La crisi pandemica determinata dalla diffusione del Covid-19 ha, tra le altre cose, dischiuso un orizzonte di possibilità riguardo il processo di cambiamento delle organizzazioni, ponendo le basi per una possibile riconfigurazione dei tempi e degli spazi di lavoro. Questo contributo riflette dapprima sugli assunti della teoria organizzativa circa la necessaria coesistenza tra dimensione temporale e geografica del lavoro, sottolineando poi che le attività di coordinamento e di controllo – più in generale, la configurazione organizzativa – rientra tra le prerogative della dirigenza, continuamente impegnata nel bilanciamento tra controllo della forza lavoro e negoziazione. Lo shock della pandemia sembra però aver riproposto la natura politica del rapporto di lavoro e del processo di produzione laddove attori altri rispetto alle imprese sono intervenuti nella relazione tra capitale e lavoro (es. lo Stato, ma anche le istituzioni locali o della società civile). In questa prospettiva si apre dunque una duplice possibilità: da un lato è possibile riflettere su una eventuale riconfigurazione delle architetture e delle pratiche organizzative anche in una prospettiva di relazioni industriali, partendo dalla centralità del rapporto tra impresa e lavoratore. Dall’altro, ed è su questo che il nostro articolo interviene, consente di riflettere sul perdurante ruolo della regolazione e sulla sua carica potenzialmente innovativa rispetto alle pratiche organizzative. Accanto alle politiche del lavoro, l’articolo da conto del possibile ruolo di politiche di contesto nel facilitare l’innovazione organizzativa e sociale legata al South Working e nell’attutire eventuali disuguaglianze che potrebbero crearsi o esacerbarsi tra lavoratori e territori.

FLESSIBILITÀ GEOGRAFICA DEL LAVORO E POLITICA DELLA PRODUZIONE: Il SOUTH WORKING E IL RUOLO DELLA REGOLAZIONE

Greco Lidia;Cacciapaglia Maristella
2022-01-01

Abstract

La crisi pandemica determinata dalla diffusione del Covid-19 ha, tra le altre cose, dischiuso un orizzonte di possibilità riguardo il processo di cambiamento delle organizzazioni, ponendo le basi per una possibile riconfigurazione dei tempi e degli spazi di lavoro. Questo contributo riflette dapprima sugli assunti della teoria organizzativa circa la necessaria coesistenza tra dimensione temporale e geografica del lavoro, sottolineando poi che le attività di coordinamento e di controllo – più in generale, la configurazione organizzativa – rientra tra le prerogative della dirigenza, continuamente impegnata nel bilanciamento tra controllo della forza lavoro e negoziazione. Lo shock della pandemia sembra però aver riproposto la natura politica del rapporto di lavoro e del processo di produzione laddove attori altri rispetto alle imprese sono intervenuti nella relazione tra capitale e lavoro (es. lo Stato, ma anche le istituzioni locali o della società civile). In questa prospettiva si apre dunque una duplice possibilità: da un lato è possibile riflettere su una eventuale riconfigurazione delle architetture e delle pratiche organizzative anche in una prospettiva di relazioni industriali, partendo dalla centralità del rapporto tra impresa e lavoratore. Dall’altro, ed è su questo che il nostro articolo interviene, consente di riflettere sul perdurante ruolo della regolazione e sulla sua carica potenzialmente innovativa rispetto alle pratiche organizzative. Accanto alle politiche del lavoro, l’articolo da conto del possibile ruolo di politiche di contesto nel facilitare l’innovazione organizzativa e sociale legata al South Working e nell’attutire eventuali disuguaglianze che potrebbero crearsi o esacerbarsi tra lavoratori e territori.
2022
978-88-5522-339-3
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