L’allarme lanciato a livello mondiale già a partire dagli anni ’70 da parte delle associazioni ambientaliste circa il superamento dei livelli d’inquinamento socialmente accettabili non può sicuramente essere sottovalutata, specie in una fase nella quale l’equilibrio degli ecosistemi è stato profondamente modificato dalla mano dell’uomo, producendo pericolosi cambiamenti climatici (effetto serra), estinzione di specie animali e depauperamento di risorse naturali. Ci si è resi conto di come il mantenimento nel lungo termine dello sviluppo sociale ed economico non potesse prescindere da un continuo processo di ricostituzione e sostituzione delle risorse, che garantisse la sopravvivenza non solo delle generazioni attuali ma anche di quelle future. Tale concetto,vale a dire quello di sviluppo sostenibile, inteso come “la riconciliazione dell’umanità con la natura” è così divenuto in breve tempo, un valore caratterizzante l’attuale cultura sociale, a tal punto da rappresentare un “idea regolativa” che, al pari di altre (equità, libertà), è in grado di influenzare le politiche di governo, di produzione, di consumo e di vita dei vari stakeholders. Le pressioni delle associazioni ambientaliste hanno così indotto i governi mondiali a realizzare politiche di governo volte a tutelare l’ambiente, tra le quali una delle più significative è quella contenuta nel rapporto Brundtland realizzato nel 1987.1 Infatti gli indirizzi di politica ambientale derivanti dallo stesso hanno imposto ai diversi attori sociali dei limiti all’emissione di agenti inquinanti, col precipuo intento di non superare la massima capacità di assorbimento da parte dell’ambiente per non squilibrare gli ecosistemi. Tali direttive hanno colpito i trasgressori per il danno sociale arrecato alla collettività, mediante sanzioni che partono dalla semplice tassazione fino ad arrivare alla chiusura dell’attività.

La Commercializzazione dei Rifiuti nelle Borse Telematiche

SCALERA, Francesco
2012-01-01

Abstract

L’allarme lanciato a livello mondiale già a partire dagli anni ’70 da parte delle associazioni ambientaliste circa il superamento dei livelli d’inquinamento socialmente accettabili non può sicuramente essere sottovalutata, specie in una fase nella quale l’equilibrio degli ecosistemi è stato profondamente modificato dalla mano dell’uomo, producendo pericolosi cambiamenti climatici (effetto serra), estinzione di specie animali e depauperamento di risorse naturali. Ci si è resi conto di come il mantenimento nel lungo termine dello sviluppo sociale ed economico non potesse prescindere da un continuo processo di ricostituzione e sostituzione delle risorse, che garantisse la sopravvivenza non solo delle generazioni attuali ma anche di quelle future. Tale concetto,vale a dire quello di sviluppo sostenibile, inteso come “la riconciliazione dell’umanità con la natura” è così divenuto in breve tempo, un valore caratterizzante l’attuale cultura sociale, a tal punto da rappresentare un “idea regolativa” che, al pari di altre (equità, libertà), è in grado di influenzare le politiche di governo, di produzione, di consumo e di vita dei vari stakeholders. Le pressioni delle associazioni ambientaliste hanno così indotto i governi mondiali a realizzare politiche di governo volte a tutelare l’ambiente, tra le quali una delle più significative è quella contenuta nel rapporto Brundtland realizzato nel 1987.1 Infatti gli indirizzi di politica ambientale derivanti dallo stesso hanno imposto ai diversi attori sociali dei limiti all’emissione di agenti inquinanti, col precipuo intento di non superare la massima capacità di assorbimento da parte dell’ambiente per non squilibrare gli ecosistemi. Tali direttive hanno colpito i trasgressori per il danno sociale arrecato alla collettività, mediante sanzioni che partono dalla semplice tassazione fino ad arrivare alla chiusura dell’attività.
2012
978-88-6611-173-3
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