Il carcinoma squamocellulare della vulva (VSCC) rappresenta il 3-5% dei tumori ginecologici e circa l’ 83% dei tumori maligni della vulva . Nonostante l’incidenza del VSCC sia rimasta pressoché costante negli ultimi tre decenni, l’incidenza delle lesioni preinvasive (VIN) è aumentata nel tempo; tale osservazione deriva da un aumento dell’incidenza delle VIN di circa il 411% a fronte di un aumento del VSCC di solo il 20%. Questo andamento potrebbe riflettere un aumento nella diagnosi precoce delle VIN ed un più efficace trattamento delle lesioni preinvasive, ma ciononostante più del 30% dei carcinomi squamocellulari è ancora diagnosticato in fase avanzata. Nel 2015 la ISSVD ha proposta uno schema classificativo simile al sistema Bethesda già utilizzato per le lesioni della cervice che prevede: - vulvar LSIL (Low-Grade Squamous Intraephitelial Lesion) - vulvar HSIL (High-Grade Squamous Intraephitelial Lesion) - dVIN (differentiated VIN) che, come nella precedente classificazione del 2004, rimane una categoria distinta . Questa ultima classificazione riconsidera quindi le ex VIN1 ossia le lesioni di basso grado HPV correlate quali ad esempio i condilomi piani (vulvar-LSIL), le distingue dalle lesioni HPV correlate ex VIN2-3 ed ex uVIN (vulvar-HSIL) e reintroduce la VIN differentiated type, forma questa non associata ad HPV e con differente storia naturale e prognosi (Tabella I). E’ importante comunque ricordare che le definizioni LSIL ed HSIL possono talvolta risultare fuorvianti perché riferite ad esiti istologici al contrario di quanto accade per le lesioni cervicali in cui le stesse definizioni si riferiscono a risultati citologici. La vulvar-HSIL è associata ad infezione da HPV in oltre l’80% dei casi , . Tutti i genotipi ad alto rischio sono stati associati all’HSIL, confermando anche per la vulva un ben più severo potenziale evolutivo di queste infezioni . Il genotipo 16 dell’HPV è quello più frequentemente coinvolto (77% dei casi), mentre i genotipi 33 e 18 lo sono rispettivamente nell’11% e nel 3% dei casi. Al contrario più del 90% dei casi di LSIL sono associati ad HPV a basso rischio con genotipo 6 e 11. La VIN usual type (attuale vulvar-HSIL) rappresenta circa il 90% di tutte le neoplasie intraepiteliali della vulva. Caratteristica di donne più giovani rispetto a quelle con d-VIN, ha una genesi spesso multifocale con una storia preinvasiva prolungata che ricorda molto quella del carcinoma della cervice uterina. Quando evolve, porta al carcinoma squamoso basaloide e al “warty” carcinoma. Insieme all’infezione con genotipi HPV ad alto rischio, i fattori di rischio associati includono il fumo di sigaretta, il numero di partner sessuali e l’immunosoppressione. La sintomatologia più spesso associata all’uVIN è il prurito o la disuria ma in quasi la metà dei casi è asintomatica. Il rilievo ispettivo più frequente è quello di macule o papule, bianche o eritematose, che possono confluire a formare delle placche verrucose. Spesso le lesioni sono multifocali e dal 18 al 52% dei casi è possibile osservare una contestuale displasia squamosa in altri siti anogenitali in particolare a livello cervicale. L’ uVIN è stato suddiviso in tipi verrucosi e basaloidi, sebbene molti casi presentino morfologie miste. Il tipo verrucoso (condilomatoso) ha una superficie a spillo o papillare con creste profonde e larghe. Coilociti, discheratociti e cellule multinucleate sono abbondantemente rappresentati. Il tipo di uVIN basaloide (o indifferenziato) ha superficie piana e mostra le cellule basaloidi che in genere sostituiscono l'epitelio a tutto spessore. Alcuni studi suggeriscono che l’uVIN basaloide abbia una prognosi peggiore rispetto al tipo verrucoso, ma questo è un aspetto ancora controverso in letteratura. La ricorrenza dell’uVIN dopo trattamento è comune con una frequenza compresa tra il 25% ed il 51% dei casi, mentre la percentuale di progressione verso il VSCC in donne non sottoposte a trattamento è del 9% circa in un intervallo medio di 55 mesi (18). I fattori favorenti la progressione sono l’età, la radioterapia e la immunocompromissione.

Trattamento delle displasie vulvari

Pinto Vincenzo
;
Cicinelli Ettore;Fiorito Maura
2019-01-01

Abstract

Il carcinoma squamocellulare della vulva (VSCC) rappresenta il 3-5% dei tumori ginecologici e circa l’ 83% dei tumori maligni della vulva . Nonostante l’incidenza del VSCC sia rimasta pressoché costante negli ultimi tre decenni, l’incidenza delle lesioni preinvasive (VIN) è aumentata nel tempo; tale osservazione deriva da un aumento dell’incidenza delle VIN di circa il 411% a fronte di un aumento del VSCC di solo il 20%. Questo andamento potrebbe riflettere un aumento nella diagnosi precoce delle VIN ed un più efficace trattamento delle lesioni preinvasive, ma ciononostante più del 30% dei carcinomi squamocellulari è ancora diagnosticato in fase avanzata. Nel 2015 la ISSVD ha proposta uno schema classificativo simile al sistema Bethesda già utilizzato per le lesioni della cervice che prevede: - vulvar LSIL (Low-Grade Squamous Intraephitelial Lesion) - vulvar HSIL (High-Grade Squamous Intraephitelial Lesion) - dVIN (differentiated VIN) che, come nella precedente classificazione del 2004, rimane una categoria distinta . Questa ultima classificazione riconsidera quindi le ex VIN1 ossia le lesioni di basso grado HPV correlate quali ad esempio i condilomi piani (vulvar-LSIL), le distingue dalle lesioni HPV correlate ex VIN2-3 ed ex uVIN (vulvar-HSIL) e reintroduce la VIN differentiated type, forma questa non associata ad HPV e con differente storia naturale e prognosi (Tabella I). E’ importante comunque ricordare che le definizioni LSIL ed HSIL possono talvolta risultare fuorvianti perché riferite ad esiti istologici al contrario di quanto accade per le lesioni cervicali in cui le stesse definizioni si riferiscono a risultati citologici. La vulvar-HSIL è associata ad infezione da HPV in oltre l’80% dei casi , . Tutti i genotipi ad alto rischio sono stati associati all’HSIL, confermando anche per la vulva un ben più severo potenziale evolutivo di queste infezioni . Il genotipo 16 dell’HPV è quello più frequentemente coinvolto (77% dei casi), mentre i genotipi 33 e 18 lo sono rispettivamente nell’11% e nel 3% dei casi. Al contrario più del 90% dei casi di LSIL sono associati ad HPV a basso rischio con genotipo 6 e 11. La VIN usual type (attuale vulvar-HSIL) rappresenta circa il 90% di tutte le neoplasie intraepiteliali della vulva. Caratteristica di donne più giovani rispetto a quelle con d-VIN, ha una genesi spesso multifocale con una storia preinvasiva prolungata che ricorda molto quella del carcinoma della cervice uterina. Quando evolve, porta al carcinoma squamoso basaloide e al “warty” carcinoma. Insieme all’infezione con genotipi HPV ad alto rischio, i fattori di rischio associati includono il fumo di sigaretta, il numero di partner sessuali e l’immunosoppressione. La sintomatologia più spesso associata all’uVIN è il prurito o la disuria ma in quasi la metà dei casi è asintomatica. Il rilievo ispettivo più frequente è quello di macule o papule, bianche o eritematose, che possono confluire a formare delle placche verrucose. Spesso le lesioni sono multifocali e dal 18 al 52% dei casi è possibile osservare una contestuale displasia squamosa in altri siti anogenitali in particolare a livello cervicale. L’ uVIN è stato suddiviso in tipi verrucosi e basaloidi, sebbene molti casi presentino morfologie miste. Il tipo verrucoso (condilomatoso) ha una superficie a spillo o papillare con creste profonde e larghe. Coilociti, discheratociti e cellule multinucleate sono abbondantemente rappresentati. Il tipo di uVIN basaloide (o indifferenziato) ha superficie piana e mostra le cellule basaloidi che in genere sostituiscono l'epitelio a tutto spessore. Alcuni studi suggeriscono che l’uVIN basaloide abbia una prognosi peggiore rispetto al tipo verrucoso, ma questo è un aspetto ancora controverso in letteratura. La ricorrenza dell’uVIN dopo trattamento è comune con una frequenza compresa tra il 25% ed il 51% dei casi, mentre la percentuale di progressione verso il VSCC in donne non sottoposte a trattamento è del 9% circa in un intervallo medio di 55 mesi (18). I fattori favorenti la progressione sono l’età, la radioterapia e la immunocompromissione.
2019
9788821448690
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