Il rastrellamento di Montemaggio, avuto luogo durante la mattina del 28 marzo del 1944, ed il susseguente eccidio in località La Porcareccia, rappresentano alcune delle pagine più sanguinose della Resistenza condotta in provincia di Siena. Esse, tuttavia, si inseriscono in una cornice storica di più ampio respiro che ha il suo epicentro nella lotta alle bande partigiane, condotta non solo dai tedeschi, come una certa opinione pubblica tende ancora oggi a credere, ma riconducibile, in questa fase, alle conseguenze apportate dalla messa in atto dei dettami contenuti nel bando emanato nel mese di febbraio 1944 dalla Repubblica Sociale di Salò per reprimere il fenomeno della renitenza alla chiamata alle armi ed impedire il rafforzamento dei gruppi di resistenti che si erano venuti a costituire nel corso dei primi mesi successivi al suo instaurarsi. Il nome di Montemaggio, tuttavia, non è associato al solo rastrellamento e all’eccidio che a questo fece seguito: nella memoria dei senesi, infatti, esso rievoca il grande processo, condotto dalla Sezione Speciale della Corte d’Assise di Siena che ebbe inizio nel secondo dopoguerra, con la cattura di alcuni degli autori dei crimini sopra accennati fuggiti nelle regioni settentrionali e la raccolta di denunce e testimonianze a loro carico. L’Autore, attraverso la consultazione degli Atti del Processo e della Sentenza che lo concluse, presenti nell’archivio dell’Istituto Storico della Resistenza di Siena, dei mattinali della G. N. R., conservati presso l’Istituto Storico della Resistenza Toscana e, infine, delle fonti a stampa dell’epoca presenti nella Biblioteca Comunale degli Intronati di Siena, ha ricostruito le dinamiche che condussero al rastrellamento e alla fucilazione dei partigiani catturati sul Montemaggio, individuando non solo quelle che furono le specifiche responsabilità degli autori dei crimini citati, ma anche realizzando un’analisi che definisse caratteristiche comuni e percorsi individuali entro i quali iscrivere le decine di imputati che al processo presero parte. Il rastrellamento di Montemaggio e l’eccidio della Porcareccia, insieme alle memorie che suscitarono in quanti ne furono protagonisti, devono oggi essere recuperati per ricordare come la lotta condotta dalla Resistenza sia stata anche una guerra civile: su queste premesse, secondo lo storico Claudio Pavone, è possibile costruire su basi più solide una forma di identità nazionale che, sino a questo momento, sembra farsi strada a stento.

Montemaggio. Dall'eccidio al processo

Domenico Francesco Antonio Elia
2007-01-01

Abstract

Il rastrellamento di Montemaggio, avuto luogo durante la mattina del 28 marzo del 1944, ed il susseguente eccidio in località La Porcareccia, rappresentano alcune delle pagine più sanguinose della Resistenza condotta in provincia di Siena. Esse, tuttavia, si inseriscono in una cornice storica di più ampio respiro che ha il suo epicentro nella lotta alle bande partigiane, condotta non solo dai tedeschi, come una certa opinione pubblica tende ancora oggi a credere, ma riconducibile, in questa fase, alle conseguenze apportate dalla messa in atto dei dettami contenuti nel bando emanato nel mese di febbraio 1944 dalla Repubblica Sociale di Salò per reprimere il fenomeno della renitenza alla chiamata alle armi ed impedire il rafforzamento dei gruppi di resistenti che si erano venuti a costituire nel corso dei primi mesi successivi al suo instaurarsi. Il nome di Montemaggio, tuttavia, non è associato al solo rastrellamento e all’eccidio che a questo fece seguito: nella memoria dei senesi, infatti, esso rievoca il grande processo, condotto dalla Sezione Speciale della Corte d’Assise di Siena che ebbe inizio nel secondo dopoguerra, con la cattura di alcuni degli autori dei crimini sopra accennati fuggiti nelle regioni settentrionali e la raccolta di denunce e testimonianze a loro carico. L’Autore, attraverso la consultazione degli Atti del Processo e della Sentenza che lo concluse, presenti nell’archivio dell’Istituto Storico della Resistenza di Siena, dei mattinali della G. N. R., conservati presso l’Istituto Storico della Resistenza Toscana e, infine, delle fonti a stampa dell’epoca presenti nella Biblioteca Comunale degli Intronati di Siena, ha ricostruito le dinamiche che condussero al rastrellamento e alla fucilazione dei partigiani catturati sul Montemaggio, individuando non solo quelle che furono le specifiche responsabilità degli autori dei crimini citati, ma anche realizzando un’analisi che definisse caratteristiche comuni e percorsi individuali entro i quali iscrivere le decine di imputati che al processo presero parte. Il rastrellamento di Montemaggio e l’eccidio della Porcareccia, insieme alle memorie che suscitarono in quanti ne furono protagonisti, devono oggi essere recuperati per ricordare come la lotta condotta dalla Resistenza sia stata anche una guerra civile: su queste premesse, secondo lo storico Claudio Pavone, è possibile costruire su basi più solide una forma di identità nazionale che, sino a questo momento, sembra farsi strada a stento.
2007
978-88-8231-441-5
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