Il bilancio dell’Unione europea rappresenta un importante strumento di politica economica necessario a conseguire gli obiettivi comuni a tutti gli Stati membri ed affrontare le sfide socio-economiche della contemporaneità. La condivisione delle risorse prelevate nei territori nazionali in un unico bilancio europeo, infatti, facilita la realizzazione delle politiche comuni in misura più efficace ed efficiente rispetto all’agire dei singoli Stati, dando concreta attuazione ai principi di sussidiarietà e proporzionalità. Il bilancio europeo è storicamente alimentato da “risorse proprie” definibili come mezzi di finanziamento “propri” dell’Unione e, dunque, indipendenti dalle politiche adottate dagli Stati membri: si tratta di entrate pubbliche, con diversa qualificazione giuridica, imputabili anche all’ambito tributario, specie doganale, definitivamente assegnate all’Unione, che le spettano di diritto, senza che occorra un’ulteriore decisione delle Autorità nazionali e senza che gli Stati membri abbiano la possibilità di opporsi. Grava su questi ultimi solo l’obbligo di riscuotere le risorse proprie e di riversarle al bilancio europeo tramite la cd. messa a disposizione. Nella perdurante mancanza di una capacità impositiva dell’Unione europea ed a fronte delle pressanti esigenze di spesa dovute all’allargamento dell’Unione nonché al numero crescente di politiche adottate, sono oggi considerati come “risorse proprie” anche i trasferimenti dai Paesi membri determinati in funzione dell’andamento di alcune variabili macroeconomiche che rappresentano la quota maggioritaria del sistema di finanziamento unionale. La paradossale situazione venutasi a creare in cui gli Stati membri hanno deciso di non dotare l’Unione europea di una propria sovranità impositiva ma di imporre il suo integrale finanziamento attraverso risorse proprie appare lo specchio di un processo di integrazione in itinere ed è sintomatico dell’incertezza definitoria dell’Unione che oscilla tra un’organizzazione internazionale ed una federazione di Stati. Stante la difficoltà classificatoria dell’Unione europea, il contributo si propone di analizzare la finanza pubblica europea attraverso il metodo giuridico, ponendo attenzione al grado di autonomia finanziaria europea nonché al ruolo delle Istituzioni europee, direttamente correlato alla legittimità democratica delle relazioni finanziarie. La recente crisi economico-finanziaria, esacerbata dall’emergenza sanitaria, ha messo ancora più in luce le debolezze dell’attuale sistema di finanziamento dell’Unione europea, basato principalmente sui trasferimenti degli Stati membri che tendono a contrarre la propria contribuzione proprio nei periodi di recessione. Detto sistema è stato tacciato di opacità e scarsa trasparenza ed ha visto alternarsi negli anni diverse proposte di riforma volte a dotare l’Unione europea di vere risorse proprie, specie fiscali, che non hanno mai visto la luce. L’eccezionalità dell’attuale situazione economica ed il bisogno di una concreta solidarietà non solo tra Stati membri, ma anche tra cittadini europei potrebbe essere l’occasione per riformare compiutamente il sistema, dando finalmente attuazione ai Trattati. A tal fine appare necessaria l’istituzione di risorse proprie fiscali in grado di valorizzare la cittadinanza europea e di dotare l’Unione europea di una maggiore autonomia finanziaria nell’ottica di accelerare il processo di integrazione europea e garantire una sufficiente copertura finanziaria ai prestiti contratti nell’ambito del programma Next Generation EU. L’inadeguatezza della vigente architettura istituzionale compendiata nei Trattati europei consente di avanzare alcune considerazioni sia per ridisegnare il sistema di finanziamento europeo a legislazione vigente (prospettiva de iure condito), sia per riformare l’attuale assetto di finanza pubblica europea al fine di attribuire all’Unione europea un potere impositivo (prospettiva de iure condendo). La graduale rinuncia degli Stati membri ai loro poteri sovrani, pur limitata a specifici settori, per la realizzazione di obiettivi sovranazionali ed il carattere funzionale dell’ordinamento giuridico europeo permettono di indagare il fenomeno tributario a livello unionale nell’ottica del perseguimento delle politiche comuni tramite la leva fiscale, valorizzando la funzione extra-fiscale del tributo.

Le risorse proprie nella finanza pubblica europea

Claudio Sciancalepore
2021-01-01

Abstract

Il bilancio dell’Unione europea rappresenta un importante strumento di politica economica necessario a conseguire gli obiettivi comuni a tutti gli Stati membri ed affrontare le sfide socio-economiche della contemporaneità. La condivisione delle risorse prelevate nei territori nazionali in un unico bilancio europeo, infatti, facilita la realizzazione delle politiche comuni in misura più efficace ed efficiente rispetto all’agire dei singoli Stati, dando concreta attuazione ai principi di sussidiarietà e proporzionalità. Il bilancio europeo è storicamente alimentato da “risorse proprie” definibili come mezzi di finanziamento “propri” dell’Unione e, dunque, indipendenti dalle politiche adottate dagli Stati membri: si tratta di entrate pubbliche, con diversa qualificazione giuridica, imputabili anche all’ambito tributario, specie doganale, definitivamente assegnate all’Unione, che le spettano di diritto, senza che occorra un’ulteriore decisione delle Autorità nazionali e senza che gli Stati membri abbiano la possibilità di opporsi. Grava su questi ultimi solo l’obbligo di riscuotere le risorse proprie e di riversarle al bilancio europeo tramite la cd. messa a disposizione. Nella perdurante mancanza di una capacità impositiva dell’Unione europea ed a fronte delle pressanti esigenze di spesa dovute all’allargamento dell’Unione nonché al numero crescente di politiche adottate, sono oggi considerati come “risorse proprie” anche i trasferimenti dai Paesi membri determinati in funzione dell’andamento di alcune variabili macroeconomiche che rappresentano la quota maggioritaria del sistema di finanziamento unionale. La paradossale situazione venutasi a creare in cui gli Stati membri hanno deciso di non dotare l’Unione europea di una propria sovranità impositiva ma di imporre il suo integrale finanziamento attraverso risorse proprie appare lo specchio di un processo di integrazione in itinere ed è sintomatico dell’incertezza definitoria dell’Unione che oscilla tra un’organizzazione internazionale ed una federazione di Stati. Stante la difficoltà classificatoria dell’Unione europea, il contributo si propone di analizzare la finanza pubblica europea attraverso il metodo giuridico, ponendo attenzione al grado di autonomia finanziaria europea nonché al ruolo delle Istituzioni europee, direttamente correlato alla legittimità democratica delle relazioni finanziarie. La recente crisi economico-finanziaria, esacerbata dall’emergenza sanitaria, ha messo ancora più in luce le debolezze dell’attuale sistema di finanziamento dell’Unione europea, basato principalmente sui trasferimenti degli Stati membri che tendono a contrarre la propria contribuzione proprio nei periodi di recessione. Detto sistema è stato tacciato di opacità e scarsa trasparenza ed ha visto alternarsi negli anni diverse proposte di riforma volte a dotare l’Unione europea di vere risorse proprie, specie fiscali, che non hanno mai visto la luce. L’eccezionalità dell’attuale situazione economica ed il bisogno di una concreta solidarietà non solo tra Stati membri, ma anche tra cittadini europei potrebbe essere l’occasione per riformare compiutamente il sistema, dando finalmente attuazione ai Trattati. A tal fine appare necessaria l’istituzione di risorse proprie fiscali in grado di valorizzare la cittadinanza europea e di dotare l’Unione europea di una maggiore autonomia finanziaria nell’ottica di accelerare il processo di integrazione europea e garantire una sufficiente copertura finanziaria ai prestiti contratti nell’ambito del programma Next Generation EU. L’inadeguatezza della vigente architettura istituzionale compendiata nei Trattati europei consente di avanzare alcune considerazioni sia per ridisegnare il sistema di finanziamento europeo a legislazione vigente (prospettiva de iure condito), sia per riformare l’attuale assetto di finanza pubblica europea al fine di attribuire all’Unione europea un potere impositivo (prospettiva de iure condendo). La graduale rinuncia degli Stati membri ai loro poteri sovrani, pur limitata a specifici settori, per la realizzazione di obiettivi sovranazionali ed il carattere funzionale dell’ordinamento giuridico europeo permettono di indagare il fenomeno tributario a livello unionale nell’ottica del perseguimento delle politiche comuni tramite la leva fiscale, valorizzando la funzione extra-fiscale del tributo.
2021
979-12-5965-031-3
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/371182
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