Negli anni che precedono il miracolo economico, sembra che molti materiali a stampa, destinati ad un pubblico femminile, abbiano provato a diffondere modelli di consumo nuovi e ad orientare gli acquisti adottando originali strategie promozionali. Il cinema ha contribuito non poco alla costruzione di questi modelli che si sono imposti non soltanto tramite la diffusione di opere filmiche, ma attraverso una progressiva dilatazione, nelle pagine dei rotocalchi e delle riviste cinematografiche, dello spazio riservato alla pubblicità. Tra i destinatari privilegiati di questo invito alla spesa sono state certamente le donne: target fidelizzato e abituato a seguire le vicende delle proprie eroine del grande schermo sulla carta, ma anche corpi da plasmare in conformità ad un immaginario femminile che dagli anni Trenta si è andato sempre più affermando. Accanto ad articoli di cronaca hollywoodiana, alle recensioni di film, alle rubriche dedicate alla costruzione di una relazione diretta tra audience e industria dello spettacolo, si sono accumulati sempre più inserti pubblicitari che promuovevano prodotti di bellezza e cure per il corpo. Miti e abitudini sono pertanto transitati dall’universo sfavillante di Hollywood, alla quotidianità sognante delle spettatrici-consumatici italiane. Da un lato, dunque, si osserva che lo sviluppo dei media ha promosso l’affermazione di una economia di mercato prima ancora che si possa parlare di consumi di massa e privilegiando una tipologia di consumatori (le donne) che diventavano protagoniste di dinamiche sociali e culturali nuove. Dall’altro lato risulta evidente che molte pubblicità si siano avvantaggiate strategicamente dell’immagine femminile cinematografica a fini promozionali, manifestando quella che è stata definita la vocazione “connessionista” della pubblicità italiana, che ha finito per chiamare in causa prioritariamente il cinema come riserva di storie, personaggi e stili di vita. Con questo intervento, dunque, sarà possibile indagare le modalità attraverso cui i corpi delle donne hanno iniziato a modificarsi per il tramite dell’influenza pubblicitaria e, insieme, le funzioni assolte dalla cultura cinematografica nell’economia discorsiva del messaggio pubblicitario.

«Signora! L’aperol mantiene la linea». La costruzione del nuovo corpo femminile negli spazi pubblicitari delle riviste cinematografiche del fascismo

Angela Bianca Saponari
2018-01-01

Abstract

Negli anni che precedono il miracolo economico, sembra che molti materiali a stampa, destinati ad un pubblico femminile, abbiano provato a diffondere modelli di consumo nuovi e ad orientare gli acquisti adottando originali strategie promozionali. Il cinema ha contribuito non poco alla costruzione di questi modelli che si sono imposti non soltanto tramite la diffusione di opere filmiche, ma attraverso una progressiva dilatazione, nelle pagine dei rotocalchi e delle riviste cinematografiche, dello spazio riservato alla pubblicità. Tra i destinatari privilegiati di questo invito alla spesa sono state certamente le donne: target fidelizzato e abituato a seguire le vicende delle proprie eroine del grande schermo sulla carta, ma anche corpi da plasmare in conformità ad un immaginario femminile che dagli anni Trenta si è andato sempre più affermando. Accanto ad articoli di cronaca hollywoodiana, alle recensioni di film, alle rubriche dedicate alla costruzione di una relazione diretta tra audience e industria dello spettacolo, si sono accumulati sempre più inserti pubblicitari che promuovevano prodotti di bellezza e cure per il corpo. Miti e abitudini sono pertanto transitati dall’universo sfavillante di Hollywood, alla quotidianità sognante delle spettatrici-consumatici italiane. Da un lato, dunque, si osserva che lo sviluppo dei media ha promosso l’affermazione di una economia di mercato prima ancora che si possa parlare di consumi di massa e privilegiando una tipologia di consumatori (le donne) che diventavano protagoniste di dinamiche sociali e culturali nuove. Dall’altro lato risulta evidente che molte pubblicità si siano avvantaggiate strategicamente dell’immagine femminile cinematografica a fini promozionali, manifestando quella che è stata definita la vocazione “connessionista” della pubblicità italiana, che ha finito per chiamare in causa prioritariamente il cinema come riserva di storie, personaggi e stili di vita. Con questo intervento, dunque, sarà possibile indagare le modalità attraverso cui i corpi delle donne hanno iniziato a modificarsi per il tramite dell’influenza pubblicitaria e, insieme, le funzioni assolte dalla cultura cinematografica nell’economia discorsiva del messaggio pubblicitario.
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