Cinquant’anni fa Henri Lefebvre lanciava a Parigi l’idea del «diritto alla città». Simultaneamente un urlo — una protesta — e un contenitore di una pluralità di diritti che, pur essendo soft rights, andavano garantiti. Dell’urlo, successivamente largamente ripreso e sviluppato da Harvey (; ; ), si resero subito interpreti e protagonisti gli studenti e i borderlines del maggio francese (donne, disoccupati, operai e, non a caso, immigrati). La riflessione sui diritti si è invece affermata con forza crescente negli anni e continua ad essere al centro di ogni discorso sulla città. Dal diritto all’abitare a quello all’accessibilità, dal diritto ai servizi urbani a quello alla salute o alla sicurezza, dai diritti dei bambini a quelli delle donne. Centrale ed assorbente, però, è sempre il diritto alla differenza che interseca, con particolare forza, tutti gli altri diritti, e che fa sì che il diritto a partecipare alla vita della città, a deciderne insieme alle istituzioni in quanto cittadini, a utilizzarne pienamente gli spazi, a co–costruirne la visione e il futuro, si faccia più complesso proprio a partire da una significativa pluralizzazione dei bisogni, delle richieste, delle aspettative, delle visioni (Mazzette, ). Il problema, quindi, diviene quello di conciliare le legittime, ma contrastanti, esigenze dei diversi gruppi che prendono forma, spesso, proprio nelle richieste avanzate rispetto all’uso della città Lo spazio urbano e il diritto a esso diventano oggetti continuamente negoziati e, al tempo stesso, occasione e strumento per affermare la propria presenza e il proprio diritto alla città, il fondamento del riconoscere nella diversità non solo una condizione permanente, ma anche una risorsa da mettere a valore
Flussi migratori e diritto alla differenza. Per una nuova politica dello spazio urbano
letizia carrera
2018-01-01
Abstract
Cinquant’anni fa Henri Lefebvre lanciava a Parigi l’idea del «diritto alla città». Simultaneamente un urlo — una protesta — e un contenitore di una pluralità di diritti che, pur essendo soft rights, andavano garantiti. Dell’urlo, successivamente largamente ripreso e sviluppato da Harvey (; ; ), si resero subito interpreti e protagonisti gli studenti e i borderlines del maggio francese (donne, disoccupati, operai e, non a caso, immigrati). La riflessione sui diritti si è invece affermata con forza crescente negli anni e continua ad essere al centro di ogni discorso sulla città. Dal diritto all’abitare a quello all’accessibilità, dal diritto ai servizi urbani a quello alla salute o alla sicurezza, dai diritti dei bambini a quelli delle donne. Centrale ed assorbente, però, è sempre il diritto alla differenza che interseca, con particolare forza, tutti gli altri diritti, e che fa sì che il diritto a partecipare alla vita della città, a deciderne insieme alle istituzioni in quanto cittadini, a utilizzarne pienamente gli spazi, a co–costruirne la visione e il futuro, si faccia più complesso proprio a partire da una significativa pluralizzazione dei bisogni, delle richieste, delle aspettative, delle visioni (Mazzette, ). Il problema, quindi, diviene quello di conciliare le legittime, ma contrastanti, esigenze dei diversi gruppi che prendono forma, spesso, proprio nelle richieste avanzate rispetto all’uso della città Lo spazio urbano e il diritto a esso diventano oggetti continuamente negoziati e, al tempo stesso, occasione e strumento per affermare la propria presenza e il proprio diritto alla città, il fondamento del riconoscere nella diversità non solo una condizione permanente, ma anche una risorsa da mettere a valoreI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.