alcune disposizioni del GPA, modifiche mirate volte ad uniformare la disciplina comunitaria, precedente, alle norme dell'Accordo ed a garantire, in questo modo, un'omogeneità di trattamento fra operatori comunitari e stranieri. Le direttive però anche se ispirate alla disciplina internazionale contenuta nel GPA presentavano differenze, discrasie e incongruenze rispetto alle norme pattizie soprattutto perché parcellizzavano la normativa a seconda dell’oggetto dell’appalto. La soluzione al problema si è avuta quando il legislatore comunitario ha provveduto ad uniformare e semplificare la disciplina degli appalti pubblici mediante l’emanazione di due Testi Unici (le direttive 2004/18 per i settori classici e 2004/17 per i settori speciali), in grado di fornire alle imprese un unico corpo normativo di riferimento in materia e di potenziare la concorrenza internazionale nel campo degli appalti pubblici. Essi hanno provveduto ad adeguare perfettamente la normativa comunitaria al diritto del commercio internazionale. Il governo italiano ha pensato, con l’approvazione del Codice Unico tramite il D. lgs. n.163/2006, di recepire queste due direttive europee superando la delega del Parlamento e stravolgendo parti importanti della precedente legge sugli appalti. Il Codice si propone di introdurre norme finalizzate non solo a semplificare e dare certezza alle attività degli operatori ma anche volte a promuovere e sostenere una politica di qualificazione dei soggetti che intervengono e interloquiscono nel ciclo dell’appalto, valorizzando così le potenzialità che la Pubblica amministrazione può mettere in atto con l’appalto pubblico. Il volume esamina in forma sistematica queste problematiche analizzandole dal punto di vista degli ordinamenti, internazionale e comunitario con i relativi riflessi sull’ordinamento italiano e con particolare riguardo alla giurisprudenza comunitaria. Esso costituisce una trattazione organica di sicura utilità per studiosi e per pratici.

Gli appalti pubblici nel diritto internazionale e comunitario

DEL VESCOVO DONATELLA
2006-01-01

Abstract

A livello internazionale l'ultima tappa di un lento processo di liberalizzazione del settore degli appalti pubblici è rappresentata dal Government Procurement Agreement (GPA) del 1994, uno dei quattro Accordi plurilaterali (e quindi vincolanti per le sole Parti firmatarie e non per tutti i membri dell'Organizzazione Mondiale del Commercio) ricompresi nel quarto allegato dell'Accordo istitutivo dell'OMC. Di particolare rilevanza - sia per il decisivo contributo all'apertura del mercato mondiale degli appalti pubblici, sia per le delicate problematiche emerse nei rapporti fra i due ordinamenti, comunitario ed internazionale - risulta la partecipazione della Comunità europea al GPA. Immediata conseguenza della conclusione dell'Accordo da parte della Comunità è stata, dunque, la necessità di adattare la disciplina comunitaria sugli appalti pubblici, antecedente al GPA, ai nuovi obblighi discendenti dall'Accordo stesso. La realizzazione di tale coordinamento risultava ancor più urgente a causa della presenza, nel GPA, di disposizioni che, anche se in maniera lieve, tuttavia risultavano complessivamente più vantaggiose rispetto alle analoghe regole previste dalla disciplina comunitaria. Allo scopo di eliminare l'evidente pericolo di discriminazione a discapito delle imprese comunitarie, sono state, quindi, adottate due direttive specifiche (la 97/52 e la 98/4) che, ricorrendo al procedimento “ordinario” di adattamento agli accordi internazionali, hanno introdotto, tramite la riformulazione di alcune disposizioni del GPA, modifiche mirate volte ad uniformare la disciplina comunitaria, precedente, alle norme dell'Accordo ed a garantire, in questo modo, un'omogeneità di trattamento fra operatori comunitari e stranieri. Le direttive però anche se ispirate alla disciplina internazionale contenuta nel GPA presentavano differenze, discrasie e incongruenze rispetto alle norme pattizie soprattutto perché parcellizzavano la normativa a seconda dell’oggetto dell’appalto. La soluzione al problema si è avuta quando il legislatore comunitario ha provveduto ad uniformare e semplificare la disciplina degli appalti pubblici mediante l’emanazione di due Testi Unici (le direttive 2004/18 per i settori classici e 2004/17 per i settori speciali), in grado di fornire alle imprese un unico corpo normativo di riferimento in materia e di potenziare la concorrenza internazionale nel campo degli appalti pubblici. Essi hanno provveduto ad adeguare perfettamente la normativa comunitaria al diritto del commercio internazionale. Il governo italiano ha pensato, con l’approvazione del Codice Unico tramite il D. lgs. n.163/2006, di recepire queste due direttive europee superando la delega del Parlamento e stravolgendo parti importanti della precedente legge sugli appalti. Il Codice si propone di introdurre norme finalizzate non solo a semplificare e dare certezza alle attività degli operatori ma anche volte a promuovere e sostenere una politica di qualificazione dei soggetti che intervengono e interloquiscono nel ciclo dell’appalto, valorizzando così le potenzialità che la Pubblica amministrazione può mettere in atto con l’appalto pubblico. Il volume esamina in forma sistematica queste problematiche analizzandole dal punto di vista degli ordinamenti, internazionale e comunitario con i relativi riflessi sull’ordinamento italiano e con particolare riguardo alla giurisprudenza comunitaria. Esso costituisce una trattazione organica di sicura utilità per studiosi e per pratici.
2006
8884225450
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/412145
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