Alla caduta del fascismo il sistema democratico repubblicano fu portatore di grande modernità e l’“american way of life”, propagandato nel dopoguerra in modi diversi, soprattutto attraverso gli aiuti del piano Marshall (1947), fu solo l’aspetto esteriore, di costume, di un processo di americanizzazione che si diffuse in molti paesi europei, segnandone notevoli livelli di progresso economico e sociale. Ma se lo stile di vita americano ebbe facile attecchimento, per taluni versi favorendo la creazione di un “italian style”, il processo di americanizzazione trovò nella politica e nella gestione dell’economia notevoli resistenze, pur dimostrandosi decisivo per la ripresa ed anche per il successivo “miracolo economico” degli anni Sessanta, la cui ragione prima può certamente essere rilevata nella “ricostruzione” postbellica, favorita dal piano Marshall, che peraltro, “costringendo” tutti i paesi destinatari di quegli aiuti a sedersi intorno ad un tavolo – dopo anni di nazionalismo, autarchia e due guerre mondiali – per coordinarsi nel programmare l’utilizzo dei finanziamenti americani, rappresentò il punto di partenza del lungo processo d’integrazione europea. Una modernità difficile, contrastata, si potrebbe dire, quella proposta dall’Oltreoceano. E che trovò campi differenti di adesione, a causa delle consolidate diversità territoriali (e di costume) del Belpaese e dei duri contrasti politici permanenti per diversi lustri. Si fa riferimento, naturalmente, all’antiamericanismo e all’anticapitalismo, profusi in particolare dalla propaganda della sinistra di tradizione comunista e di osservanza sovietica.

Il Recovery fund sarà come il Piano Marshall?

Michele Donno
2020-01-01

Abstract

Alla caduta del fascismo il sistema democratico repubblicano fu portatore di grande modernità e l’“american way of life”, propagandato nel dopoguerra in modi diversi, soprattutto attraverso gli aiuti del piano Marshall (1947), fu solo l’aspetto esteriore, di costume, di un processo di americanizzazione che si diffuse in molti paesi europei, segnandone notevoli livelli di progresso economico e sociale. Ma se lo stile di vita americano ebbe facile attecchimento, per taluni versi favorendo la creazione di un “italian style”, il processo di americanizzazione trovò nella politica e nella gestione dell’economia notevoli resistenze, pur dimostrandosi decisivo per la ripresa ed anche per il successivo “miracolo economico” degli anni Sessanta, la cui ragione prima può certamente essere rilevata nella “ricostruzione” postbellica, favorita dal piano Marshall, che peraltro, “costringendo” tutti i paesi destinatari di quegli aiuti a sedersi intorno ad un tavolo – dopo anni di nazionalismo, autarchia e due guerre mondiali – per coordinarsi nel programmare l’utilizzo dei finanziamenti americani, rappresentò il punto di partenza del lungo processo d’integrazione europea. Una modernità difficile, contrastata, si potrebbe dire, quella proposta dall’Oltreoceano. E che trovò campi differenti di adesione, a causa delle consolidate diversità territoriali (e di costume) del Belpaese e dei duri contrasti politici permanenti per diversi lustri. Si fa riferimento, naturalmente, all’antiamericanismo e all’anticapitalismo, profusi in particolare dalla propaganda della sinistra di tradizione comunista e di osservanza sovietica.
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