La (parziale) contrapposizione tra norme disciplinari, riservate ad una cerchia ristretta di destinatari e misure punitive sancita dalla sentenza Engel, con la sentenza Örtzük approda all’individuazione di una (tendenziale) corrispondenza tra materia penale e sanzioni soggettivamente universali, il cui risvolto negativo è l’esclusione del carattere penale di quelle che potremmo definire misure a soggettività ristretta. La tappa successiva di questa “genealogia” argomentativa è la (ri-)combinazione tra la considerazione dell’elemento “quantitativo” illustrato nel paragrafo precedente con le polarità della dialettica misure punitive e misure di scopo. In altri termini, un’infrazione legata ad un “particular status” non è punitiva perché solo le misure erga omnes sono penali e una misura non soggettivamente universale non è penale anche perché assolve uno scopo che trascende la retribuzione e la deterrenza. È bene porre subito in chiaro che in nessuna sentenza la Corte riconosce a questi due enunciati la valenza di test della materia penale né esplicita la correlazione appena espressa. Scopo e ambito soggettivo di applicazione sono utilizzati come sub-indici della “very nature”-test e compaiono nella motivazione senza evidenziare alcuna reciproca connessione. Si tratti o meno di una coincidenza è un fatto la costanza con la quale il sub-criterio quantitativo e dello scopo ricorrono nelle medesime pronunce mentre entrambi sono assenti nelle sentenze che argomentano diversamente la natura non penale delle sanzioni disciplinari (si pensi al caso “Moullet”)

La resistenza alla qualificazione penale delle sanzioni riservate ad una cerchia ristretta di destinatari

Giuseppe Losappio
2021-01-01

Abstract

La (parziale) contrapposizione tra norme disciplinari, riservate ad una cerchia ristretta di destinatari e misure punitive sancita dalla sentenza Engel, con la sentenza Örtzük approda all’individuazione di una (tendenziale) corrispondenza tra materia penale e sanzioni soggettivamente universali, il cui risvolto negativo è l’esclusione del carattere penale di quelle che potremmo definire misure a soggettività ristretta. La tappa successiva di questa “genealogia” argomentativa è la (ri-)combinazione tra la considerazione dell’elemento “quantitativo” illustrato nel paragrafo precedente con le polarità della dialettica misure punitive e misure di scopo. In altri termini, un’infrazione legata ad un “particular status” non è punitiva perché solo le misure erga omnes sono penali e una misura non soggettivamente universale non è penale anche perché assolve uno scopo che trascende la retribuzione e la deterrenza. È bene porre subito in chiaro che in nessuna sentenza la Corte riconosce a questi due enunciati la valenza di test della materia penale né esplicita la correlazione appena espressa. Scopo e ambito soggettivo di applicazione sono utilizzati come sub-indici della “very nature”-test e compaiono nella motivazione senza evidenziare alcuna reciproca connessione. Si tratti o meno di una coincidenza è un fatto la costanza con la quale il sub-criterio quantitativo e dello scopo ricorrono nelle medesime pronunce mentre entrambi sono assenti nelle sentenze che argomentano diversamente la natura non penale delle sanzioni disciplinari (si pensi al caso “Moullet”)
2021
978-88-9391-973-9
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