Oggetto del saggio è l’analisi della politica e dell’azione diplomatica di Galeazzo Ciano, ministro degli Esteri italiano e genero di Mussolini, nei confronti della Jugoslavia e, più in generale, della regione balcanica, tra il 1936 e il 1939. Al contrario della percezione e delle aspettative del dittatore fascista, che, dopo la conquista dell’Etiopia del 1936, credeva che l’Italia fosse diventata una potenza di primo piano nello scacchiere europeo e mondiale, gli anni che vanno dalla fine del conflitto etiopico fino all’ingresso di Roma nella seconda guerra mondiale furono caratterizzati da un notevole declino dell’influenza italiana nell’Europa orientale. Le passate ambizioni italiane di egemonia esclusiva sulla regione balcanica furono sostituite, a partire dalla seconda metà degli anni Trenta, con l’idea, più modesta, di un condominio italo-tedesco. Ciò spinse Mussolini e Ciano a iniziare un’opera di miglioramento delle relazioni con la Jugoslavia, che raggiunse il culmine con la firma degli accordi del 25 marzo 1937, consistenti in un trattato di amicizia, in un accordo commerciale e in alcuni scambi di note. L’inizio della seconda guerra mondiale, nel settembre 1939, avveniva al termine di un processo di progressivo ridimensionamento dell’influenza italiana nei Balcani a vantaggio di quella germanica. La risposta di Mussolini e di Ciano al sempre più frenetico attivismo tedesco consistette nella preparazione e nella realizzazione dei propri disegni di espansione nei Balcani occidentali. Tale scelta era, però, un segnale di crescente debolezza da parte italiana, che doveva difendere il proprio spazio vitale balcanico non dalle potenze occidentali nemiche, ma dall’alleato tedesco.

Ciano, Stojadinović e il riavvicinamento italo-jugoslavo. Galeazzo Ciano ministro degli Esteri e la Jugoslavia (1936-1939)

Federico Imperato
2021-01-01

Abstract

Oggetto del saggio è l’analisi della politica e dell’azione diplomatica di Galeazzo Ciano, ministro degli Esteri italiano e genero di Mussolini, nei confronti della Jugoslavia e, più in generale, della regione balcanica, tra il 1936 e il 1939. Al contrario della percezione e delle aspettative del dittatore fascista, che, dopo la conquista dell’Etiopia del 1936, credeva che l’Italia fosse diventata una potenza di primo piano nello scacchiere europeo e mondiale, gli anni che vanno dalla fine del conflitto etiopico fino all’ingresso di Roma nella seconda guerra mondiale furono caratterizzati da un notevole declino dell’influenza italiana nell’Europa orientale. Le passate ambizioni italiane di egemonia esclusiva sulla regione balcanica furono sostituite, a partire dalla seconda metà degli anni Trenta, con l’idea, più modesta, di un condominio italo-tedesco. Ciò spinse Mussolini e Ciano a iniziare un’opera di miglioramento delle relazioni con la Jugoslavia, che raggiunse il culmine con la firma degli accordi del 25 marzo 1937, consistenti in un trattato di amicizia, in un accordo commerciale e in alcuni scambi di note. L’inizio della seconda guerra mondiale, nel settembre 1939, avveniva al termine di un processo di progressivo ridimensionamento dell’influenza italiana nei Balcani a vantaggio di quella germanica. La risposta di Mussolini e di Ciano al sempre più frenetico attivismo tedesco consistette nella preparazione e nella realizzazione dei propri disegni di espansione nei Balcani occidentali. Tale scelta era, però, un segnale di crescente debolezza da parte italiana, che doveva difendere il proprio spazio vitale balcanico non dalle potenze occidentali nemiche, ma dall’alleato tedesco.
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