Il tema della corte, impostosi negli studi dagli ultimi decenni del Novecento a seguito di un processo di revisione della storiografia tradizionale, è ben lontano dall’aver esaurito le sue potenzialità e l’analisi delle corti del XVIII secolo, diverse rispetto a quelle d’età rinascimentale o barocca, rientra tra i settori d’indagine ancora poco investigati. Muovendo da tali premesse, questo libro vuole offrire un contributo alla storia delle realtà cortigiane e delle identità nobiliari nell’ultima fase dell’antico regime attraverso l’esame della corte napoletana al tempo di Carlo di Borbone. Il sovrano, asceso al trono meridionale, non poteva esimersi dall’organizzare una propria corte e dal curare una politica dell’immagine, utile per affermare e consolidare, tramite manifestazioni di grandiosità e di fasto, il prestigio dinastico e il ruolo istituzionale recentemente acquisito. Diviso in due parti, il volume descrive nella prima la struttura della corte di Carlo, nata dalla fusione del modello spagnolo con quello napoletano di età vicereale, e illustra le competenze e i costi del personale che in essa prestava servizio. Nella seconda parte prende in considerazione gli uomini e le donne che attorniavano il sovrano e la sua sposa e costituivano intorno alla coppia reale una cornice con funzioni non soltanto decorative. Attraverso l’attribuzione delle cariche cortigiane, retribuite o onorarie che fossero, la giovane monarchia mirava ad allargare la base di consenso e a tal fine sceglieva di privilegiare i sudditi meridionali, in deroga ai criteri adottati in Spagna all’istituzione dell’originario seguito di Carlo, volutamente aperto a soggetti di diverse provenienze geo-politiche. Il conferimento dell’ufficio di palazzo consentiva al Borbone di praticare una strategia mediana, che da un lato teneva conto delle aspettative nobiliari suscitate dall’avvento nel paese del bramato re «proprio e nazionale», per riprendere la celebre espressione di Pietro Giannone richiamata nel titolo del libro, dall’altro non accordava eccessivo potere a individui dei quali andava meglio valutato il livello di affidabilità per la corona. Sulla base del servizio prestato a corte da un ristretto gruppo di uomini e donne si delineavano nuove gerarchie, avviando un più vasto progetto della monarchia che, finalizzato a colpire l’autoreferenzialità nobiliare e a garantire al sovrano un maggior controllo dell’ordinamento sociale, sarebbe giunto a più compiuta maturazione in tempi successivi.

La corte di Carlo di Borbone, il re "proprio e nazionale"

PAPAGNA, Elena
2011-01-01

Abstract

Il tema della corte, impostosi negli studi dagli ultimi decenni del Novecento a seguito di un processo di revisione della storiografia tradizionale, è ben lontano dall’aver esaurito le sue potenzialità e l’analisi delle corti del XVIII secolo, diverse rispetto a quelle d’età rinascimentale o barocca, rientra tra i settori d’indagine ancora poco investigati. Muovendo da tali premesse, questo libro vuole offrire un contributo alla storia delle realtà cortigiane e delle identità nobiliari nell’ultima fase dell’antico regime attraverso l’esame della corte napoletana al tempo di Carlo di Borbone. Il sovrano, asceso al trono meridionale, non poteva esimersi dall’organizzare una propria corte e dal curare una politica dell’immagine, utile per affermare e consolidare, tramite manifestazioni di grandiosità e di fasto, il prestigio dinastico e il ruolo istituzionale recentemente acquisito. Diviso in due parti, il volume descrive nella prima la struttura della corte di Carlo, nata dalla fusione del modello spagnolo con quello napoletano di età vicereale, e illustra le competenze e i costi del personale che in essa prestava servizio. Nella seconda parte prende in considerazione gli uomini e le donne che attorniavano il sovrano e la sua sposa e costituivano intorno alla coppia reale una cornice con funzioni non soltanto decorative. Attraverso l’attribuzione delle cariche cortigiane, retribuite o onorarie che fossero, la giovane monarchia mirava ad allargare la base di consenso e a tal fine sceglieva di privilegiare i sudditi meridionali, in deroga ai criteri adottati in Spagna all’istituzione dell’originario seguito di Carlo, volutamente aperto a soggetti di diverse provenienze geo-politiche. Il conferimento dell’ufficio di palazzo consentiva al Borbone di praticare una strategia mediana, che da un lato teneva conto delle aspettative nobiliari suscitate dall’avvento nel paese del bramato re «proprio e nazionale», per riprendere la celebre espressione di Pietro Giannone richiamata nel titolo del libro, dall’altro non accordava eccessivo potere a individui dei quali andava meglio valutato il livello di affidabilità per la corona. Sulla base del servizio prestato a corte da un ristretto gruppo di uomini e donne si delineavano nuove gerarchie, avviando un più vasto progetto della monarchia che, finalizzato a colpire l’autoreferenzialità nobiliare e a garantire al sovrano un maggior controllo dell’ordinamento sociale, sarebbe giunto a più compiuta maturazione in tempi successivi.
2011
978-88-6042-870-7
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