Dalle prime timide menzioni del nome di August Strindberg sulla stampa in Italia, nel 1884, sino all’ultimissima regia di Luca Ronconi, a Spoleto, nel 2014: centotrent’anni di storia scenica (ma anche critica ed editoriale) del grande drammaturgo svedese che, fra cadute, eclissi e trionfi, ha diviso immancabilmente il nostro pubblico, i cronisti e gli studiosi, ponendo loro il problema della modernità nell’arte scenica e del «fuoco», creativo e anticonformista, di un genio esotico, non facile da avvicinare, ma decisamente affascinante. In primo piano, anche la potenza interpretativa dei grandi attori come Zacconi; il vivace dibattito che coinvolge da Croce in poi germanisti e filosofi di vaglia; ampi squarci sulle vicende culturali italiane dal positivismo a Pasolini e sugli sviluppi del nostro teatro di regia, moderno e postmoderno. Insomma, la lenta, ma decisa ascesa di Strindberg al Pantheon italiano, che culmina negli anni Settanta-Ottanta; la sua stabilizzazione come essenziale riferimento teatrale e una sorpresa conclusiva: l’autore svedese da noi non è stato meno intensamente tradotto, rappresentato e vissuto che in Francia, dove pure s’è largamente giocata la partita della sua controversa fortuna continentale.
Strindberg l'italiano. 130 anni di storia scenica
Perrelli Franco
2015-01-01
Abstract
Dalle prime timide menzioni del nome di August Strindberg sulla stampa in Italia, nel 1884, sino all’ultimissima regia di Luca Ronconi, a Spoleto, nel 2014: centotrent’anni di storia scenica (ma anche critica ed editoriale) del grande drammaturgo svedese che, fra cadute, eclissi e trionfi, ha diviso immancabilmente il nostro pubblico, i cronisti e gli studiosi, ponendo loro il problema della modernità nell’arte scenica e del «fuoco», creativo e anticonformista, di un genio esotico, non facile da avvicinare, ma decisamente affascinante. In primo piano, anche la potenza interpretativa dei grandi attori come Zacconi; il vivace dibattito che coinvolge da Croce in poi germanisti e filosofi di vaglia; ampi squarci sulle vicende culturali italiane dal positivismo a Pasolini e sugli sviluppi del nostro teatro di regia, moderno e postmoderno. Insomma, la lenta, ma decisa ascesa di Strindberg al Pantheon italiano, che culmina negli anni Settanta-Ottanta; la sua stabilizzazione come essenziale riferimento teatrale e una sorpresa conclusiva: l’autore svedese da noi non è stato meno intensamente tradotto, rappresentato e vissuto che in Francia, dove pure s’è largamente giocata la partita della sua controversa fortuna continentale.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
STR IT PDF FINALE BSN9_Perrelli copia.pdf
non disponibili
Tipologia:
Documento in Versione Editoriale
Licenza:
NON PUBBLICO - Accesso privato/ristretto
Dimensione
960.03 kB
Formato
Adobe PDF
|
960.03 kB | Adobe PDF | Visualizza/Apri Richiedi una copia |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.