Il bisogno di tornare su un tema già trattato, quale quello del “ruolo dei genitori”, non è dettato da sentimenti nostalgici. Esso nasce, invece, da una semplice, ma amara, constatazione: che la proposta da me avanzata nella prima edizione di questo libro, più di dieci anni fa, l’invito cioè rivolto al legislatore a riscrivere la disciplina del rapporto genitori-figli che andasse nella direzione dei “compiti”, è rimasto inascoltato. L’intento che la sosteneva non è mutato. Allora come oggi non si tratta di suggerire un’operazione puramente linguistica, ma di provare ad immettere linfa nuova tra le maglie di una normativa che, nonostante alcuni tentativi (timidi) e segnali (deboli), tesi ad adeguarsi ai tempi, non riesce a liberarsi del tutto da antiche zavorre, come il persistere ostinato di una certa terminologia testimonia. Non si può non avvertire poi una grande confusione (e superficialità) nell’utilizzo dell’espressione “responsabilità genitoriale”. Il fatto è che la “responsabilità” è legata soltanto al profilo dell’obbligo, mentre invece il rapporto genitore-figlio rimanda ad un campo più ampio, ad un ambito di diritti e doveri insieme, come il legislatore costituzionale, nella sua lungimiranza, non ha mancato di precisare. Non ci si può fermare ai soli doveri e al loro inadempimento, qual è la responsabilità nella sua accezione tecnica. Occorre riflettere attentatamene e fare, pertanto, un ulteriore passo in avanti. L’uso della parola “compiti” può rappresentare, a mio avviso, il passo da fare. Che potrebbe costituire un vero segnale di rinnovamento, non dissonante dalla normativa europea ma forse migliore perché implicherebbe una disciplina diversa del rapporto genitori-figli caratterizzata da regole che non pendano né tutte dalla parte dei genitori né tutte dalle parte dei figli.

Il ruolo dei genitori dalla «potestà» ai «compiti». IIª ed

QUADRATO, Maria Elena
2012-01-01

Abstract

Il bisogno di tornare su un tema già trattato, quale quello del “ruolo dei genitori”, non è dettato da sentimenti nostalgici. Esso nasce, invece, da una semplice, ma amara, constatazione: che la proposta da me avanzata nella prima edizione di questo libro, più di dieci anni fa, l’invito cioè rivolto al legislatore a riscrivere la disciplina del rapporto genitori-figli che andasse nella direzione dei “compiti”, è rimasto inascoltato. L’intento che la sosteneva non è mutato. Allora come oggi non si tratta di suggerire un’operazione puramente linguistica, ma di provare ad immettere linfa nuova tra le maglie di una normativa che, nonostante alcuni tentativi (timidi) e segnali (deboli), tesi ad adeguarsi ai tempi, non riesce a liberarsi del tutto da antiche zavorre, come il persistere ostinato di una certa terminologia testimonia. Non si può non avvertire poi una grande confusione (e superficialità) nell’utilizzo dell’espressione “responsabilità genitoriale”. Il fatto è che la “responsabilità” è legata soltanto al profilo dell’obbligo, mentre invece il rapporto genitore-figlio rimanda ad un campo più ampio, ad un ambito di diritti e doveri insieme, come il legislatore costituzionale, nella sua lungimiranza, non ha mancato di precisare. Non ci si può fermare ai soli doveri e al loro inadempimento, qual è la responsabilità nella sua accezione tecnica. Occorre riflettere attentatamene e fare, pertanto, un ulteriore passo in avanti. L’uso della parola “compiti” può rappresentare, a mio avviso, il passo da fare. Che potrebbe costituire un vero segnale di rinnovamento, non dissonante dalla normativa europea ma forse migliore perché implicherebbe una disciplina diversa del rapporto genitori-figli caratterizzata da regole che non pendano né tutte dalla parte dei genitori né tutte dalle parte dei figli.
2012
978-88-6611-191-7
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