Una delle direttrici su cui si fonda «Europa 2020», la strategia economica adottata dal Consiglio il 17 giugno 2010, per superare le carenze strutturali dell’economia europea, migliorarne la competitività e la produttività e favorire l’affermarsi di un’economia di mercato sociale sostenibile, è la «crescita inclusiva» e cioè la promozione di un’economia con un alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale dei cittadini. Per raggiungere quest’aspirazione l’Unione Europea autorizza gli Stati membri (Reg. UE n. 651/2014 in prossima scadenza), in deroga al divieto di Aiuti di Stato sancito dall’art. 107 TFUE, a prevedere nelle rispettive normative interne misure ed interventi finalizzati ad incentivare la domanda di lavoro di specifiche categorie di soggetti “svantaggiati”, tra cui i disabili, considerati tali in quanto mediamente incontrano ancora notevoli difficoltà sia nell’accesso al mercato del lavoro sia nel mantenimento di una occupazione. Al fine di rispondere alle richieste che provengono dalle istituzioni europee il nostro legislatore affida la promozione dell’occupazione della categoria dei “soggetti svantaggiati” alle misure di politica per l’occupazione e cioè ad interventi idonei a sollecitare la domanda di lavoro latente a condizione che creino nuovi posti di lavoro (c.d. effetto incrementale). Se questo è lo stato dell’arte, la crisi economica dovuta all’emergenza sanitaria da Covid-19, sta facendo emergere una nuova “questione sociale” fatta di nuove povertà e tensioni sociali e che si fa particolarmente pesante se riferita ai soggetti più “fragili” nella società e nel mercato del lavoro. Di fronte a questo scenario si impone un ripensamento degli obiettivi e delle misure di politica per l’occupazione nonché della stessa categoria di soggetti svantaggiati come definita a livello europeo al fine di individuare azioni concrete e mirate per fronteggiare l’attuale emergenza socio-economica ed evitare la creazione di un altro bacino di lavoratori in stato di povertà ed esclusione sociale. Per fare ciò, è necessario, innanzitutto, intercettare le nuove situazioni di svantaggio occupazionale nel mercato del lavoro e poi verificare se le misure di politica per l’occupazione storicamente finalizzate alla creazione di posti di lavoro stabili (ovvero a tempo indeterminato), quale garanzia di uno “status occupazionale”, possono essere re-indirizzate verso altri fattori quali l’occupabilità, la formazione, la valorizzazione delle competenze e la loro trasferibilità nella “nuova geografia del lavoro”.
Il ripensamento delle politiche di inclusione lavorativa dei disabili e dei soggetti svantaggiati all’indomani della pandemia Covid -19
C. Garofalo
2021-01-01
Abstract
Una delle direttrici su cui si fonda «Europa 2020», la strategia economica adottata dal Consiglio il 17 giugno 2010, per superare le carenze strutturali dell’economia europea, migliorarne la competitività e la produttività e favorire l’affermarsi di un’economia di mercato sociale sostenibile, è la «crescita inclusiva» e cioè la promozione di un’economia con un alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale dei cittadini. Per raggiungere quest’aspirazione l’Unione Europea autorizza gli Stati membri (Reg. UE n. 651/2014 in prossima scadenza), in deroga al divieto di Aiuti di Stato sancito dall’art. 107 TFUE, a prevedere nelle rispettive normative interne misure ed interventi finalizzati ad incentivare la domanda di lavoro di specifiche categorie di soggetti “svantaggiati”, tra cui i disabili, considerati tali in quanto mediamente incontrano ancora notevoli difficoltà sia nell’accesso al mercato del lavoro sia nel mantenimento di una occupazione. Al fine di rispondere alle richieste che provengono dalle istituzioni europee il nostro legislatore affida la promozione dell’occupazione della categoria dei “soggetti svantaggiati” alle misure di politica per l’occupazione e cioè ad interventi idonei a sollecitare la domanda di lavoro latente a condizione che creino nuovi posti di lavoro (c.d. effetto incrementale). Se questo è lo stato dell’arte, la crisi economica dovuta all’emergenza sanitaria da Covid-19, sta facendo emergere una nuova “questione sociale” fatta di nuove povertà e tensioni sociali e che si fa particolarmente pesante se riferita ai soggetti più “fragili” nella società e nel mercato del lavoro. Di fronte a questo scenario si impone un ripensamento degli obiettivi e delle misure di politica per l’occupazione nonché della stessa categoria di soggetti svantaggiati come definita a livello europeo al fine di individuare azioni concrete e mirate per fronteggiare l’attuale emergenza socio-economica ed evitare la creazione di un altro bacino di lavoratori in stato di povertà ed esclusione sociale. Per fare ciò, è necessario, innanzitutto, intercettare le nuove situazioni di svantaggio occupazionale nel mercato del lavoro e poi verificare se le misure di politica per l’occupazione storicamente finalizzate alla creazione di posti di lavoro stabili (ovvero a tempo indeterminato), quale garanzia di uno “status occupazionale”, possono essere re-indirizzate verso altri fattori quali l’occupabilità, la formazione, la valorizzazione delle competenze e la loro trasferibilità nella “nuova geografia del lavoro”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.