Il patrimonio culturale della Puglia non si esaurisce con le bellezze del paesaggio, né con i capolavori di arte e architettura disseminati lungo le coste e nelle aree interne: seminascoste nel desolato paesaggio rurale degli altipiani della Murgia, rimangono tracce di un patrimonio diffuso e invisibile che aspetta di essere studiato e valorizzato. Fra boschi, terreni coltivati e masserie, si alternano tracce archeologiche legate alle due guerre mondiali, e anche a quella terza guerra, fredda, fortunatamente mai combattuta. Sono campi di prigionia, di addestramento di partigiani e di accoglienza di profughi, ma anche basi missilistiche allestite rapidamente negli anni ’50 e altrettanto rapidamente smantellate durante la crisi cubana: un contrasto stridente con lo stereotipo di un paesaggio bucolico e marginale, che ci si immagina persistente anche durante quel secolo che, per quanto breve, in più momenti sconvolse il mondo. Testimoni di un passato tanto recente quanto sconosciuto, i resti di questi siti appaiono così stretti in simbiosi con il paesaggio da poter essere decifrati, ricostruiti e raccontati nella loro complessità solo attraverso una attenta lettura archeologica che preveda l’applicazione dei metodi e delle tecniche normalmente appannaggio di altri temi e altri contesti: dalla raccolta delle fonti al rilievo, dalla fotointerpretazione alla ricognizione topografica, dalla raccolta superficiale alla lettura degli elevati. Una lettura finalizzata alla ricostruzione dei luoghi e degli uomini che in questo paesaggio hanno vissuto, senza trascurare la divulgazione al grande pubblico, attraverso l’archeologia virtuale e lo storytelling digitale. Una lettura che diventa anche oggetto di specifici percorsi didattici universitari, in cui sperimentare l’efficacia delle metodologie e delle tecniche dell’archeologia moderna, in contesti tanto insoliti quanto complessi. Una lettura archeologica che finisce con essere anche un progetto di partecipazione attraverso la creazione di una complessa comunità di patrimonio, in grado di unire, in modo davvero globale, luoghi e tempi lontani: reduci e loro discendenti sparsi dal Canada all’Australia insieme ad associazioni e comunità locali che cercano di strappare al degrado e valorizzare questo patrimonio.

Novecento, la Puglia in guerra. Un progetto di archeologia del paesaggio contemporaneo fra ricerca e partecipazione

giuliano de felice
In corso di stampa

Abstract

Il patrimonio culturale della Puglia non si esaurisce con le bellezze del paesaggio, né con i capolavori di arte e architettura disseminati lungo le coste e nelle aree interne: seminascoste nel desolato paesaggio rurale degli altipiani della Murgia, rimangono tracce di un patrimonio diffuso e invisibile che aspetta di essere studiato e valorizzato. Fra boschi, terreni coltivati e masserie, si alternano tracce archeologiche legate alle due guerre mondiali, e anche a quella terza guerra, fredda, fortunatamente mai combattuta. Sono campi di prigionia, di addestramento di partigiani e di accoglienza di profughi, ma anche basi missilistiche allestite rapidamente negli anni ’50 e altrettanto rapidamente smantellate durante la crisi cubana: un contrasto stridente con lo stereotipo di un paesaggio bucolico e marginale, che ci si immagina persistente anche durante quel secolo che, per quanto breve, in più momenti sconvolse il mondo. Testimoni di un passato tanto recente quanto sconosciuto, i resti di questi siti appaiono così stretti in simbiosi con il paesaggio da poter essere decifrati, ricostruiti e raccontati nella loro complessità solo attraverso una attenta lettura archeologica che preveda l’applicazione dei metodi e delle tecniche normalmente appannaggio di altri temi e altri contesti: dalla raccolta delle fonti al rilievo, dalla fotointerpretazione alla ricognizione topografica, dalla raccolta superficiale alla lettura degli elevati. Una lettura finalizzata alla ricostruzione dei luoghi e degli uomini che in questo paesaggio hanno vissuto, senza trascurare la divulgazione al grande pubblico, attraverso l’archeologia virtuale e lo storytelling digitale. Una lettura che diventa anche oggetto di specifici percorsi didattici universitari, in cui sperimentare l’efficacia delle metodologie e delle tecniche dell’archeologia moderna, in contesti tanto insoliti quanto complessi. Una lettura archeologica che finisce con essere anche un progetto di partecipazione attraverso la creazione di una complessa comunità di patrimonio, in grado di unire, in modo davvero globale, luoghi e tempi lontani: reduci e loro discendenti sparsi dal Canada all’Australia insieme ad associazioni e comunità locali che cercano di strappare al degrado e valorizzare questo patrimonio.
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