Dopo una ricostruzione storica dell’inquadramento teorico del tempo di lavoro (da Barassi in poi), l’Autore sostiene la tesi per cui la continuità dello svolgimento della prestazione non sia (e non sia mai stata) elemento dirimente rispetto alle operazioni qualificatorie del rapporto, non essendovi alcun riferimento al tempo di lavoro nell’art. 2094 c.c.; anzi, né la predefinizione all’interno del programma negoziale del quantum dell’obbligazione lavorativa, né la predefinizione della collocazione temporale delle prestazioni, né la continuità della stessa sono elementi necessari della fattispecie, perché tale inquadramento teorico ignora l’elaborazione giurisprudenziale sulla ‘minima unità tecnico-temporale’, al di sotto della quale l’attività lavorativa non ha alcun significato; proprio questa giurisprudenza mostra da un lato che il comportamento attivo del lavoratore non è illimitatamente divisibile in frazioni di tempo e dall’altro che il proprium della subordinazione sia rinvenibile nella sola doppia alienità, e non nella quantità e pervasività degli ordini e delle disposizioni materialmente date dal datore di lavoro al prestatore di lavoro.

Dell'inidoneità del tempo nella qualificazione dei rapporti di lavoro

Marco Barbieri
2022-01-01

Abstract

Dopo una ricostruzione storica dell’inquadramento teorico del tempo di lavoro (da Barassi in poi), l’Autore sostiene la tesi per cui la continuità dello svolgimento della prestazione non sia (e non sia mai stata) elemento dirimente rispetto alle operazioni qualificatorie del rapporto, non essendovi alcun riferimento al tempo di lavoro nell’art. 2094 c.c.; anzi, né la predefinizione all’interno del programma negoziale del quantum dell’obbligazione lavorativa, né la predefinizione della collocazione temporale delle prestazioni, né la continuità della stessa sono elementi necessari della fattispecie, perché tale inquadramento teorico ignora l’elaborazione giurisprudenziale sulla ‘minima unità tecnico-temporale’, al di sotto della quale l’attività lavorativa non ha alcun significato; proprio questa giurisprudenza mostra da un lato che il comportamento attivo del lavoratore non è illimitatamente divisibile in frazioni di tempo e dall’altro che il proprium della subordinazione sia rinvenibile nella sola doppia alienità, e non nella quantità e pervasività degli ordini e delle disposizioni materialmente date dal datore di lavoro al prestatore di lavoro.
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