La distinzione tra conoscere e pensare è in Kant densa di questioni. Si vuol mostrare che nella KrV la conoscenza, anche se è determinata dall’intelletto e dal limite di applicazione delle sue funzioni alla sensibilità, non può dipendere soltanto dall’intelletto e dalla sensibilità. Non ne dipende per il suo concreto prodursi, per il proprio unificarsi, per lo scoprimento di gradi maggiori di realtà in ciò che è già conosciuto, per lo spingersi sempre più avanti del punto in cui l’esperienza è in grado di giungere, poiché ciò avviene “sulla scorta delle idee” (KrV B, 690, 691). Si produce, cioè, in forza di quel pensare che non è un conoscere se non della pura forma della conoscenza stessa (poiché è conoscenza non soltanto la conoscenza di oggetti, “ma anche dei limiti in cui è chiusa la nostra conoscenza di oggetti”). Il principio della sistematicità, ad es., avrà pure un’oggettività soltanto regolativa, ma tuttavia promuove e consolida indefinitamente l’uso empirico della ragione “aprendo nuove vie, sconosciute [c.m.] all’intelletto” (KrV B 708). Questa tensione tra conoscere e pensare possiamo così proporla: il pensare è il motore segreto di quel conoscere che nel mentre ne viene accresciuto e intensificato continua ad escluderlo, e deve escluderlo, da sé, oppure: la datità categoriale in cui l’intelletto si articola stabilisce, con il limite della sua propria applicabilità, il limite della conoscenza, ma non può stabilirne il senso e la produttività concreta senza guardare continuamente a quel pensare che non è ‘conoscere’. All’interno di questa tensione, Kant ha cercato di individuare e sistematizzare uno statuto radicale e originario del pensiero (come intelletto e come ragione) secondo cui la sensibilità è determinata dall’intelletto e questo è ordinato alla massima coerenza con se stesso dalla ragione dal cui principio dell’unità universale dipende (KrV. B 694) e cerca anche di contenere gli esiti dogmatici e le derive scettiche. Si cerca di mostrare che la distinzione (che genera la tensione sopra descritta) tra conoscere e pensare letta in modo troppo rigido da Kant, e scolasticamente ripetuta, dipende da una concezione della scienza non più nostra e si basa su una concezione chiusa del categoriale. Quella distinzione non è più caratterizzante invece se le categorie dell’intelletto, come rispondenze spontanee al suo essere stimolato da questioni di cui gli preme la risposta, sono strettamente connesse alle strategie della ragione, da Kant stesso proposte, nell’ambito di quella capacità di pensare che ci qualifica come umani. Infatti, proprio l’analisi della conoscenza umana che indusse Kant a distinguere tra intelletto e ragione, tra conoscere e pensare, per evitare il dogmatismo e lo scetticismo, se rimeditata sciolta dai vincoli “naturalistici” del categoriale e alla luce delle mutate (e quanto mutate) epistemologie odierne può produrre una concezione del “pensare” che non è oltre il conoscere, ma che del conoscere è al contempo elemento dinamico e stabilizzatore.

Pensare, conoscere, dubitare

MEATTINI, Valerio
2011-01-01

Abstract

La distinzione tra conoscere e pensare è in Kant densa di questioni. Si vuol mostrare che nella KrV la conoscenza, anche se è determinata dall’intelletto e dal limite di applicazione delle sue funzioni alla sensibilità, non può dipendere soltanto dall’intelletto e dalla sensibilità. Non ne dipende per il suo concreto prodursi, per il proprio unificarsi, per lo scoprimento di gradi maggiori di realtà in ciò che è già conosciuto, per lo spingersi sempre più avanti del punto in cui l’esperienza è in grado di giungere, poiché ciò avviene “sulla scorta delle idee” (KrV B, 690, 691). Si produce, cioè, in forza di quel pensare che non è un conoscere se non della pura forma della conoscenza stessa (poiché è conoscenza non soltanto la conoscenza di oggetti, “ma anche dei limiti in cui è chiusa la nostra conoscenza di oggetti”). Il principio della sistematicità, ad es., avrà pure un’oggettività soltanto regolativa, ma tuttavia promuove e consolida indefinitamente l’uso empirico della ragione “aprendo nuove vie, sconosciute [c.m.] all’intelletto” (KrV B 708). Questa tensione tra conoscere e pensare possiamo così proporla: il pensare è il motore segreto di quel conoscere che nel mentre ne viene accresciuto e intensificato continua ad escluderlo, e deve escluderlo, da sé, oppure: la datità categoriale in cui l’intelletto si articola stabilisce, con il limite della sua propria applicabilità, il limite della conoscenza, ma non può stabilirne il senso e la produttività concreta senza guardare continuamente a quel pensare che non è ‘conoscere’. All’interno di questa tensione, Kant ha cercato di individuare e sistematizzare uno statuto radicale e originario del pensiero (come intelletto e come ragione) secondo cui la sensibilità è determinata dall’intelletto e questo è ordinato alla massima coerenza con se stesso dalla ragione dal cui principio dell’unità universale dipende (KrV. B 694) e cerca anche di contenere gli esiti dogmatici e le derive scettiche. Si cerca di mostrare che la distinzione (che genera la tensione sopra descritta) tra conoscere e pensare letta in modo troppo rigido da Kant, e scolasticamente ripetuta, dipende da una concezione della scienza non più nostra e si basa su una concezione chiusa del categoriale. Quella distinzione non è più caratterizzante invece se le categorie dell’intelletto, come rispondenze spontanee al suo essere stimolato da questioni di cui gli preme la risposta, sono strettamente connesse alle strategie della ragione, da Kant stesso proposte, nell’ambito di quella capacità di pensare che ci qualifica come umani. Infatti, proprio l’analisi della conoscenza umana che indusse Kant a distinguere tra intelletto e ragione, tra conoscere e pensare, per evitare il dogmatismo e lo scetticismo, se rimeditata sciolta dai vincoli “naturalistici” del categoriale e alla luce delle mutate (e quanto mutate) epistemologie odierne può produrre una concezione del “pensare” che non è oltre il conoscere, ma che del conoscere è al contempo elemento dinamico e stabilizzatore.
2011
978-884673089-3
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/34824
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