Attorno a questa ambivalenza pragmatica della fotografia, oscillante tra rappresentazione fedele e trasgressione simbolica, ruota l’argomentazione dei saggi raccolti in La luce e l’inchiostro. Come i curatori stessi sottolineano nell’introduzione, il dialogo tra scrittura e fotografia si avvale dell’interazione tra artista/fotografo e lettore/osservatore ed “ed è solo dal contatto e dalla collaborazione tra fotografo e spettatore, tra artista e osservatore che può emerge il significato in eccesso, tanto profondo quanto inatteso” (15-16). È per questo motivo che il volume si confronta non solo con la dimensione più strettamente linguistica della fotografia, ma approccia anche la relazione tra scrittura e scatto sul piano culturale ed estetico. Non a caso già nella premessa si evince quel carattere “eccedente” della fotografia lungo il quale è orientata la discussione nel volume. In una sorta di premessa, appare una fotografia dell’artista bolognese Giovanni Bortolani. L’immagine, che appartiene alla collezione Fake to Fake, ritrae una giovane donna sorridente, nuda, con le braccia a copertura del seno, mentre la parte addominale assume le fattezze di un manichino, con uno squarcio sul fianco destro, come provocato da un coltello, che lascia intravedere i tessuti interni. La fotografia, come Bassi e Rizzardi puntualizzano commentando l’arte fotografica di Bortolani, trascende il reale, rivelando una eccedenza che inevitabilmente rimanda alla nozione barthesiana di punctum, quel dettaglio in cui si condensano i tratti emotivi in grado di “pungere” l’osservatore, destando scalpore e meraviglia.

“La luce e l’inchiostro: letteratura e fotografia a confronto”

A. Monaco
2020-01-01

Abstract

Attorno a questa ambivalenza pragmatica della fotografia, oscillante tra rappresentazione fedele e trasgressione simbolica, ruota l’argomentazione dei saggi raccolti in La luce e l’inchiostro. Come i curatori stessi sottolineano nell’introduzione, il dialogo tra scrittura e fotografia si avvale dell’interazione tra artista/fotografo e lettore/osservatore ed “ed è solo dal contatto e dalla collaborazione tra fotografo e spettatore, tra artista e osservatore che può emerge il significato in eccesso, tanto profondo quanto inatteso” (15-16). È per questo motivo che il volume si confronta non solo con la dimensione più strettamente linguistica della fotografia, ma approccia anche la relazione tra scrittura e scatto sul piano culturale ed estetico. Non a caso già nella premessa si evince quel carattere “eccedente” della fotografia lungo il quale è orientata la discussione nel volume. In una sorta di premessa, appare una fotografia dell’artista bolognese Giovanni Bortolani. L’immagine, che appartiene alla collezione Fake to Fake, ritrae una giovane donna sorridente, nuda, con le braccia a copertura del seno, mentre la parte addominale assume le fattezze di un manichino, con uno squarcio sul fianco destro, come provocato da un coltello, che lascia intravedere i tessuti interni. La fotografia, come Bassi e Rizzardi puntualizzano commentando l’arte fotografica di Bortolani, trascende il reale, rivelando una eccedenza che inevitabilmente rimanda alla nozione barthesiana di punctum, quel dettaglio in cui si condensano i tratti emotivi in grado di “pungere” l’osservatore, destando scalpore e meraviglia.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/352289
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