È possibile che tra qualche secolo il nostro e quello appena passato saranno ricordati come i secoli delle migrazioni. Pur essendo un tratto costante nella storia, il fenomeno migratorio è cresciuto sempre di più, grazie allo sviluppo dei mezzi di trasporto e delle reti di comunicazione. Lasciando agli storici futuri le valutazioni di lungo periodo, riteniamo utili alcune considerazioni delle scienze sociali, che tentano di comprendere ed affrontare un fenomeno di portata epocale. Posto di fronte all’ampiezza delle migrazioni dei nostri giorni, lo scienziato sociale si pone numerose questioni, e in particolare si interroga sulle cause delle migrazioni, sull’inserimento degli emigranti nei paesi di approdo e sulla elaborazione della loro identità culturale. Le migrazioni sono antiche quanto l’umanità, se è vero che tutti abbiamo origini africane. La ricerca archeologica, i poemi omerici, le testimonianze bibliche, ci raccontano movimenti di singoli e di gruppo, scambi commerciali, colonizzazioni pacifiche e invasioni cruente: esperienze “di movimento” che hanno costruito la storia delle civiltà umane. La stanzialità, faticosamente conquistata nel Neolitico, non è mai stata assoluta: il movimento di popolazioni, nelle sue varie forme e con diversi esiti, ha sempre accompagnato la formazione di società stabili. Oggi, nuovamente e con un impatto dirompente, le migrazioni si ripropongono come uno dei fattori più visibili e controversi di cambiamento delle nostre società. Negli spazi urbani, nel mercato del lavoro, nelle aule scolastiche, nei luoghi di incontro religioso, nei circuiti delle attività illegali, avvengono sostituzioni e mescolanze di vecchi e nuovi protagonisti. E i nuovi arrivati sono quasi sempre più poveri di quanti si erano già insediati in precedenza, oltre che diversi per lingua, aspetto fisico, usanze, credenze e pratiche religiose. La percezione diffusa è quella di uno sconvolgimento dell’ordine sociale. Per alcuni è l’alba di un mondo nuovo, all’insegna del métissage (o meticciato) e della fratellanza universale; per i più, è l’inizio di un’invasione. Nel complesso i migranti rappresentano, nel 2018, all’incirca il 3,4% della popolazione mondiale: in cifre, intorno ai 257,7 milioni su oltre 6 miliardi di esseri umani, mentre nell’area Ue-28, i migranti sono 39,9 milioni, con un aumento del 3,5% rispetto al 2017. Considerando la distribuzione nei vari paesi, oltre 9 milioni dei residenti stranieri è ospitato in Germania, Regno Unito, Italia, Francia e Spagna. Al 1° gennaio 2020 risiedevano in Italia 60 244 639 abitanti, di cui 5.506.348 di cittadinanza straniera (9,1%), di cui 2.748.476 donne (51,8%). Si tratta, stando ai numeri, di una quota ridotta di umanità, ma la percezione è dissonante rispetto ai dati, e ciò perché aspetti come la concentrazione in determinate aree di destinazione, la rapidità della formazione di nuovi flussi, le modalità drammatiche di una (larga) parte degli arrivi, accrescono il senso di smarrimento e minaccia.

Migrazioni e cultura. Riflessioni minime sugli esseri umani in movimento

Paolo Contini
2020-01-01

Abstract

È possibile che tra qualche secolo il nostro e quello appena passato saranno ricordati come i secoli delle migrazioni. Pur essendo un tratto costante nella storia, il fenomeno migratorio è cresciuto sempre di più, grazie allo sviluppo dei mezzi di trasporto e delle reti di comunicazione. Lasciando agli storici futuri le valutazioni di lungo periodo, riteniamo utili alcune considerazioni delle scienze sociali, che tentano di comprendere ed affrontare un fenomeno di portata epocale. Posto di fronte all’ampiezza delle migrazioni dei nostri giorni, lo scienziato sociale si pone numerose questioni, e in particolare si interroga sulle cause delle migrazioni, sull’inserimento degli emigranti nei paesi di approdo e sulla elaborazione della loro identità culturale. Le migrazioni sono antiche quanto l’umanità, se è vero che tutti abbiamo origini africane. La ricerca archeologica, i poemi omerici, le testimonianze bibliche, ci raccontano movimenti di singoli e di gruppo, scambi commerciali, colonizzazioni pacifiche e invasioni cruente: esperienze “di movimento” che hanno costruito la storia delle civiltà umane. La stanzialità, faticosamente conquistata nel Neolitico, non è mai stata assoluta: il movimento di popolazioni, nelle sue varie forme e con diversi esiti, ha sempre accompagnato la formazione di società stabili. Oggi, nuovamente e con un impatto dirompente, le migrazioni si ripropongono come uno dei fattori più visibili e controversi di cambiamento delle nostre società. Negli spazi urbani, nel mercato del lavoro, nelle aule scolastiche, nei luoghi di incontro religioso, nei circuiti delle attività illegali, avvengono sostituzioni e mescolanze di vecchi e nuovi protagonisti. E i nuovi arrivati sono quasi sempre più poveri di quanti si erano già insediati in precedenza, oltre che diversi per lingua, aspetto fisico, usanze, credenze e pratiche religiose. La percezione diffusa è quella di uno sconvolgimento dell’ordine sociale. Per alcuni è l’alba di un mondo nuovo, all’insegna del métissage (o meticciato) e della fratellanza universale; per i più, è l’inizio di un’invasione. Nel complesso i migranti rappresentano, nel 2018, all’incirca il 3,4% della popolazione mondiale: in cifre, intorno ai 257,7 milioni su oltre 6 miliardi di esseri umani, mentre nell’area Ue-28, i migranti sono 39,9 milioni, con un aumento del 3,5% rispetto al 2017. Considerando la distribuzione nei vari paesi, oltre 9 milioni dei residenti stranieri è ospitato in Germania, Regno Unito, Italia, Francia e Spagna. Al 1° gennaio 2020 risiedevano in Italia 60 244 639 abitanti, di cui 5.506.348 di cittadinanza straniera (9,1%), di cui 2.748.476 donne (51,8%). Si tratta, stando ai numeri, di una quota ridotta di umanità, ma la percezione è dissonante rispetto ai dati, e ciò perché aspetti come la concentrazione in determinate aree di destinazione, la rapidità della formazione di nuovi flussi, le modalità drammatiche di una (larga) parte degli arrivi, accrescono il senso di smarrimento e minaccia.
2020
9788835108641
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11586/325048
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