Il saggio è premessa alla prima traduzione italiana della prima monografia (1877) su Søren Kierkegaard, che si deve al più importante critico danese fra Otto e Novecento, Georg Brandes. È un libro che intende, da un lato, offrire un bilancio complessivo della filosofia di Kierkegaard, da un altro, presentarne una disamina inquieta, talora dichiaratamente parziale, da una prospettiva estetica radicale e positivistica, che tuttavia resta affascinata dallo stile, dall’esistenza senza compromessi e, paradossalmente, pur contestandola, persino dall’aspra refrattaria religiosità del pensatore. Un libro leggibilissimo, insieme di analisi e di polemica, che, fissando certi duraturi paradigmi interpretativi, introduce sia a Kierkegaard sia a quella straordinaria intelligenza, insieme analitica, romantica e umorale, che fu Georg Brandes, il quale si dichiarava convinto che il «punto di vista critico» dovesse essere inevitabilmente «personale, ma il punto di vista personale mai arbitrario». Georg Brandes (1842-1927) è il più prestigioso e innovativo critico scandinavo fra il XIX e il XX secolo. Fu il principale esponente del grande «rinnovamento» della cultura nordica in senso radicale e realistico attorno al 1870, esercitando una profonda influenza internazionale con i sei volumi delle monumentali Grandi correnti della letteratura del secolo XIX (1872-90) e una sconfinata produzione saggistica, che investe quasi ogni aspetto della cultura europea. Brandes contribuì, tra l’altro, all’affermazione di autori e filosofi dell’importanza di Kierkegaard, Ibsen e Nietzsche, imponendoli, per primo, all’attenzione di un vasto pubblico.

SCAMBI FILOSOFICI: SØREN BRANDES & GEORG KIERKEGAARD

Franco Perrelli
2020-01-01

Abstract

Il saggio è premessa alla prima traduzione italiana della prima monografia (1877) su Søren Kierkegaard, che si deve al più importante critico danese fra Otto e Novecento, Georg Brandes. È un libro che intende, da un lato, offrire un bilancio complessivo della filosofia di Kierkegaard, da un altro, presentarne una disamina inquieta, talora dichiaratamente parziale, da una prospettiva estetica radicale e positivistica, che tuttavia resta affascinata dallo stile, dall’esistenza senza compromessi e, paradossalmente, pur contestandola, persino dall’aspra refrattaria religiosità del pensatore. Un libro leggibilissimo, insieme di analisi e di polemica, che, fissando certi duraturi paradigmi interpretativi, introduce sia a Kierkegaard sia a quella straordinaria intelligenza, insieme analitica, romantica e umorale, che fu Georg Brandes, il quale si dichiarava convinto che il «punto di vista critico» dovesse essere inevitabilmente «personale, ma il punto di vista personale mai arbitrario». Georg Brandes (1842-1927) è il più prestigioso e innovativo critico scandinavo fra il XIX e il XX secolo. Fu il principale esponente del grande «rinnovamento» della cultura nordica in senso radicale e realistico attorno al 1870, esercitando una profonda influenza internazionale con i sei volumi delle monumentali Grandi correnti della letteratura del secolo XIX (1872-90) e una sconfinata produzione saggistica, che investe quasi ogni aspetto della cultura europea. Brandes contribuì, tra l’altro, all’affermazione di autori e filosofi dell’importanza di Kierkegaard, Ibsen e Nietzsche, imponendoli, per primo, all’attenzione di un vasto pubblico.
2020
978-88-7470-751-5
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