Con la sentenza n.143 del 2021, la Corte costituzionale è tornata ad esprimersi ancora una volta sul fondamentale ruolo svolto dal principio di colpevolezza in sede di applicazione della recidiva da parte del giudice e sul divieto di prevalenza sulla recidiva reiterata della circostanza attenuante di cui all’art. 99 comma 4 c.p. Come accaduto in altre precedenti decisioni, tra le doglianze dell’organo rimettente è emerso che la contestazione della recidiva e la ritenuta sua operatività, aveva consentito ai giudici di merito di valutare la diminuente solo come equivalente all’aggravante contestata e alla recidiva stessa, con evidente incidenza sulla pena finale. Tale circostanza ha generato profili di incompatibilità rispetto ai parametri costituzionali invocati, tra cui il contrasto con il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), comportando l’applicazione di “pene identiche a condotte di rilievo sostanziale enormemente diverso” e con il principio per cui la pena deve tendere ad una finalità rieducativa (art. 27, comma 3 Cost.), in virtù del quale deve sussistere una necessaria proporzione “tra qualità e quantità della sanzione, da una parte, e offesa, dall’altra.
LA GRADUALE EROSIONE DEL DIVIETO DI PREVALENZA DELLE CIRCOSTANZE ATTENUANTI SULLA RECIDIVA REITERATA NEI RECENTI APPRODI DELLA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE.
perchinunno
2021-01-01
Abstract
Con la sentenza n.143 del 2021, la Corte costituzionale è tornata ad esprimersi ancora una volta sul fondamentale ruolo svolto dal principio di colpevolezza in sede di applicazione della recidiva da parte del giudice e sul divieto di prevalenza sulla recidiva reiterata della circostanza attenuante di cui all’art. 99 comma 4 c.p. Come accaduto in altre precedenti decisioni, tra le doglianze dell’organo rimettente è emerso che la contestazione della recidiva e la ritenuta sua operatività, aveva consentito ai giudici di merito di valutare la diminuente solo come equivalente all’aggravante contestata e alla recidiva stessa, con evidente incidenza sulla pena finale. Tale circostanza ha generato profili di incompatibilità rispetto ai parametri costituzionali invocati, tra cui il contrasto con il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), comportando l’applicazione di “pene identiche a condotte di rilievo sostanziale enormemente diverso” e con il principio per cui la pena deve tendere ad una finalità rieducativa (art. 27, comma 3 Cost.), in virtù del quale deve sussistere una necessaria proporzione “tra qualità e quantità della sanzione, da una parte, e offesa, dall’altra.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.